Caro Pierluigi Battista,
condivido alcuni spunti importanti della sua riflessione (qui di seguito) sull’outing dei personaggi pubblici omosessuali e sul grave rischio di introdurre un principio di scardinamento della libertà delle persone che alla lunga diventerebbe incontrollabile e non farebbe certo distinzioni tra noti e sconosciuti, tra omofobi ed omosessuali.
La visibilità dell’orientamento deve essere in ogni equamente favorita ma non può essere imposta, allo stesso modo in cui non si può esportare con le armi la democrazia. Arcigay ha espresso una posizione molto severa, in particolare su questa ipotesi di cinico, orribile, vanamente scandalistico outing all’italiana, senza volti e senza responsabilità. L’abbiamo fatto in coerenza con i nostri principi e la nostra storia, pur confrontandoci con un intenso dibattito interno e con posizioni molto differenti.
Mi pare tuttavia che il suo ragionamento contenga qualche insidia.
E’ vero infatti che è conforme ai più sacri principi di libertà riconoscere ad ogni individuo la possibilità di scegliere il se, il come e il quando comunicare la propria affettività e sessualità al mondo. E’ altrettanto vero però, che l’orientamento sessuale, sia esso eterosessuale o omosessuale, non è solo sesso e non è solo un fatto privato.
Quando si esce dalla sfera del mero comportamento sessuale e si entra nella sfera dell’orientamento, infatti, cominciano a rilevare molte cose uguali per tutti allo stesso modo, per i gay, le lesbiche gli etero e le persone transessuali: ovvero l’amore, l’essere coppia e famiglia, l’avere figli, il lavoro, la salute e vedersi riconosciuti diritti, doveri, reciproci sostegni e dignità sociale e giuridica.
Tutti devono avere il diritto di vivere e realizzare pubblicamente la propria omosessualità o transessualità o eterosessualità con eguali opportunità.
Questo “diritto alla luce” per le persone transessuali ed omosessuali è un principio di civiltà che l’Italia ancora sconosce. La politica nostrana, mentendo, ne attribuisce vigliaccamente l’assenza alla sensibilità sociale anziché a se stessa e alla propria inconsistenza.
Esiste invece il dovere di una classe dirigente di consentire la visibilità pubblica di ogni identità e la crescita e il cambiamento di un Paese nell’equità e nell’ eguaglianza, senza finti alibi, e contro ogni disparità. Magari rammentando le belle parole di Benjamin Constant: “La volontà di tutto un popolo non potrebbe comunque rendere giusto quello che è ingiusto”.
Paolo Patanè
Presidente nazionale di Arcigay
La riflessione di Pierluigi Battista su “Il Corriere della Sera”.
Sezione: Idee e Opinioni data: 20/09/2011 – pag: 56
La libertà di essere gay senza Ddrlo e il mito tribale della trasparenza
di Pierluigi Battista
Ancora una volta, nel nome della trasparenza assoluta, si consuma il delitto dell’annientamento della vita privata. Il 23 settembre uscirà, secondo quanto minacciato tronfiamente da un sito gay, l’elenco completo dei politici e dei ministri omosessuali che vorrebbero tener celato il proprio orientamento sessuale. Credono, in questo modo, di condurre una crociata contro l’ipocrisia, ma lavorano all’ingrosso per ridurre la libertà.
Pezzetto dopo pezzetto, fino alla sua consunzione. La libertà di dire o di nascondere. La libertà di vivere la propria condizione sessuale senza che il mondo pubblico eserciti il suo controllo occhiuto e intimidatorio. Senza che il tribunale pettegolo e spietato dell’opinione pubblica sia messo a conoscenza di ogni segreto e di ogni zona della vita di ciascuno deliberatamente tenuta nella discrezione e nella penombra.
Se i politici omosessuali non vogliono dirlo, non si deve dire. Punto, non dovrebbe esserci discussione.
Sono i paladini della trasparenza, questi spioni che fanno del male alle persone credendo di far del bene al progresso, che invece contribuiscono a sprofondare nella barbarie della sorveglianza totale ogni barlume di libertà personale.
Sono anni che i maniaci dell’ “outing”, a partire dagli Stati Uniti, vogliono sostituirsi agli omosessuali che per le più varie e insindacabili ragioni non intendono fare “coming out” della loro condizione. Sono dei terroristi, nel senso tecnico della parola: spargono terrore e angoscia. Massacrano le loro vittime con la scusa di fare loro del bene.
Non si sa se il sito che promette la propalazione dei nomi sia un covo di millantatori o di ricattatori. Magari è solo un grottesco annuncio mediatico per un insperato quarto d’ora di pubblicità. Di certo non conoscono il rispetto delle persone, dei loro diritti, della sfera privata inviolabile che dovrebbe essere tutelata. Adesso, con la scusa delle intercettazioni che stanno rendendo di pubblico dominio frammenti di vita privata dei «potenti», vogliono portare fino alle estreme conseguenze la violenza del ludibrio per chi non ha nessuna colpa da nascondere, ma pur sempre il diritto di nascondere qualcosa. Contro il mito tribale della trasparenza.