Le dichiarazioni di papa Woityla di fronte al Tribunale della Rota romana non solo ripropongono l'atteggiamento di intransigente chiusura del Vaticano di fronte al riconoscimento della dignità sociale delle persone omosessuali e delle loro relazioni sentimentali, ma presentano una concezione culturalmente antitetica al modo in cui la cultura occidentale intende il matrimonio almeno da un secolo a questa parte.
Woityla, infatti, nega che i sentimenti, l'affettività fra due persone siano elemento fondamentale di una relazione duratura fra le persone. Propone così, riportando indietro le lancette della storia, un legame in cui il livello affettivo passi in secondo piano rispetto a quello contrattuale.
Abbiamo già conosciuto questa forma di matrimonio, fondato sulla sottomissione della donna all'interesse del padre e del marito, sulla negazione della libera espressione della sua sessualità e della sua autodeterminazione rispetto alla importante scelta della maternità.
Alle donne, di nuovo, il Vaticano prospetta la stessa subordinazione all'uomo ribadita sul tema del sacerdozio femminile.
La posizione di Giovanni Paolo II, così reazionaria e confessionalmente caratterizzata, è antitetica ai valori dell'Occidente liberale e a qualunque principio di laicità delle istituzioni, proponibile per quella minoranza fra i cattolici che vi si riconosce, non certo come modello per le normative di uno Stato laico.
Purtroppo sappiamo già che, fra i politici italiani, tanti sepolcri imbiancati in cerca del voto cattolico proveranno a confondere questo modello la con la pluralità di relazioni affettive e familiari che è compito di uno Stato laico tutelare e garantire. Scambiando il loro ruolo di servitori dello Stato con quello di servi sciocchi di un potere estraneo al nostro ordinamento a cui genuflettersi non in nome di un principio morale ma di un pugno di voti controllati dalle parrocchie in linea col cardinal Ruini.
Sergio Lo Giudice
Presidente Nazionale Arcigay