Torino. Un ragazzino di origine magrebina, potrà avere 14, forse 15 anni, frequenta spesso una sala cinematografica nel centro di Torino. Con lui c´è un uomo italiano sui cinquanta. Dopo qualche settimana, la cassiera si insospettisce e chiede alla maschera di controllare che cosa accade nelle ultime file. I due fanno sesso, arrivano i carabinieri che denunciano l´uomo per aver infranto la legge che vieta, anche quando non c´è violenza, di avere rapporti con i minori sotto i 16 anni. La vicenda finisce in tribunale, l´imputato patteggia, del ragazzino non si sa più nulla.
È la storia, l´unica finita in un´aula di giustizia, di un ragazzo come tanti, quasi tutti stranieri, oggi in prevalenza romeni, che si vendono per le strade di Torino o vicino ai luoghi di ritrovo «tradizionali», dal Valentino alla stazione di Porta Nuova. Vicende come questa, ma anche altre molto diverse, saranno oggi al centro del convegno internazionale «Giovani e prostituzione maschile: tra bisogno economico e identità sessuale» (al Centro Interculturale di corso Taranto 160, tutto il giorno), alla vigilia della conclusione di «Kinda», un progetto finanziato dall´Unione Europea all´interno del più vasto programma contro la violenza sulle donne e sui minori. Le esperienze di Torino, Milano, Genova e Roma, e quelle di Berlino, Amsterdam e Dublino verranno messe a confronto, attraverso i racconti degli operatori che lavorano accanto ai «sexual worker», cercando di fornire informazioni, offrire alternative, prevenire le malattie sessuali. Ma anche chi si prostituisce sarà protagonista, con interviste e filmati come Faccio solo l´attivo, realizzato alla Stazione Termini di Roma.
Spiega Valeria Ferraris di «Società Ricerca e Formazione» (che ha organizzato la giornata con InformaGay e l´Associazione Ires-Lucia Morosini): «Pur essendo nella maggior parte dei casi libera da racket e da situazioni di vera e propria schiavitù, come avviene invece per le ragazze "importate" in Italia e in altri paesi europei, la prostituzione maschile non viene percepita da chi la esercita come un atto di "libera vendita" di se stessi. Tutte le interviste realizzate dimostrano che questa scelta non è fatta a cuor leggero, ma sulla spinta di una necessità pressante. Spesso si tratta di giovani o giovanissimi che lavoravano in nero e hanno perso il lavoro o non sono stati pagati, o di altri che scelgono questa soluzione poco rischiosa sul piano legale piuttosto che commettere reati».
I giovani italiani che si vendono, invece, rappresentano una minoranza che utilizza perlopiù metodi diversi dalla strada, dagli annunci via Internet alle saune dove è facile incontrare possibili clienti. In questo caso, il parallelismo con la prostituzione femminile è più evidente: spesso si tratta di persone tossicodipendenti. Ma la situazione più frequente è quella dell´ambigua relazione che si stabilisce, in modo più o meno saltuario, tra i clienti adulti (in molti casi omosessuali non dichiarati) e minorenni stranieri: un altro caso, segnalato ai servizi sociali, è quello di un ragazzo che a Porta Nuova si è visto offrire ospitalità temporanea e un lavoro da imbianchino da un italiano. Il lavoro c´era e l´ospitalità anche, ma a questa proposta se ne sono aggiunte altre di natura sessuale, e il ragazzo è fuggito. Gli interventi possibili, già adottati in molte città, si basano sulla riduzione del danno, attraverso informazioni e distribuzione di profilattici, ma anche sul possibile reinserimento a scuola o nel lavoro.