Bologna. La «conversione» del cassero di porta Saragozza. Dopo 20 anni di polemiche, destinate a continuare ancora, l´ex roccaforte dell´Arcigay, emblema della bolognesità laica, torna ad essere un simbolo religioso. Sarà infatti inaugurato il 15 maggio il museo della Beata Vergine di San Luca, voluto dal sindaco Giorgio Guazzaloca, in occasione della tradizionale discesa della venerata immagine dal santuario in città. Il museo attorno al quale è stato sistemato il verde pubblico ha però dimensioni ridotte. E´ costituito da cinque livelli: l´interrato, il piano terra, un primo piano e il secondo e terzo piano della torre centrale.
Porta Saragozza
Il restauro dei locali interni ha comportato la variazione della struttura portante, con il conseguente consolidamento dei solai e delle scale di sicurezza. La spesa sostenuta dal Comune è stata di 350 mila euro. Il museo avrà una connotazione storico-didattica e si pone l´obiettivo di spiegare la storia della devozione alla Madonna di San Luca, la creazione del portico e del santuario. Il percorso espositivo si sviluppa dal piano terra, dove è posizionata l´ala didattica. Ancora irrisolta l´agibilità della struttura per i portatori di handicap. Per i disabili infatti l´accesso alla torre non è consentito perché non è ancora stato realizzato l´ascensore esterno, il cui progetto sarà in futuro sottoposto al vaglio della soprintendenza (mentre l´elevatore è ora presente solo per il piano terra e il primo piano). Nei piani superiori si svilupperanno le sezioni dedicate al portico, al santuario, alla proiezione di filmati storici sui diversi viaggi della Madonna dal santuario alla città e ritorno. Nell´ultimo piano del torrione centrale saranno esposti gli ex voto della basilica.
Complessivamente, viste le ristrette dimensioni delle sale, il museo potrà contenere un massimo di 40 persone (8 per sala). Il museo sarà gestito da un comitato, composto dal sindaco e dall´Arcivescovo di Bologna, più il direttore del museo che sarà designato dai due componenti, per la durata di trenta anni. Viene così esaudito il desiderio, a lungo espresso, della Curia. I gay bolognesi, già ripagati dalla Giunta con la Salara all´ex manifattura, ancora ringraziano per la generosa offerta di spazi e per il riconoscimento ottenuto. Tutti contenti quindi? Non del tutto. L´assessore comunale alla Cultura Marina Deserti ha espresso ieri in commissione la sua soddisfazione, ma ha chiesto anche alla comunità laica e a quella religiosa «il rispetto reciproco, quello che sta alla base delle scelte della Giunta».
Fatica sprecata perché Polo e Ulivo hanno subito polemizzato. Il capogruppo di An Galeazzo Bignami ha esordito con un «finalmente», felicitandosi per il nuovo utilizzo del cassero «dopo anni di destinazione ambigua». «E´ del tutto fuori luogo – ha detto Bignami – l´esibizione dell´orgoglio omosessuale fatta. Sono estremamente lieto della nuova destinazione del cassero, anche se per ottenere il risultato abbiamo dovuto pagare un prezzo alto, la Salara». Immediata la replica del diessino Sergio Lo Giudice, presidente nazionale dell´Arcigay, associazione che dal 1982 ha utilizzato il cassero di porta Saragozza come sede del movimento omosessuale. «Quel luogo – ha commentato Lo Giudice – rappresenta un pezzo di storia ineliminabile. Ora sono soddisfatto di questo nuovo utilizzo del posto che ritengo appropriato». Per Daniele Carella, Fi, «fu sbagliata allora la destinazione del luogo, perché è compito di una amministrazione non sovrapporre differenti credi e comunità. Il Comune deve invece salvaguardare la sensibilità di tutti, senza tifare per una o per l´altra comunità».