12-13 giugno, mobilitiamoci per 4 sì

  

BACKGROUND

A più di un anno dall’approvazione della Legge 40 il dato più drammatico è che le gravidanze sono diminuite del 15%.

Chi può permetterselo, non solo in termini economici, pratica il turismo procreativo. Solo in Spagna vi si sono rivolte 5000 coppie italiane.

Dalla nascita di Luise Brown, la prima “bambina in provetta”, nel 1978, sono venuti al mondo con le tecniche di procreazione assistita circa un milione e mezzo di bambini.

Di contro la sterilità maschile e femminile è aumentata fino a diventare un vero e proprio problema sociale nei paesi industrializzati. Il nostro Paese ha il primato europeo di denatalità.
Le ragioni sono molteplici: la mancanza di sufficienti chances di occupazione, di certezze, di diritti e riconoscimenti nei lavori delle donne, l’aumento della precarietà. Va aggiunto il deficit di reti di servizi, la debolezza degli aiuti per la maternità, un numero irrisorio di nidi, di consultori, il carocasa….
Come ben sappiamo, noi giovani donne abbiamo maturato una nuova consapevolezza: non rinunciamo a volerci realizzare ma neppure a desiderare dei figli e per questo siamo indotte a rinviare la maternità.

Richiederebbe troppo spazio ricordare il lungo e tribolato iter legislativo. Il primo dibattito parlamentare risale al 1985. Mi limiterò ai tempi più recenti.
Uno schieramento trasversale (DS, parte della Margherita, Sdi, Verdi, Comunisti Italiani, Rifondazione, esponenti del Centrodestra) si è battuto fino allo spasmo per ottenere una buona legge ispirata ad un diritto mite.
Si è cercato, con i 350 emendamenti proposti, di disegnare una legge che fosse ispirata alla libertà e alla responsabilità, attenta alla salute della donna e del nascituro, rispettosa delle scelte personali e del desiderio di genitorialità, che consentisse la ricerca per cure a malattie oggi inguaribili…. Ma nessuno di quei 350 emendamenti è stato accettato!

La causa di questa paradossale vicenda è tutta politica e deriva principalmente dall’illusione del centrodestra di ottenere credibilità assecondando il punto di vista di gran parte delle gerarchie ecclesiastiche, interessate a ribadire il primato della dottrina cattolica su alcuni temi.
Il Pontefice, durante il suo famigerato discorso al Parlamento, toccò argomenti importanti e solenni quali la pace, il no alla guerra all’Iraq, le ingiustizie planetarie, il dialogo, l’inclusione, la carità cristiana e l’indulto. Tra l’altro auspicò esplicitamente, in occasione del venticinquesimo anniversario dell’approvazione della legge 194/78 sull’aborto, che si portasse a termine la legge sulla fecondazione “col principio che tra i desideri degli adulti e i diritti dei bambini ogni decisione andasse misurata sull’interesse dei secondi”.
Il Governo, in evidente difficoltà su tutte le questioni sollecitate dal Papa, decise di assecondare le richieste sulla Legge 40 e di accelerarne l’iter, interrompendo ogni ascolto e confronto.

Il risultato è una legge crudele per la salute delle donne e dei nascituri, cattiva con il desiderio di essere madri e padri, offensiva per la deontologia medica, umiliante per la scienza, punitiva per la speranza di milioni di malati, solitaria in Europa.

LA FILOSOFIA DELLA LEGGE DEI DIVIETI

La filosofia della legge risiede tutta nell’articolo 1, che difende la “sacralità” dell’embrione. La norma attuale, infatti, vorrebbe dare al “concepito” fin dall’iniziale fecondazione dell’ovulo, gli stessi diritti della madre.
Si parla di un’entità che significa sì progetto di vita, ma deve essere anche chiaro che su questa materia ognuno ha convinzioni proprie, dubbi e certezze, e che alla politica spetta la responsabilità di una scelta che dovrebbe essere equilibrata, praticabile e condivisibile, frutto di una mediazione e non rappresentativa di un’unica ed imposta verità. Starà poi alla coscienza di ognuno decidere se praticare o no la procreazione assistita e con quali tecniche. Non si obbliga nessuno. Si cerca di dare la possibilità a chi sente il desiderio di diventare genitore con l’aiuto della medicina, di poterlo fare in condizioni di sicurezza e serenità per sé e per il nascituro. Tanto meno si obbligano tutti i medici a praticare la fecondazione. È prevista l’obiezione di coscienza.

È autoritario imporre sulla fecondazione un’unica visione della realtà, quella coincidente con l’opinione di parte delle gerarchie ecclesiastiche. Uno smacco per una Repubblica che voglia essere pluralista ed umana. E di umano questa legge ha veramente poco essendo colma di paradossi e cattiverie, e condizionata da una ragnatela di divieti.

DIVIETO (implicito) alle coppie fertili di accedere alle tecniche di fecondazione assistita anche se portatrici di gravi malattie genetiche o virali: questo significa aumentare il rischio di trasmettere la malattia ai propri figli;

DIVIETO di diagnosi genetica pre-impianto e obbligo di impiantare l’embrione anche se malato: di qui la doppia aberrante possibilità di aborto terapeutico o di concepimento di un bambino non sano;

DIVIETO di crioconservazione e di produzione ed impianto di embrioni in soprannumero e obbligo di trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti: questo obbligherà le donne a ripetere ogni volta l’intero doloroso ciclo di stimolazione delle ovaie ed aumenterà le possibilità di parti plurigemellari;

DIVIETO paradossale di revocare il consenso all’impianto dopo la fecondazione dell’ovulo, salvo che da un’analisi osservazionale vengano evidenziati gravi anomalie;

DIVIETO di utilizzo delle cellule staminali embrionali, con conseguente arresto della ricerca scientifica nella cura di malattie che si potrebbero combattere con successo;

DIVIETO di donazione di gameti e quindi divieto di ricorso alla fecondazione eterologa: in altre parole PMA vietata alle coppie con problemi di sterilità maschile;

DIVIETO d’accesso per le coppie lesbiche e per le single alle tecniche di riproduzione assistita (art.5): questa è la prima legge fortemente e palesemente discriminatoria nei confronti delle persone omosessuali.

La funzione della legge dovrebbe essere quella di riconoscere diritti e doveri uguali per tutti i cittadini, di definire regole e confini per favorire la convivenza civile e, nella fattispecie, di garantire la tutela della salute delle donne, non di stabilire dei vincoli etici che dovrebbero essere lasciati alla libera coscienza dei cittadini.

I QUESITI REFERENDARI

Intraprendere la strada referendaria non è stato facile. Da 10 anni non si raggiunge il quorum. Ma è stata una scelta coerente.
Bisogna tenere accesi i riflettori sui grandi temi di un futuro ormai presente, verso cui non è permesso alcun relativismo etico. I temi della vita, del suo valore, del come si nasce, come si muore, della dignità della persona, dei diritti umani intoccabili. E anche degli stili di vita, sia che si discuta di Pacs che di adozioni o di abbreviamento dei tempi del divorzio.
La procreazione assistita, come tutta la bioetica, pone dilemmi, emozioni. È tema che che richiede studio costante e dialogo arricchente tra diverse culture e convizioni, che impone il rispetto di opinioni che a ciascuno possono sembrare non negoziabili.
È doveroso rifletterci, tanto più che l’eventuale abrogazione non comporta il venir meno di una tutela costituzionalmente necessaria.
Nessun far west quindi, se passa la cancellazione dei seguenti punti:

REFERENDUM SULLA TUTELA DELLA SALUTE DELLA DONNA
Il quesito vuole cancellare la norma che vieta il ricorso alle tecniche di procreazione assistita a coloro che non abbiano problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità.
Se vincono i Sì, si allarga la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche alle coppie che, pur fertili, rischiano di trasmettere al figlio gravi malattie infettive o ereditarie. Il quesito mira anche ad abrogare il divieto di revoca del consenso della donna all’impianto dell’embrione dopo la fecondazione dell’ovulo. Cancella l’obbligo di creare in vitro un numero massimo di tre embrioni e di impiantarli contemporaneamente nell’utero per l’impossibilità di crioconservarli.

REFERENDUM SUI DIRITTI DEL CONCEPITO
Il quesito prevede l’abrogazione di una parte dell’art. 1 della legge, il comma 1, che esplicitamente assicura “i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”, norma questa che vorrebbe garantire al concepito, a prescindere dallo stadio del concepimento e a partire dall’ovulo, per la prima volta nel nostro ordinamento, quella stessa tutela giuridica proposta alla persona nata. Questa è una evidente contraddizione con la legge 194.

REFERENDUM SULLA RICERCA SCIENTIFICA
Il quesito vuole cancellare i divieti di crioconservazione degli embrioni e di effettuare la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali.

REFERENDUM SULLA FECONDAZIONE ETEROLOGA
Il quesito mira ad abrogare il divieto assoluto di fecondazione eterologa, che impedisce di utilizzare in qualsiasi caso gameti o semi di donatori esterni alla coppia.

Se vincessero i Sì non arriverebbe ad un vuoto totale di regole. Resterebbe la legge attuale cancellata di alcune assurde parti. Prevarrebbe una filosofia più ispirata al pluralismo ed alle responsabilità individuali. Rimarrebbero però dei limiti e delle cautele, talvolta non condivisibili, attraverso delle mediazioni necessarie nel quadro politico e culturale esistente. Resterebbe il NO all’accesso alle tecniche per le coppie dello stesso sesso, alle “mamme nonne”, il divieto all’utero in affitto, il limite all’analisi preimpianto ai soli casi di portatori di malattie genetiche ed infettive gravi, il veto alla clonazione umana riproduttiva; non si decreterebbe la produzione di embrioni per la ricerca, ma l’uso di quelli giacenti, non utilizzabili, destinati comunque a perire. Non si aprirebbe nessuna strada all’eugenetica, alla possibilità di selezionare né razza, né gruppi, né individui. Scientificamente non è possibile.
Basta quindi con le vergognose demagogie di chi sostiene che i referendari vogliono selezionare i figli con gli occhi azzurri e vogliono uccidere la persona. Non è vero! Semmai le proposte referendarie aiutano a mettere al mondo più figli.

COSA FARE?

Come era prevedibile, il fronte astensionista e quello del no hanno ottenuto quanto volevano. Il Governo, abdicando ad ogni principio liberale e laico dello Stato, ha fissato per il 12 ed il 13 giugno la data per i referendum. Una scelta furbesca. Sanno che se si raggiunge il quorum i Sì possono vincere. Pensano di aggirare il problema ostacolando una larga partecipazione popolare.

Il via ad una vera e propria crociata astensionista l’hanno indicata alcuni importanti vertici delle gerarchie ecclesiastiche, apparsi più preoccupati di indicazioni politiche di voto che di esprimere orientamenti etici non negoziabili.

Per il fronte del No i toni più diffusi sono da crociata. I temi quelli conosciuti: eugenetica, mamme nonne, far west, assassinio della vita. Con un’interpretazione che fa tutt’uno tra ovulo, gameti, zigote, embrione, feto e persona. Oppure l’argomentazione assurda che è meglio una cattiva legge che nessuna legge.

Quale deve essere l’impegno invece di chi vuole dare una speranza alle persone e sceglie un progresso umanizzante?

Dobbiamo innanzitutto mobilitare per il voto. Usare il passaparola, fare tam tam per allargare la partecipazione alla consultazione. Valorizzare lo spirito civico di chi invita al voto, comunque si esprima.

Facciamo sapere che questa volta si vota anche il lunedì. È una grande opportunità.

Mobilitiamo tutti gli amici e le conoscenze che abbiamo all’estero. Gli italiani iscritti all’anagrafe elettorale all’estero sono circa 3.000.000 e possono votare per il referendum. Informiamoli.

Promuoviamo l’autonomia dei quesiti. I quattro referendum permettono a chi lo voglia di scegliere. Non è obbligatorio votare per tutti e quattro i quesiti.

Ma dobbiamo innanzitutto informare. Parlare al cuore e all’intelligenza delle persone. Vincere l’indifferenza ed il pudore di chi non conosce una materia complicata.

E soprattutto dobbiamo parlare e far parlare le donne! Le nostre convinzioni, i nostri linguaggi, le storie, sentimenti ed intelligenza possono scalare montagne, far traballare indifferenze e cinismi.

Facciamo riemergere il valore della libertà delle donne come spartiacque tra progresso e conservazione, tra fondamentalismi e laicità.

Il movimento gay lesbico è chiamato a sostenere questi referendum – nonostante non risolvano la grave discriminazione verso le coppie dello stesso sesso e le singole – perché è solo attraverso l’affermazione della laicità dello Stato e la difesa di tutte le libertà individuali che si potrà arrivare al traguardo di una società inclusiva anche verso le persone omosessuali.


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