In Cile lo scorso 5 ottobre è stata lanciata la settima campagna contro l’AIDS, promossa dal governo attraverso il Ministero della salute, in preparazione della giornata mondiale della lotta all’HIV che ricorre il primo dicembre.
Lo scopo, secondo il Ministero, è quello di spingere i cileni a parlare del sesso e specificamente del problema del contagio del virus.
Lo slogan è chiaro “Contro l’HIV, io ho una posizione: usare il preservativo”, dove la parola posizione fa riferimento al Kamasutra. Questa campagna è la più diretta tra quelle realizzate finora, al contrario delle precedenti che erano più finalizzate a spiegare le cause della trasmissione dell’HIV e non a enfatizzare direttamente l’uso del preservativo.
I messaggi della campagna sono affidati tanto a manifesti pubblicitari quanto a brevi spot radiofonici e televisivi, della durata di 15 secondi, in cui compaiono volti noti cileni.
Nei differenti manifesti ci sono rispettivamente una studentessa di scuola media superiore, una coppia omosessuale, una coppia di anziani e una persona sola, che invitano la popolazione a usare il preservativo come strumento concreto di prevenzione contro il contagio.
La studentessa dice nel manifesto: “Da quando ho imparato a metteglierlo…trovo super irresistibile il preservativo”, mentre unendo il pollice e l’indice della mano destra, disegna un cerchio come l’anello di un preservativo.
Un’altra immagine della campagna mostra disegni con le posizioni del Kamasutra e un famoso presentatore della televisione, Felipe Camiroaga, che, formando lo stesso anello con le sue dita, dice: “Per amore…sempre la mia prima posizione è il preservativo”. L’attrice Maria Izquierdo consiglia: “Quando lui non riesce a mettere il preservativo….glielo infilo io” (i manifesti e le clip possono essere visti sul sito www.minsal.cl, link Campañas sanitarias/ Campaña de Prevención del VIH/Sida – Campaña de Prevención del SIDA 2005)
La campagna, tra le sue novità, ha anche quella di includere un misura specifica per Santiago, dove saranno distribuiti dei portapreservativo. Questo oggetto, secondo il Ministero, dovrebbe raggiungere le donne e i giovani che le ricerche indicano come i più riluttanti, per pudore, a portare con sè il preservativo nella borsa o nel portafogli.
Il portapreservativi è stato studiato in collaborazione con le associazioni che lavorano in questo settore, le quali hanno chiesto alla coordinatrice regionale, Talía Flores, di realizzarli pensando a oggetti di tutti i giorni relazionati all’attività quotidiana dei giovani o legati al ruolo femminile, per dissimulare la presenza del preservativo. Così sono nati diversi contenitori: una scatola di farmaci, una scatola di fiammiferi da cucina e un portacipria. Per i giovani sono stati creati contenitori con figure molto amate, che sono collezionalbili e che all’interno contengono le istruzioni sull’uso del preservativo. Sempre per i giovani, inoltre, sono stati disegnati degli evidenziatori che saranno distribuiti all’uscita di cinema e università.
Nel caso delle lavoratrici sessuali, il portapreservativo consiste in una cassa di cerini e uno dei messaggi inseriti all’interno dice “il cliente non ha sempre ragione”.
Uno dei limiti della campagna pubblicitaria è, comunque, quello di non spiegare come si usi il preservativo, considerato che nel lanciare questa campagna, la responsabile dell’area studi della commissione ministeriale Conasida (Comisión Nacional contra el Sida), Edith Ortiz, ha affermato che l’uso del preservativo ha un’efficacia nel prevenire il contagio della malattiva compresa tra l’80 e il 100%, sottolineando che la percentuale dipende dall’uso corretto del preservativo.
Nella presentazione, l’esperta ha affermato che che una delle ragioni per cui le persone non usano il preservativo e, di conseguenza, si espongono al contagio, è che non esiste una coscienza del suo uso; per questo “come autorità siamo obbligati a educare al suo uso adeguato”, ribadendo che, secondo gli studi in possesso di Conasida, “l’efficacia del preservativo è provata con certezza”.
Gli obiettivi principali della campagna pubblicitaria sono “aprire una discussione sulla sessualità e porre il preservativo alla base della strategia di prevenzione”, dal momento che si ritiene che “la relazione monogama non è sicura al cento per cento; che potrebbe esserlo quando c’è l’impegno di entrambi a mantenere una relazione sessuale chiusa nella coppia, ma la realtà non avvalla questa misura, specialmente per le donne”.
I numeri dell’epidemia in Cile
Cile
In Cile, su una popolazione di circa 15 milioni di abitanti, secondo le cifre ufficiali del Ministero della salute, aggiornate a fine dicembre 2003, il numero complessivo di casi registrati ufficialmente di HIV/AIDS si attestano poco sopra i 12.500.
Secondo i dati preliminari il ritmo di espansione del contagio si mantiene constante, intorno all’11% annuo, e le autorità ministeriali del Conasida calcolano che il numero reale dei contagiati si aggiri sui 30.000. Un aiuto importante nella lotta all’HIV è stato dato dall’intervento del governo che ha facilitato l’accesso dei sieropositivi alle nuove terapie, permettendo di ridurre di circa il 25 per cento la mortalità per Aids.
“Nonostante che i contagiati continuino a crescere, l’epidemia cresce più lentamente di quanto avessimo pensato, per cui siamo in un momento proprizio per fare prevenzione e lanciare la campagna di comunicazione massiccia che inizia oggi in tutto il paese” ha spiegato la responsabile del centro studi del Conasida.
Tuttavia secondo Rodrigo Pascal, coordinatore esecutivo della ONG Vivo Positivo, le cifre ufficiali restano sottostimate perchè, secondo studi della propria associazione, i contagiti da HIV, in Cile, arrivano almeno a 50.000. Infatti le statistiche ufficiali non tengono conto dei casi di contagio che non sono censiti e delle persone contagiate che non sanno di esserlo.
Secondo le ultime statistiche del Conasida (appunto del 2002), le regioni che presentano le maggiori percentuali di contagi sono quella di Santiago (57,1 contagi ogni 100 mila abitanti), la Quinta regione (45,3) e la Prima regione (37,1). Dall’analisi dei dati sono state tratte conclusioni sul perchè non si è riuscito a frenare la diffusione del virus.
Michelle Bachelet, ex ministra della salute, presentò due anni fa la ricerca Estudio Nacional de Comportamiento Sexual en Chile, che raccoglieva 5.407 interviste a persone tra i 18 e 69 anni, rivelando i costumi sessuali dei cileni e, quindi, le possibili ragioni del contagio.
Nella ricerca si affermava che “in rapporto al numero di relazioni sessuali avute nel corso di tutta la vita, esiste un’importante differenza tra uomini e donne. I primi dichiarano un media di 8,2 partner sessuali, mentre le seconde 1,9”. I dati spiegano che il 94% dei contagi in Cile avviene per via sessuale e che, contrariamente al passato, presentano un aumento notevole nei rapporti eterosessuali. Il 30,5% degli uomini intervistati, dichiara di essere stato con prostitute almeno una volta nella vita. Il numero di quelli che lo dichiarano diminuisce con l’età degli intervistati, rivelandosi del 22,7% tra i 20 e 39 anni e del 48,9% tra i 60 e 69 anni.
Il dottor Alejandro Afani, capo della sezione di immunologia dell’ospedale clinico dell’Università del Cile, conferma il fatto che in Cile il fattore più pericoloso non è la tendenza sessuale, ma la promiscuità e che, per questo motivo, il contagio è cresciuto tra le donne e nei rapporti eterosessuali.
Dalla ricerca si ricavava che la maggior quantità di contagiati sono uomini, 89,1%, mentre solo il 10,9% sono donne. I dati aggioranti del Ministero dimostrano, rispetto a quella recerca, che il numero di contagi tra le donne, in appena due anni, è balzaso al 18.1%.
Una ricerca tra le donne di Quillota, città a cento kilometri a nord di Santiago, condotta per la campagna contro l’HIV del 2004 dai responsabili del consultorio del locale ospedale di San Martino, ha dimostrato che le casalinghe costituiscono i due terzi delle donne infettate.
Le donne contagiate in città sono in totale 29. Di queste 19 sono casalinghe, 5 sono studentesse e altre 5 sono impiegate, mentre non compaiono prostitutite. A giudizio delle esperte del consultorio, le lavoratrici del sesso corrono minori rischi di contagio perchè, per la stessa attività che praticano, fanno controlli regolari e ricevono molte informazioni sull’HIV, per cui adottano misure di prevenzione, specialmente esigendo l’uso del preservativo dai loro clienti occasionali.
Al contrario le casalinghe mancano dello stesso livello di informazioni e, pertanto, in maggioranza non hanno coscienza dei rischi e conducono una vita sessuale senza fare attenzione alla prevenzione. In questo contesto, il 71% delle infettate sono state contagiate dal marito e le restanti da compagni occasionali o conviventi.
Allo stesso modo, l’80% ignorava che il proprio marito avesse relazioni extra coniugali e il 18% solo lo sospettava, ma praticamente non aveva alcuna certezza al proposito.
Gli studi effettuati negli ultimi anni sulla tendenza al contagio mostrano che sono le donne di estrazione media e bassa, che lavorano come casalinghe, il gruppo a maggior rischio a causa della mancanza di informazioni e di educazione.
Il caso della città di Quillota, della quale si dispone di maggiori dati rispetto al resto del paese, rappresenta la nuova tendenza.
Le polemiche contro la campagna della Chiesa cattolica cilena e dei conservatori
Il lancio di questa VII campagna ha scatenato una polemica che ha coinvolto la Chiesa cattolica, le televisioni del paese e i conservatori.
La campagna ha sorpreso ed è sembrata audace in un paese dove solo da un anno esiste il divorzio e esiste discriminazione sociale contro gli omosessuali (proprio lo stesso giorno del lancio della campagna, un ramo del parlamento ha approvato un progetto di legge antidiscriminatoria, con il quale si modificano alcuni articoli del codice penale e si sanziona anche la discriminazione basata sull’orientamento sessuale); dove nelle scuole pubbliche manca ogni forma di educazione sessuale e l’aborto non è mai stato discusso neppure in parlamento.
Le reazioni più infuocate sono piovute da parte della Chiesa cattolica, la quale attraverso il Comitato Permanente della Conferenza episcopale ha pubblicato la dichiarazione Che società vogliamo? preparata specificamente in risposta alla campagna. Il documento obietta che questa raccomanda metodi di prevenzione basati su una concezione “permissiva” delle relazioni sessuali “separando la sessualità dalla sua dimensione procreativa” e attentando “contro la libertà” dal momento che presenta il preservativo come unica soluzione.
Il Presidente di questo Comitato, il vescovo Alessandro Goic, ha rincarato le critiche affermando che la “sessualità senza freni fa male alla società” e che “sarebbe altra cosa” se il milione di euro che costa la campagna fosse speso per potenziare la famiglia, l’amore e la fedeltà. Ha comparato la difesa della dignità umana, che oggi la chiesa conduce contro quelli che vogliono banalizzare la sessualità, a quella che fece a difesa delle persone torturate sotto la dittatura ed ha voluto sottolineare gli interessi economici dell’industria del preservativo.
Una dura reazione è arrivata anche dai politici conservatori, che evidentemente hanno approfittato dell’affondo della Chiesa cattolica per trascinare la polemica nella campagna elettorale, quando mancano due mesi alle elezioni presidenziali e parlamentari. I candidati della destra dicono che la campagna pubblicitaria è volgare ed un “ode al preservativo”, ed additano come “retrogradi” i politici della coalizione di governo, che chiedono la distribuzione dei preservativi.
Il ministro della salute, Pedro García, ha risposto alle contestazioni della Chiesa cattolica affermando che la campagna cerca di evitare dolore alle persone e si basa sulla evidenza che il preservativo è il metodo preventivo più efficace, mentre ai politici della destra, ha spiegato che il Kamasutra è un libro millenario e non volgare. Il Ministro della salute García, a partire dalla campagna dello scorso anno, aveva dimostrato di avere in mente una strategia a lungo termine nella lotta contro l’HIV, che quest’anno si espressa nell’invito a usare il preservativo. Nel presentare la precedente campagna egli affermò che “cerca di mettere in risalto l’impegno nazionale contro l’HIV e indurre i cittadini a un processo di introspezione che faccia prendere coscienza dei rischi e dei metodi di prevenzione di questo flagello”.
Anche il presidente Ricardo Lagos ha risposto alle critiche e ha affermato che la campagna include la necessità di amore e coppia stabile.
Il coordinatore della ONG Vivo Positivo, Vasily Deliyanis, ha affermato che questo dibattito era auspicabile, ma chiede che non si travisi il significato della campagna.
La polemica, simile a quella che ebbe l’approvazione del divorzio, è più una battaglia di elites che della gente, che è contraria alle posizioni della Chiesa e dei conservatori. Un recente sondaggio ha indicato che il 95% dei cattolici approva l’uso dei preservativi per prevenire l’HIV; mentre un sondaggio realizzato dal Centro Studi del quotidiano La Tercera, lo scorso fine settimana, ha rilevato che l’83% dei cileni è d’accordo con il contenuto della campagna.
I sociologi segnalano che la società cilena sta cambiando più rapidamente di quanto avvertano i suoi dirigenti.
Critiche alla campagna non sono mancate neppure dall’associazione Sidacción, a causa di una frase voluta sui manifesti dal Ministero della salute, che dice “Questo messaggio è rivolto a chi mantiene più relazioni sessuali e non per chi opta per una relazione stabile”. Il presidente Marco Becerra ritiene che “questo slogan impresso sui manifesti a sfondo rosso sia una frase altamente pericolosa che può ingenerare confusione in quanto inesatta e dovuta, evidentemente, alla richiesta politica di chi è contrario all’uso del preservativo”.
Il rifiuto di alcuni canali televisivi di tramettere gli spot pubblicitari
Il Canale 13 di proprietà della Università cattolica di Santiago e la stazione televisiva della Università cattolica di Valparaiso, due canali televisi che seguono le posizioni della Chiesa cattolica, nonché la tv conservatrice dell’imprenditore Ricardo Claro, Megavisión, si sono rifiutati di mandare in onda gli spot della campagna, ritenendo l’astinenza sessuale e la fedeltà l’unica forma sicura per evitare il contagio.
I canali della chiesa hanno preferito fare una loro campagna nella quale, tra le altre cose, raccomandano di fare il test contro l’HIV, cosa che ha provocato altri commenti del ministro della salute, Pedro García, il quale, sottolineando che “la Chiesa cattolica può opporsi alla campagna, tuttavia, la sua visione non rappresenta quella di tutti i cileni e io, come ministro della salute, devo vigilare sulla salute pubblica di tutti i cittadini di questo paese”, ha precisato che lo spot del canale cattolico, che invita a fare il test, lancia un messaggio che “non previene le condotte a rischio e, pertanto, non impedisce il contagio”.
La responsabile della commissione ministeriale Conasido ha sostenuto, a proposito della controcampagna della televisione, che “è molto pericoloso che la gente confonda il fare l’esame dell’HIV con la prevenzione”. E ha aggiunto “per noi l’importante non è frenare la vita sessuale delle persone ma la prevenzione”.
Questi tre canali televisivi si sono rifiutati di diffonderei messaggi in favore dell’uso del preservativo sin dalla prima campagna, nel 1991, ma lo scorso anno le critiche contro il loro rifiuto furono tanto forti da avere un seguito in tribunale, a fronte della denuncia del Movimiento Unificado de Minorías Sexuales (MUMS).
Lo slogan della sesta campagna era Si no soy yo, ¿quién? Si no es ahora, ¿cuándo? (Se non sono io, chi è? Se non ora, quando?) e comprendeva, come quest’anno, spot televisivi e radiofonici, pubblicità sulla stampa e grandi manifesti, oltre alla distribuzione di flyers e adesivi con leggende allusive alla campagna, che raccontavano la storia di uno studente, un omosessuale, un uomo adulto e una casalinga.
I tre canali televisivi venivano e sono accusati di avere un atteggiamento moralista di fronte alla campagna che invece non trova corrispondenza nel resto dei loro palinsesti, facendosi applicazione di un doppio standard di moralità.
Morandé y Compañía, il programma più seguito lo scorso anno su Megavisión, è uno spettacolo in cui volgarità e barzellette offensive abbondano e dove le donne sono quasi completamente svestite. Il momento più seguito della trasmissione, in percentuale di share, erano le docce di Marlene Olivarí, una modella il cui leggerissimo vestito diventava trasparente sotto l’acqua. La portavoce della televisione ha affermato che il rifiuto di trasmettere la campagna è dovuto al fatto che “non è in linea con la nostra linea editoriale” e ha negato che esista un doppio standard nella programmazione.
Allo stesso modo, la telenovela cilena più vista la scorsa stagione è stata Machos, di Canal 13, che aveva tra i suoi personaggi principali un omosessuale.
La presidentessa del Consejo Nacional de Televisión, Patricia Politzer, ha affermato che per la prima volta la televisione mostrava un gay senza gli stereotipi dell’effemminatezza e del modaiolo.
Gli attori e le attrici Diego Muñoz, Renato Munster, Ingrid Cruz y Berta Lasala, del cast di Machos, hanno dichiarato pubblicamente di essera a favore della campagna e dell’uso del preservativo.
Il canale della Università Cattolica di Valparaíso, infine, di notte manda in onda pubblicità con messaggi come Sei solo? e un numero di telefono accanto all’immagine di una donna svestista. Il Vicepresidente esecutivo del canale, Jorge Bornschever, ha negato che si tratti di doppio standard e di pubblicità di servizi sessuali, sottolineando che la trasmissione va in onda in un orario notturno in cui non ci sono bambini davanti alla tv, al contrario degli spot della campagna che vanno in onda durante il giorno. “È molto semplice. Il canale appartiene alla Università cattolica, alla Chiesa cattolica, e si muove in linea con la politica dell’istituzione che dice che la prevenzione contro l’HIV non si fa attraverso l’uso del preservativo” ha affermato.
La chiesa cattolica sostiene che il preservativo non protegge e può essere causa del contagio
Il Cardinale Arcivescovo di Santiago, Francesco Javier Errázuriz, interrogato su questa VII campagna di lotta all’HIV, ha affermato che promuovere il preservativo può causare un aumento di figli di madri adolescenti e di malati di AIDS, in quanto determina l’aumento delle relazioni sessuali facendo credere alle persone che sono protette, mentre non lo sono.
La posizione del cardinale Errázuriz è quella ufficiale e dominante nella gerarchia cattolica.
La Chiesa Cilena si è sempre opposta alle campagna del governo contro l’HIV, anche quando queste erano blande.
Lo scorso anno attraverso la Commissione di Bioetica dell’Episcopato ha utilizzato uno studio scientifico di Susan Wéller e Karen Davis per discreditare l’uso del preservativo, sostenendo che la sua efficace arriva al massimo all’80%, mentre solo l’astinenza e la fedeltà sono efficaci al 100 %.
Però la ricercatrice Susan Wéller, intervistata dal giornale La Nación, tenne a precisare che le conclusioni della sua ricerca, The Effectiveness of Condoms in Reducing Heterosexual Transmission of HIV, condotto nel 2003, sono del tutto differenti da quanto affermato dalla Chiesa perchè dimostrano che l’efficacia del preservativo è più alta e compresa in una percentuale tra l’80 e il 90%.
Questa ricerca, sintesi di lavori precedenti, ha preso in considerazione la trasmissione dell’HIV in coppie eterosessuali sierodiscordanti che hanno rapporti sessuali con penetrazione, che sono a conoscenza del proprio stato sierologico e sono coinvolte specificamente nelle varie ricerce sulla efficacia del preservativo.
La Wéller era partita dall’analisi di oltre 4 mila studi precedenti, condotti fino a luglio 1999, tra i quali ne aveva selezionati 27 che soddisfacevano i criteri metodologici che si era posta e li aveva confrontati.
Cosa molto importante, però, questa ricerca non ha potuto tener conto di dati relativi all’uso corretto del preservativo, dal momento che tali dati non erano contenuti nelle ricerche confrontate e utilizzate, con conseguenze negative sicuramente non trascurabili sui suoi risultati (che comunque dimostrano l’altissima efficacia del preservativo), in quanto tutti gli studi concordano nel ritenere che i ridotti rischi di contagio nell’uso del preservativo dipendono dal suo cattivo o errato uso.
La ricercatrice ha sottolineato che la Chiesa cattolica ha usato il suo studio per screditare l’uso del preservativo anche nel suo paese, gli Stati Uniti d’America, nonostante il risultato della sua ricerca fosse esattamente opposto, cioè prova che è davvero fondamentale l’uso del preservativo per prevenire il contagio e le gravidanze non desiderate; che non ci sono altri meccanismi per prevenire l’HIV nelle relazioni con penetrazione, motivo che lo rende un metodo eccellente per la protezione della salute pubblica e che fa auspicare la promozione del suo utilizzo.
Sempre lo scorso anno, poco dopo che il Fondo della Popolazione dell’ONU (UNFPA) aveva pubblicato una ricerca che segnalava che nel mondo ogni 14 secondi un giovane si infetta con l’HIV, il Vaticano, per bocca del cardinal Alfonso López Trujillo, affermava in una intervista alla BBC che “i preservativi sono pieni di piccoli buchi che permettono il passaggio del virus dell’HIV”. L’OMS intervenne sulla questione criticando e smentendo i cardinali, vescovi e preti che diffondevano tale messaggio in tutto il mondo in quanto “fatto non solo falso, ma anche altamente pericoloso”. Tuttavia il Vaticano tornò all’attacco proprio il giorno mondiale della lotta contro l’HIV, ricordando che l’uso del preservativo non era sicuro e che solo l’astinenza e la monogamia sono sicuri al 100 %.
Nel dicembre 2004, in seguito alle false affermazioni della Chiesa, il Ministero della Salute cileno intervenne pubblicando sulla propria pagina web (www.minsal.cl), una lista di studi internazionali che accreditano l’efficacia del preservativo come metodo di prevenzione dell’HIV e, in risposta, la Chiesa fece altrettando, pubblicando sulle proprie pagine (www.iglesiachile.org) una serie di documenti che giustificavano la propria posizione.
Il documento pubblicato dal Ministero, ora aggiornato al 2005 (puo’ essere scaricato su www.minsal.cl, link Campañas sanitarias/ Campaña de Prevención del VIH/Sida – Estudios de eficacia del preservativo masculino 2005), cita anche uno studio italiano che dimostra che nei rapporti con preservativo, nelle coppie formate da una persona sieropositiva e l’altra sana, l’indice del contagio e del 1,7%, mentre in Haití, il paese latinoamericano con il maggior numero di contagiati dall’HIV, l’indice è del 2,4 %. “L’alta efficacia del preservativo dimostrata nella maggior parte degli studi esistenti, avvalla il suo utilizzo come misura di difesa della salute pubblica, che, sebbene non annulla la possibilità di trasmissione del virus HIV, lo riduce considerevolmente, e già solo questo fatto lo giustifica come forma di una strategia preventiva”, affermava il Ministero.
Secondo il Ministero, l’analisi di 25 studi realizzati negli ultimi anni segnala che l’effettività del preservativo va dal 60 al 97 %, con una media dell’87 %, e che la sua rottura per insesperienza nell’utilizzo e per la manipolazione inadeguada, è solo dello 0,5 per cento nei rapporti vaginali e tra il 5 e 10 per cento in quelli anali.
Nelle sue pagine web, il Ministero rigetta anche l’altro argomento della Chiesa cattolica cilena secondo cui i pori che può presentare il latex dei preservativi raggiunge un diamentro di 30 nanometri. In ogni caso, anche se fosse vero, ma non lo è, il virus dell’HIV che misura 100 nanometri, oltre 3 volte tanto, non riuscirebbe a passare.
A distanza di alcune settimane da questo scontro, a fine dicembre 2004, non placandosi la polemica, immunologi e medici cileni tennero un convegno nella Casa central dell’Università del Cile dal titolo “L’uso del preservativo, più che una strategia di prevenzione, una resposabilità civile”, organizzato nell’ambito di un progetto sulla diffusione del preservativo maschile in Cile. Il convegno è servito per porre al centro dell’attenzione l’uso del preservativo da un punto di vista scientifico ed etico e per illustrare maggiori dati e risultati degli studi sulla sua efficacia e sulla sua importanza come elemento di protezione della salute pubblica.
La prof.ssa Cecilia Sepúlveda, medico specialista in immunologia e vicerettore dell’università, da oltre 15 anni impegnata con pazienti HIV, affermò al giornale La Nación che “lo studio al quale la Chiesa ha fatto riferimento è l’unico che mostra una efficacia un poco più bassa del preservativo, ma che a fronte di questo ci sono numerosissimi studi che mostrano che l’efficacia del preservativo nel ridurre la trasmissione dell’HIV è molto maggiore”. Sepúlveda citava uno studio realizzato dal Centro per il Controllo delle Malattie degli Stati Uniti, che per vari anni ha seguito coppie discordanti (uno infettato da HIV e l’altro no), nelle quali il non infettato non sapeva quale fosse lo stato sierologico del partner. “I risultati hanno mostrato che nelle coppie che hanno usato il preservativo sempre e in forma corretta non c’è stato nessun contagio. Anche in Cina hanno condotto studi su prostitute e quelle che sempre usavano il preservativo con i propri clienti non si sono infettate con l’HIV. Per la mia esperienza professionale con pazienti affetti, posso affermare che quelli che hanno usato il preservativo regolarmente e in forma appropriata con il proprio partner non hanno trasmesso il virus”
L’epidemiologo dell’Università del Cile, Hugo Corvalán, parlando della controversa discussione riportava quanto segue: “Sei anni fa le più alte autorità ecclesistiche del Guatemala si opposero all’uso del preservativo organico, realizzato con l’intestino di animali e non con il latex. Sostenevano l’inutilità del suo utilizzo dato che erano permeabili al virus. Forse la Chiesa è rimasta a tali dati e li generalizza ai preservativi di latex”. Corvalán ha ripetuto che il preservativo è efficace per oltre il 90% e ha aggiunto che i problemi non sono del preservativo, ma del suo mal utilizzo. “Tutti i preservativi che si fabbricano oggi contengono nel proprio lubrificante sostanze permicide e battericide che agiscono per evitare il contagio”, affermò. La stessa Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), nel 2001, ha condotto uno studio che dimostra che se l’efficacia del preservativo non arriva al 100%, non dipende dal preservativo in sè o dal latex, ma dal suo mal utilizzo. “I preservativi di latex, che sono quelli che vengono distribuiti dalle autorità sanitarie, non presentano porosità naturali, per cui il virus non ha da dove passare” assicurava Sepúlveda.
L’importanza del preservativo nella lotta all’HIV è tale che il direttore del programma per la lotta all’HIV dell’OMS, Paulo Teixeira, lo scorso anno disse in una intervista a BBC Mundo che “l’unica prevenzione per persone che hanno una vita sessuale attiva, oggi, è l’uso del preservativo. I preservativi utilizzati in forma corretta e adeguata possono prevenire il 95% delle infezioni. Questa è una conclusione scientifica. Concretamente non ci sono prove che promuovere l’astinenza possa migliorare o facilitare la prevenzione. Al contrario, cominciamo ad avere dati di alcune regioni degli Stati Uniti, dove si è notato che, in conseguenza probabilmente della promozione dell’astinenza sessuale, sono aumenti i casi di malattie sessualmente trasmissibili e gravidanza non desiderate”
Da parte sua, Fadéla Chaib, portavoce di questo programma dell’OMS, in risposta alle affermazioni del Vaticano, ha detto che “a livello scientifico, qualunque persona che sostenga che il preservativo maschile non protegge contro l’HIV, ha un’idea sbagliata” e ha ricordato che gli studi realizzati dimostrano che i preservativi sono efficaci nel 90% dei casi, mentre nel rimanente 10% i problemi sono relazionati all’uso non corretto del profilattico. “Il mal utilizzo, l’esistenza di una rottura o l’uso oltre la data di scadenza provocano la non efficacia del preservativo”, ha spiegato.
Secondo il dottor Horacio Croxato, Direttore dell’Istituto Cileno di Medicina Riproduttiva, “Oggi si infettano nel mondo ogni giorno circa 14 mila persone a causa del’HIV e il preservativo è una maniera efficace di combatterlo”.
Francisco Vidal Vélis, docente della Università Metropolitana di Scienze della educazione (UMCE) e ricercartore dell’Associazione che riunisce le organizzazioni di persone affette da HIV/AIDS, ha insistito per l’uso del preservativo in quanto unico metodo di prevenzione, mentre formule come la la fedeltà e l’astinenza dal sesso sono, nella pratica, a suo giudizio “non in sintonia con la realtà della popolazione cilena”.
A conclusione del convegno tenuto all’università del Cile, la prof. Cecilia Sepúlveda, ha affermato che l’uso del preservativo è il riflesso di una società che rompe tabù, ma deve essere accompagnato da informazioni opportune per chi lo deve utilizzare. “I giovani devono ricevere una educazione sessuale prima della loro iniziazione in questo campo e non può trattarsi di mere classi di biologia della riproduzione, bisogna avanzare in questa materia e questo convegno è un esempio del fatto che il Cile si sta preparando dinanzi all’evidente crescita di una epidemia mondiale come l’AIDS”.
La campagna mondiale per porre fine alla proibizione dell’uso del preservativo da parte dei vescovi
In occasione del 1 dicembre 2001, l’organizzazione cattolica CFFC (Catholics for a Free Choice), lanciò da Washington DC, la campagna mondiale Preservativi per la vita per porre fine alla proibizione dell’uso del preservativo da parte dei vescovi cattolici, invitando i politici e quanti lavorano nella pubblica amministrazione a resistere alle pressioni sempre più forti dei rappresentanti della gerarchia cattolica, che cercano di imporre il proprio rifiuto dell’uso del preservativo. L’annuncio del lancio della campagna scatenò reazioni immediate e stimolò il dibattito sulle posizioni della gerarchia cattolica rispetto al preservativo. L’arcidiocesi di Washington DC cercò di far ritirare i manifesti della campagna dalle stazioni della metropolitana e dalle fermate dell’autobus, ma senza esito, tanto che di fronte all’interesse suscitato la campagna questa fu prolungata di alcuni mesi.
Questa iniziativa è arrivata in Cile nel corso del 2002, diffusa dalla locale sezione del CFFC e dalla Corporación Chilena de Prevención del SIDA. Sui giornali e alle fermate degli autobus comparvero messaggi come “Proibire il preservativo è condannare a morte”, oppure “A noi popolo cattolico importa e ai nostri vescovi?”. Molti altri paesi l’hanno ospitata, come si può leggere sul sito della campagna www.condoms4life.org, in cui si possono trovare anche informazioni sull’azione di pressione della chiesa. La politica del Vaticano mette in campo sforzi aggressivi per contrastare la disponibilità e l’accessibilità dei preservativi, specialmente nelle regioni del mondo dove la trasmissione dell’HIV e la morte per AIDS sta crescendo drammaticamente. La presidente di CFFC di Washington, Frances Kissling, ha affermato che i "vescovi proibiscono l’educazione, l’uso e la distribuzione dei preservativi in più di 100 mila ospedali cattolici del mondo, nelle scuole superiori e nelle univesità cattoliche, così come nei programmi cattolici di attenzione a persone affette da HIV”.
Il direttore di UNAIDS, Peter Piot, affermò nel giugno 2001 che “quando i sacerdoti predicano contro l’uso dei contraccettivi commettono un grave errore che costa la vita umana. Non chiediamo alla Chiesa che promuova la contraccezione, ma sì che la smetta di proibirla”.
Gli annunci della campagna Preservativi per la Vita, fanno notare che molti dei circa 4500 vescovi del mondo nogoziano attivamente con i Governi e le Nazioni Unite per restringere l’accesso ai preservativi, adducendo che i preservativi causano l’HIV invece di prevenirlo. Per fare un esempio, riportano che la Conferenza episcopale del Sud Africa ha affermato che: “La promozione indiscriminata e generalizzata del preservativo (è) un’arma immorale e sbagliata nella nostra lotta all’HIV/AIDS. I preservativi possono essere anche una delle cause principali della diffusione dell’HIV/AIDS”.
La campagna Preservativi per la Vita è particolarmente importante nei paesi cattolici. “Quando, in risposta alla pressione dei vescovi cattolici, il presidente della Croce Rossa messicana affermò pubblicamente che i preservativi procavano l’AIDS, l’impatto fu devastante”, ha detto María Consuelo Mejía, direttrice di Católicas por el Derecho a Decidir del México. “Dinanzi al fatto che 150 mila messicani vivono con l’HIV, non possiamo permetterci nessuna confusione rispetto al miglior modo di prevenire la trasmissione sessuale del virus: usa un preservativo ogni volta che hai un rapporto sessuale”.
La battaglia prevedibile che si è scatenata in Cile da due settimane, è stata molto seguita anche sul web, dove i cybernauti cileni hanno voluto dire la loro. Un ragazzo così commenta l’affermata sicurezza al 100% della fedeltà come forma di prevenzione, da parte della Chiesa: “l’affermazione è patetica perchè si radica nella convinzione che basta essere fedeli al proprio partner per proteggersi dal contagio, mentre è necessario che anche l’altro sia fedele per esserlo davvero. Non è possibile che quei pochi che optano per essere fedeli non si curino dell’HIV. L’HIV non si contagia se si è fedeli o no, non si contagia se si è cattolici o no, non si contagia se si è colti o no, si contagia semplicemente avendo rapporti sessuali senza preservativo con una persona contagiata. Questa può essere tua moglie, la tua amica, la vicina o la ragazza che hai conosciuto alla festa”.
Alcuni sostenitori della campagna che respingono le tesi della Chiesa cattolica ricordano i casi di pedofilia tra le fila dei preti cileni. Il periodico The Clinic scrisse ironicamente in un suo titolo dello scorso anno “El cura Tato no usa condón” (gioco di parole per dire che il prete non usa il preservativo) a proposito di José Andrés Aguirre, condannato al carcere dopo aver violentato nella sua parrocchia molte bambine e averne messa in cinta una.