Ecco gli ultimi dati sulla diffusione dell’Aids tra le persone omosessuali in Italia e i primi risultati della più ampia indagine scientifica mai condotta sulla popolazione omo-bisessuale del paese. Sotto esame la salute e la sessualità di 10mila persone. Il 16 dicembre i risultati completi presentati in un congresso a Firenze. Iniziative in numerose città dei comitati Arcigay in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids.
In sauna
Due gay su tre hanno fatto il test dell’Hiv, il virus responsabile dell’Aids, ma uno su tre trova difficile reperire informazioni chiare sui rapporti sessuali a rischio di contagio e la percentuale di gay continua a salire tra i nuovi casi di Aids. Questo quanto emerge dalla più estesa indagine statistica mai condotta in Italia sulla popolazione omosessuale e bisessuale e dagli ultimi dati ufficiali dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sulla diffusione dell’Aids nel paese.
Secondo i primi risultati dell’indagine, battezzata Modi-di e condotta da Arcigay con l’approvazione e il finanziamento dell’Istituto superiore di sanità, il 68% dei gay e il 45% delle lesbiche si è sottoposto almeno una volta al test dell’Hiv. Sono sieropositivi (Hiv+) il 4,2% dei primi e lo 0,5% delle seconde. Due donne su tre, però, e un uomo su tre trovano abbastanza o molto difficile reperire informazioni chiare sui comportamenti sessuali a rischio tra persone dello stesso sesso, mentre continua a salire, secondo l’ultimo rapporto dell’Iss, la percentuale di gay tra i nuovi casi di Aids, sfiorando nel biennio 2004-2005 il 20%, contro il 15% del biennio 1996-97.
“Se è vero — commenta il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice — che il numero di nuovi malati di Aids, ma non quello di nuove infezioni, diminuisce ogni anno, per merito soprattutto delle nuove terapie, è anche vero che questa riduzione è più lenta per i gay che per il resto della popolazione. In tale situazione è ravvisabile una specifica corresponsabilità del governo Berlusconi che, per la prima volta dalla comparsa dell’epidemia, ha deciso di cancellare la campagna di sensibilizzazione espressamente rivolta alle persone omosessuali”.
I dati dell’indagine di Arcigay, la prima ad aver riguardato anche l’universo femminile, derivano dalle prime analisi condotte su un campione scremato di 6774 soggetti (4690 maschi, 2084 femmine), che si autodefiniscono gay o lesbiche, o che hanno avuto rapporti sessuali recenti con persone del proprio sesso. I risultati completi di Modi-di, comprendenti anche quelli sull’amore, gli stili di vita e le relazioni sociali, saranno pubblicati sul sito web www.modidi.net e illustrati il 16 dicembre, in un convegno a Firenze, presso il Palazzo dei congressi, piazza Adua 1.
Uomini
Lo studio insiste particolarmente, per quanto riguarda i maschi, sull’Aids e sui comportamenti sessuali a rischio. Se è vero che un’elevata quota di gay ha fatto il test dell’Hiv almeno una volta nella propria vita, la percentuale varia dal 45,4% tra chi ha meno di 25 anni, all’83,2% degli ultra-quarantenni. Altro dato interessante è che ben un intervistato su quattro, pur non avendo mai effettuato il test, ritiene sicuro o probabile di non aver contratto il virus. Se poi andiamo a vedere a quanto tempo fa risalga l’ultimo test dell’Hiv, scopriamo che il 44,3% vi ha fatto ricorso negli ultimi 12 mesi, il 19% da uno a 5 anni fa, e il 5% più di 5 anni fa. Tra i sieropositivi una consistente maggioranza del 57% si sottopone a terapia farmacologica.
Analizzando la frequenza dei rapporti sessuali a rischio di contagio, si riscontra che interessano in tutt’Italia il 23% del campione, e che questo valore non varia in modo significativo per area geografica e per fascia d’età. Gli adulti tendono, infatti, a correre rischi nella stessa misura dei giovanissimi. Una lieve differenza emerge tra chi sta in coppia e chi è single: tra i primi il 20,2% fa sesso non protetto, contro il 25,2% dei secondi. Anche l’utilizzo di internet per gli incontri sessuali sembra, tra i maschi, essere correlato ad un abbassamento della guardia verso il rischio di contagio: il 29,3% di chi ha recentemente incontrato partner attraverso internet ha avuto rapporti sessuali a rischio, contro il 16,1% di coloro che non ha usato il web.
Quanto alle altre malattie a trasmissione sessuale (mts) questo è il quadro che emerge dall’indagine. Se la maggioranza del campione maschile dichiara di non esserne stato interessato negli ultimi cinque anni (56,9%), una percentuale del 3,9% dice di aver sofferto di epatite B, il 3,6% di epatite A, il 2,3% di epatite C, il 4,2% di sifilide, il 5,3% di gonorrea, l’8,3% di condilomi. Il picco di diffusione si colloca nella fascia d’età compresa tra i 31 e i 40 anni. Fa eccezione la sifilide più frequente tra gli over 40.
“Siamo spesso sommersi da dati spazzatura di nessuna attendibilità scientifica – commenta Raffaele Lelleri, sociologo e direttore della ricerca – Modi-di è invece una miniera di informazioni preziose che, analizzate in modo rigoroso, potranno insegnarci molto su aspetti come la sessualità, la prevenzione e la diffusione di malattie tra la popolazione omosessuale. Ovviamente, nonostante la vastità del campione, è difficile stabilirne con precisione la rappresentatività, mancando informazioni oggettive sull’insieme universo. Il grosso degli intervistati è molto giovane, per cui certi indicatori come quelli legati all’attività sessuale risultano alti ed è impossibile confrontarli, ad esempio, con i corrispondenti relativi ai giovani maschi eterosessuali. Purtroppo infatti in Italia non vengono condotte indagini analoghe sulla popolazione generale”.
Donne
Per quanto riguarda la diffusione delle mts tra donne, si osservano alcune differenze rispetto al campione maschile e due su tre trovano molto (45,6%) o abbastanza (32%) difficile reperire informazioni sui comportamenti sessuali a rischio. Nonostante, come per gli uomini, una chiara maggioranza (56,8%) non ne sia stata affetta negli ultimi 5 anni, la diffusione di patologie gravi è molto più bassa. In particolare solo l’1,5% delle intervistate ha sofferto di epatite C, l’1,4% di epatite A, l’1,3% di epatite B, e appena lo 0,2% di sifilide. L’accesso ai controlli di mammografia e pap-test, inoltre, risulta persino superiore alla media Istat relativa alla popolazione femminile generale del paese, in contro-tendenza a quanto rilevato da ricerche fatte in altri stati. Il pap-test è effettuato dal 65,8% delle intervistate con più di 25 anni, mentre la mammografia dal 64,8% delle over 40.
Rapporto con il medico e la sanità
Uno degli altri aspetti esaminati dalla ricerca è il rapporto con il medico di famiglia e i servizi sanitari. Un’ampia maggioranza di gay (78%) e ancora più di lesbiche (87%) evita di parlare col medico del proprio orientamento sessuale. Dopo averne parlato, il 14,5% dei casi, sia tra i maschi che tra le femmine, riferisce un miglioramento della relazione col medico. La relazione è peggiorata nel 4,5% dei casi e non è cambiata nell’81%. Le donne tendono a parlare più liberamente con il ginecologo, che conosce l’orientamento sessuale delle pazienti nel 29,7% dei casi. Ma, più in generale, quali sono le attese nei confronti degli operatori sanitari? Coloro che temono di ricevere un trattamento peggiore a causa del proprio orientamento sessuale sono ben un terzo del totale (31% dei maschi e 34,5% delle femmine).
Caratteristiche del campione
Il campione analizzato di 6774 persone (4690 maschi, 2084 femmine) è composto in stragrande maggioranza da cittadini italiani (97,7%). Il 31,6% vive nel Nord est, il 29,2% nel Nord ovest, il 22,3% nel Centro, il 17% nel Sud e nelle Isole. La distribuzione per fasce d’età è nettamente a vantaggio dei giovani. Gli intervistati con meno di 40 anni sono infatti l’84,9% del totale. In particolare quelli con meno di 25 anni raggiungono il 32,7%, quelli tra i 26 e i 30 anni il 20,9%, tra i 31 e i 40 anni il 31,3%, tra i 41 e i 50 il 12,2%, oltre i 50 il 2,8%. La quota di questionari compilati on-line è del 78,6%, contro il 21,4% su carta. La raccolta dei dati è stata coordinata da un’equipe scientifica di sociologi, psicologi e statistici ed è stata effettuata grazie all’aiuto di decine di volontari in tutto il paese.
Medici in discoteca con Arcigay per il 1° dicembre
Arcigay porta i medici infettivologi in discoteca a parlare di come proteggersi dalla malattie a trasmissione sessuale in occasione del 1° dicembre, giornata mondiale contro l’Aids. L’iniziativa, che si tiene a Catania, è solo una delle tante in corso in numerose città italiane ad opera dei locali comitati Arcigay. Convegni, concerti, punti di consulenza, dibattiti, feste, distribuzione di preservativi gratuiti nelle scuole e di materiale informativo interesseranno anche Roma, Bologna, Genova, Padova, Perugia, Reggio Emilia, Ancona, Verona, Pisa, Modena, Caserta, Napoli, Trieste, Udine, Mantova.