Matteo Maritano
Priscilla Moreno, la mamma di Matteo, parla al presente di quel figlio così «bravo e sensibile». Quel ragazzo che «d’improvviso, tornava da scuola e non era più felice». Non si arrabbia quando legge la lettera della preside del Sommeiller. Sospira, la sua voce si piega nella rassegnazione. «Non è giusto», dice.
Signora Moreno, cosa non è giusto?
«Facile dire che i compagni e la scuola non sono colpevoli, ora che mio figlio non c’è più. Nessuno può dire il contrario. Che parlino, allora, e dicano quello che vogliono. Quello che posso fare è pregare».
Cosa prova nei confronti dei compagni di classe di Matteo?
«Cerco di perdonare, ma ci vorrà tempo. Io lo so che è iniziato tutto lì, a scuola, anche se forse non saprò mai cosa è veramente successo quel lunedì. Matteo aveva smesso di parlami, si era solo lasciato sfuggire che attorno a lui sentiva tante stupidaggini, ma anche tanti scherzi cattivi».
Le fa piacere sapere del minuto di silenzio dedicato a suo figlio?
«Certo, grazie mille, ma hanno cominciato loro: tutti a dire che era un ragazzo buono e gentile, ma allora perché sono stati così crudeli con lui?».
Crede che quello che è successo avrà almeno degli effetti positivi sui compagni di scuola?
«Non lo so, la tristezza mi sta portando via molte parole, molte cose che vorrei dire. Spero solo che quei ragazzi imparino a rispettare gli altri, chiunque essi siano: gay o non gay, bianchi o neri, grassi o magri. Che capiscano, dopo questa tragedia, che le persone che ci stanno accanto possono essere più fragili di altre, possono soffrire di più, anche per quelli cose che definiscono semplicemente «scherzi».