Conferenza famiglia, Saraceno: ecco perché non vado

  

ROMA – "Non ho alcuna intenzione di delegittimare la Conferenza nazionale di Firenze che considero al contrario un appuntamento molto importante. Non parteciperò perché penso che siano state le stesse dichiarazioni del ministro Rosy Bindi a delegittimare la Conferenza escludendo a priori persone e associazioni che hanno già alle spalle una lunga storia di esclusioni".

Siamo Famigli

 

Parla la sociologa Chiara Saraceno, esperta di famiglia e povertà, che ha deciso di non partecipare alla Conferenza nazionale della famiglia, che si terrà la prossima settimana a Firenze, dal 24 al 26 maggio. Chiara Saraceno, docente al'Università di Torino, ha dedicato anni di studio ai temi della famiglia, delle trasformazioni sociali nelle relazioni di parentela, alle politiche di welfare e alla lotta contro la povertà. ' stata consulente del ministero della Solidarietà Sociale e ha fatto parte della Commissione di indagine contro la povertà ai tempi di Pierre Carniti. Ha lavorato anche con Ermanno Gorrieri e ha seguito 'iter della proposta e la sperimentazione del reddito minimo di inserimento. Con lei abbiamo discusso delle polemiche di questi giorni, ma per andare oltre le contrapposizioni ideologiche e tentare di aggiungere elementi concreti a una discussione tanto difficile quanto centrale per gli anni a venire.

Allora professoressa, come spiega la sua scelta?

Non vado alla Conferenza perché le scelte del ministro Rosy Bindi a proposito degli omosessuali hanno ristretto troppo il campo. Non siamo noi dunque che delegittimiamo quel'appuntamento (anche il professor Marzio Barbagli ha fatto sapere che non andrà a Firenze, ndr). Le famiglie reali, quelle che si assumono ogni giorno le responsabilità dei loro cari non ruotano necessariamente intorno alla coppia. Si restringe quindi troppo il fuoco sul concetto giuridico di famiglia. Ma le famiglie reali sono molto diverse da quelle "legali". La definizione che è stata data per la Conferenza di Firenze ci è sembrata quindi troppo stretta e ci ha creato molti problemi prima di tutto come studiosi del fenomeno. E ovviamente non si tratta solo di un fatto astratto, di pura teoria. Quello che preoccupa è che restringere così il fuoco del'attenzione riduce anche lo spettro delle politiche possibili. Questo ci ha reso impossibile accettare di partecipare. Nello stesso tempo ci tengo però a sottolineare che la Conferenza è molto importante e credo che dalla discussione stessa emerga il fatto che la coppia non è rilevante come si dice. Chi studia le famiglie sa che spesso le responsabilità non passano per i rapporti di coppiresponsabilità si assumono nei confronti di persone non autosufficienti e nei confronti dei bambini. Se tutto ciò avviene al'interno della coppia è un bene ed è bene che la coppia stessa duri il più a lungo possibile per garantire la continuità della famiglia e delle responsabilità. Ma credo sia sbagliato concentrarsi solo sulla coppia riducendo quindi lo spazio possibile per altre politiche in termini di servizi, di infanzia e di assistenza domiciliare alle persone non autosufficienti.

Quindi lei pensa che le politiche per la famiglia non si debbano basare necessariamente sulla coppia e sul matrimonio?

No, io non dico questo. Dico semplicemente che le politiche per la famiglia non si devono tradurre in sostegno a chi si sposa, ma sulle responsabilità verticali e orizzontali che gli individui si assumono. Spesso le politiche per la famiglia sono un aiuto alle donne (sole) che lavorano e che hanno figli o persone anziane a carico. La coppia in quei casi non 'entra nulla. Io non dico quindi che si debba negare la coppia o che le politiche non debbano tenerne conto. Ma penso che una politica efficace per la famiglia non si debba tradurre in un aiuto alla coppia in quanto tale. Per aiutare i giovani a crearsi una famiglia non è necessario partire dalla coppia. Si deve invece partire dal'aiuto ai giovani a trovare lavoro, u'abitazione a costi decenti, ripensare gli ammortizzatori sociali. Si devono pensare insomma delle politiche per aiutare i giovani a uscire dalla casa dei genitori. Aiutare i giovani come individui prima ancora che come coppie.

Sta parlando di politiche molto diverse da quelle che si praticano?

Non proprio. Anche perché le politiche non hanno sostenuto quasi mai la famiglia come coppia (e matrimonio) in quanto tale (fatta eccezione forse per il periodo fascista). Oggi quindi dobbiamo aiutare i giovani a diventare indipendenti. Credo però che tutte queste cose verranno fuori a Firenze ed è per questo che ritengo un fatto micidiale che ci si divida e si rompa sulla forma della coppia. Si continua a discutere a un livello ideologico e questo è tipico del'Italia. Si continua a discutere sempre della forma e mai del contenuto. Faccio un esempio concreto. Quando si parla di famiglia si cita sempre il famoso articolo 29 della Costituzione. Non si parla mai però di un articolo che viene subito dopo, il 30. Si tratta del'articolo che parla dei figli. Questo restringere continuamente il campo e riportare tutto sulla coppia è il limite del dibattito di questo periodo storico. Vorrei poi spendere qualche parola a proposito della questione degli omosessuali. Restringere il campo e alzare il polverone della polemiche ci fa dimenticare il fatto che anche loro sono individui a prescindere dalle coppie. Sono persone che hanno figli, che devono curare e assistere persone anziane non autosufficienti. Sono persone che a loro volta hanno figli. Arriviamo a certi paradossi assurdi. Io ho sentito affermare in televisione da un assessore che i figli degli omosessuali non dovrebbero essere presi negli asili nido. I figli degli omosessuali non devono andare a scuola? Inoltre si continua a parlare di figli legittimi, mentre la Costituzione parla di figli legittimi e naturali. Oggi invece i figli naturali hanno meno diritti dei figli legittimi. Ma nel Family Day non mi pare che nessuno abbia fatto accenno a questo tema, anche se esiste un progetto di legge. La Conferenza nazionale di Firenze credo che dovrà affrontare questi problemi e riportare la discussione sul tema delle responsabilità. Prima di Natale è stata approvata una giusta legge sul'affido condiviso. Il concetto di fondo di quella legge è che si rimane genitori anche quando il matrimonio non 'è più. ' il rapporto di filiazione che conta. ' il rapporto di genitore che conta. Più in generale se andiamo ad analizzare tutta la legislazione esistente ci accorgiamo che non è il matrimonio al centro, le relazioni sono sempre molto più ampie, anche dal punto di vista dei diritti riconosciuti giuridicamente.

Lo scontro sul concetto di famiglia e sulla garanzia dei diritti, si lega secondo lei, anche al ripensamento in corso sui sistemi di welfare?

Qui il discorso si fa molto più ampio. Sul welfare occorre lentamente, con grande attenzione, ripensare i diritti in base a quello che è oggi la società reale. Non bisogna certo tagliare i diritti a chi li ha, ma non possiamo non ripensare 'equilibrio delle politiche per gli anziani e per i giovani. In questo periodo stiamo assistendo a paradossi incredibili. Ci sono dei genitori che stanno risparmiando per costruire pensioni integrative per i loro figli. Sono gli anziani che risparmiano per il futuro di giovani a cui abbiamo negato le pensioni. Non sarebbe meglio darle direttamente a loro, ai giovani, queste risorse. Ma il paradosso più grave riguarda la decisione di scaricare tutto sul privato, sulla famiglia, il sostegno dei giovani. In questo modo non si fa che riprodurre le diseguaglianze sociali. Affidare infatti alle famiglie 'aiuto dei giovani significa discriminare ulteriormente in base alle risorse economiche. Ci saranno infatti giovani che potranno essere aiutati dalle famiglie che hanno le risorse economiche adatte. E ci saranno giovani che invece – non avendo alle spalle famiglie economicamente forti – non saranno aiutati da nessuno. Il riequilibrio viene delegato tutto al privato. Alla famiglia. Ma è proprio questo sistema – questa scelta – che vanno ripensati se ci teniamo davvero a politiche che si pongano come obiettivo il superamento delle diseguaglianze sociali.

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