Una piazza festosa e arrabbiata

  

A vedere l’imponente manifestazione del 16 giugno (si parla di un milione di persone) si direbbe che in questo paese il movimento GLBTQ sia rimasto l’unico a lottare per la laicità dello stato.

Si è trattato di un Pride completamente diverso da quello dell’anno scorso a Torino e lo è stato per una ragione molto semplice; mentre l’anno scorso c’erano grandi aspettative nei confronti del centro sinistra, c’era entusiasmo e voglia di partecipare attivamente al cambiamento che la sinistra avrebbe dovuto compiere, quest’anno, dopo la scottante delusione di una politica troppo timida, incurante delle richieste dei movimenti e molto, molto ipocrita, il popolo GLBTQ ha deciso di andare contro e non ha voluto politici facendo così nascere, senza bisogno di simboli e/o annunci ad effetto, un nuovo soggetto politico. Quello che sceglie la piazza e la gente, quello che sta dalla parte delle donne, del popolo trasgender che chiede rispetto, lavoro e diritto alla propria identità, quello degli emarginati che hanno il coraggio di mostrarsi al mondo per quello che sono senza bisogno di nascondersi o di mentire per accontentare i benpensanti.

Un popolo in movimento, allegro, colorato, bellissimo, alla ricerca del proprio posto per ribadire la propria esistenza e i propri diritti. Gente diversa, molto diversa, ognuno con la propria identità ma unita dal desiderio comune di appartenere ad una società che, quando parla di noi, si tura il naso con sufficienza e ci considera dei diversi o dei malati. Cartelli, slogan, tanta, tantissima musica, bambini, qualche etero, carri ma anche una politica sottile ed ironica che prende di mira un vaticano sempre più prepotente, razzista e omofobo, un mondo tutto maschile che lancia anatemi e che riempie la testa della gente con pregiudizi e stereotipi, un fiume di persone che pretendono rispetto che dicono basta a Prodi e a Berlusconi simboli di un’italietta vecchia, piena di politici corrotti e indagati che portano avanti una politica del più forte.

Chiedono diritti i gay e le lesbiche, i transgeder, i bisex, chiedono di non essere discriminati, chiedono che ci sia una legge che li difenda dalla violenza intollerante della destra e della chiesa. Chiedono diritti che serviranno a tutti, anche ai figli di coloro che sono scesi in piazza per il Famili day. E nascono naturali i paragoni fra una piazza oscurantista, medievalista e molto triste e una piazza viva, festosa e arrabbiata. Una piazza che pensa che la diversità sia fonte di crescita e confronto e non di ambiguità e decadenza.

Naturalmente i mass media hanno dato molta più rilevanza alla piazza del vaticano piuttosto che a quella dei diritti umani e questo atteggiamento la dice lunga su come l’informazione sia schiava del potere politico e religioso. Ridicole inoltre le dichiarazioni dei politici, ogni anno le stesse, sempre uguali, ripetitive. Secondo questa gente il milione di persone che sono scese in piazza contro i Dico meritano attenzione mentre il milione di persone che sono scese in piazza per chiedere leggi e diritti non vanno prese in considerazione. Questo paese è sempre più lontano dai paesi europei che, in modo sereno e senza polemiche, hanno dato a tutti e a tutte i cittadini e le cittadine, a prescindere dall’identità sessuale, diritti e leggi ed è sempre più uguale a quei paesi dell’est Europa che impediscono il normale svolgimento di manifestazioni omosessuali e che inorridiscono davanti alla richiesta di diritti con la benedizione della chiesa che giustifica e/o tace davanti a ogni tipo di violenza.

Ieri abbiamo dato un segno di civiltà, abbiamo spianato la strada per la richiesta di diritti, abbiamo urlato a squarciagola: Laicità, Dignità e Diritti!

Marino Buzzi


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