Se penso al 16 giugno, al Pride di Roma, mi vengono ancora le lacrime agli occhi. Per la prima volta un’emozione immensa e straripante ha preso il mio cuore. In prima fila, tenevo lo striscione e la bandiera di Arcigay: fiero, commosso, camminavo per una Roma diversa, festante, ad ogni passo un palpito, come se tutto il mondo in quei momenti fosse mio, nostro. Visi luminosi: Aurelio Mancuso, Imma Battaglia, Paolo Patanè, Paola Concia, Salvatore Inguì. A seguito un lungo fiume colorato avanzava travolto dagli applausi e dai sorrisi della gente e dei bambini in braccio ai loro genitori sotto una pioggia di coriandoli variopinti.
Che gioia!
Mai visto nulla di più bello: una straordinaria dimostrazione di forza e di coesione.
Pacifici, gioiosi, decisi abbiamo reclamato diritti, dignità rispetto…amore, Nei nostri occhi – nonostante la rabbia per le delusioni di una politica indifferente e sorda – la voglia di essere compresi, amati, considerati e percepiti come una realtà numerosissima, compatta, in grado di costituire una forza politica, oltre che un movimento laico, liberale e internazionale.
I politici della maggioranza, deputati e senatori, non si sono accorti di questo esercito pacifico e coraggioso che ha sfilato lungo le strade austere della capitale? Proprio quegli uomini di sinistra, dai quali ci si aspetta una maggiore sensibilità verso tutte le forme di diversità, che professano l’ideologia forte della laicità dello stato, che sbandierano uguaglianza di diritti per tutti i cittadini, ci hanno tradito. Non possono e non devono ignorare la larga parte della popolazione che costituisce un peso non indifferente anche in ambito politico. Quegli stessi signori hanno già dimenticato che le poltrone che occupano sono state assegnate loro anche grazie ai voti delle persone che facevano parte del Pride nazionale. Cosa hanno fatto per salvaguardare i nostri diritti, le nostre proposte di legge? In che modo hanno risposto alle insensate accuse e all’atteggiamento ostile delle gerarchie vaticane, alle quali tutte le forze politiche sembrano sottomettersi? A me sembra che ancora una volta i diritti delle persone LGBT sono stati strumentalizzati nelle campagne elettorali per adescare consensi, serviti su un piatto d’argento, conditi di altisonanti valori morali, ma puntualmente negati e vilipesi. Su quel piatto non c’è proprio nulla! Sinistra e destra hanno dimostrato ampiamente di privilegiare vecchi e obsoleti statuti morali, legati a un concetto di famiglia ormai in evidente crisi.
Catania quest’anno non sarà meno di Roma. Il 7 di Luglio, saremo tutti uniti nella lotta in un Pride che vede realizzato un progetto comune dell’Open Mind, di Arcigay, A.Ge.D.O. e Pegaso.
La “Città del Sole” avrà, per la prima volta, un Pride rappresentativo delle grandi forze reali LGBT presenti nel territorio a cui si unirà la Sicilia tutta e le varie rappresentanze della penisola. Nulla ci fa paura, uniti vinceremo. L’unione ci dà forza. Veri e autentici, pronti a sfidare chi ci calpesta e umilia, chi vorrebbe arrotarci o impedire di amarci.
Vogliamo vivere da gay. Morire da gay.
Catania, nonostante qualche stupido vorrebbe sottovalutare la tangibilità di una realtà che non può essere più ignorata, oggi è il punto agiografico del mondo omosessuale siciliano, pronta a rivendicare con i colori variopinti della nostra vita il diritto all’autodeterminazione, la laicità dello stato, a condannarlo, insieme alla Chiesa, delle tanti morti di omosessuali. A chiedere severe leggi contro le discriminazioni in ottemperanza alle direttive europee. A rivendicare di essere cittadini nei doveri e nei diritti.
A ricordare, infine, che la felicità deve essere prerogativa di TUTT* gli esseri umani.
Riccardo Di Salvo
Arcigay Sicilia / A.Ge.D.O. Catania