Giro di vite nella repressione in Iran, come se non fosse già abbastanza soffocante.
Proprio all’indomani della trasferta del presidente Mahmoud Ahmadinejad all’Onu,ieri, Nemat Safavi, arrestato nel 2006 all’eta’ di 16 anni appena compiuti, è stato condannato alla pena capitale dal tribunale di Ardebil, capoluogo dell’Azerbaijan iraniano.
La condanna a morte è stata comminata per l’accusa di rapporti con altri ragazzini del suo sesso. Negli atti processuali non si parla mai di omosessualità, che, secondo le dichiarazioni di Ahmadinejad “in Iran non esiste”. Sono citati unicamente “rapporti sessuali non ammessi”.
La Repubblica Islamica conferma così la propria linea di repressione totale dei rapporti omosessuali. E il pugno di ferro non riguarda solo loro. L’ayatollah Seyyed Ahmad Elm al Hoda, di Mashad, meta di milioni di pellegrini in visita al mausoleo dell’imam Reza, è tornato proprio ieri a parlare di donne e hijab (velo islamico), definendo coloro che non indossano il velo come “fanterie del nemico” e come un male “peggiore dell’Aids”.
“L’Occidente ha testato la sua ’rivoluzione morbida’ in Georgia e Ucraina, perchè vuole metterla in pratica anche nel nostro paese”, ha detto Elm al Hoda. “Diffondendo la prostituzione e incoraggiando le donne a non rispettare l’obbligo del hijab – ha aggiunto – il nemico vuole allontanarci da Allah”. Anche la possibilità di convertirsi ad una religione al di fuori dell’Islam è negata. Recentemente l’apostasia è stata riconosciuta da Teheran come reato capitale. Un cristiano, Ramtin Soudman, figlio del pastore evangelico Hossein Soudmanti, impiccato 20 anni fa per essersi convertito al cristianesimo, rischia di fare la stessa fine del padre. Sposato e padre di due figli, Ramtin è stato arrestato un mese fa e potrebbe essere condannato a morte con l’accusa di ’ertedad’, abbandono dell’Islam.