De Andrè, poeta degli esclusi

  

Sono passati già 10 anni, ma Fabrizio è ancora vivo in ciascuno di noi” – così Francesco Serreli del Comitato Genova Pride ricorda il grande poeta cantautore scomparso l’11 gennaio 1999 – “Quella descritta nei suoi testi, appartenenti ad una immediata cultura popolare, era una Genova ricca di diversità, era la Genova delle nostre storie. Nelle sue canzoni vivevano, fotografati con umana compassione, omosessuali, transessuali, prostitute, operai, emarginati, zingari, tossicodipendenti, malati di AIDS, tutte e tutti coloro che ancora oggi non hanno piena voce e piena dignità.”

Invitiamo tutte e tutti a visitare la grande mostra che la sua città gli sta dedicando a Palazzo Ducale e che durerà fino al 3 maggio.” – dichiara Ostilia Mulas – “Genova rende omaggio alla sua figura e alla sua opera dando vita ad un percorso che ne vivifica la musica, le esperienze, le passioni che lo hanno reso un portavoce degli esclusi e un poeta dei nostri tempi.”

http://www.palazzoducale.genova.it/deandre

“De Andrè ci lascia un meraviglioso e immenso patrimonio di arte e un forte messaggio di libertà per tutte e tutti” – conclude Mirella Izzo – “La comunità LGBTQI (lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer, intersessuata) vuole ricordarlo oggi e per sempre come un grande poeta, ma soprattutto come uno di noi. Come genovesi ci sentiamo orgogliosi di lui e come lui innamorati della nostra città, che ha descritto in maniera perfetta nelle frasi che aprono la mostra di Palazzo Ducale.”

[email protected]

***

“Quando durante la guerra ero sfollato in Piemonte, Genova per me era un mito. A cinque anni la vidi per la prima volta e me ne innamorai subito, tremendamente. Genova per me è come una madre. È dove ho imparato a vivere. Mi ha partorito e allevato fino al compimento del trentacinquesimo anno di età: e non è poco, anzi, forse è quasi tutto. Anche se a colmare la distanze tra quel quasi e quel tutto contribuirono le canzoni di Brassens. Oggi a me pare che Genova abbia la faccia di tutti i poveri diavoli che ho conosciuto nei suoi carruggi, gli esclusi che avrei poi ritrovato in Sardegna, ma che ho conosciuto per la prima volta nelle riserve della città vecchia, le ‘graziose’ di via del Campo e i balordi che, per mangiare, potrebbero anche dar via la loro madre. I fiori che sbocciano dal letame. I senzadio per i quali chissà che Dio non abbia un piccolo ghetto ben protetto, nel suo paradiso, sempre pronto ad accoglierli.”

Fabrizio De André


  •