Da metà dicembre, quando è uscita l’anticipazione sul titolo Luca era gay, è scoppiato il finimondo. Lo abbiamo provocato noi, ne siamo responsabili, abbiamo volutamente abboccato ad un amo sapientemente ripieno di ghiotte esche. Lo abbiamo fatto perché era inevitabile una nostra dura reazione, lo abbiamo fatto consapevoli che ciò faceva parte del gioco perverso di costruire un evento-canzone-manifesto, che avrebbe avuto una grande eco, un successo assolutamente immeritato.
E’ meglio perdere che perdersi, recita un’efficace frase che riassume il dovere di non esser complici di idee e teorie pericolose e false. Seguendo questo ragionamento fino in fondo si potrebbe dire che però abbiamo comunque perso, perché Povia è arrivato secondo, ha ottenuto una grandissima visibilità, noi siamo stati insultati in ogni palinsesto possibile, senza in pratica alcuna possibilità di replica. L’opinione pubblica di destra tutta schierata a favore di Povia, una parte di quella di sinistra pure, molti omosessuali, blog e siti gay, infastiditi dalla nostra azione e contrari a tutto questo clamore.
Allo stesso tempo una parte importante del mondo della cultura e dello spettacolo ha esternato disgusto e contrarietà rispetto all’operazione Povia, moltissimi gay e lesbiche si sono immedesimati e convinti che dovevamo difendere la nostra dignità, anche tra i giornalisti era evidente un certo fastidio.
La macchina schiacciasassi di Bonolis, corredata dai vomitevoli siparietti con Laurenti, ha saputo fagocitare tutto: da Povia a Benigni, dal balletto degli sposi ai triangoli rosa portati da alcuni artisti.
La vicenda è finita? Voltiamo pagina, senza chiederci troppo del perché è stata messa in scena questa operazione? Il nocciolo sta qui: perché Povia ha cantato Luca era gay? Come mai c’è stato tutto questo sostegno da parte di Bonolis e compagnia cantante? Semplice, il cantautore toscano è solamente una piccola pedina di un’operazione cultural-mediatica, partita dal Family Day, decisa con sapiente pazienza, che ha saputo stravolgere i termini di un confronto sociale e culturale che avevamo conquistato noi con anni di faticose lotte: dal dibattito acceso e di scontro sul riconoscimento dei diritti delle coppie gay (vedi tutta la stagione dei Pacs, Dico, Cus) allo scivolamento sul tema sulla possibile (ed auspicabile) guarigione dei gay.
Compreso cosa sta accadendo? O dobbiamo attardarci a discutere se abbiamo fatto bene o male ad essere a Sanremo, ad attaccare Povia, ecc. ecc? Rischiamo di veder la pagliuzza, mentre la trave ci ha già fatto perdere un occhio. Lo strano caso Povia ha fatto emergere tutta la nostra debolezza, l’incapacità di far fronte unico, di riconoscerci in quei valori umani e di ricchezza di pensiero tanti necessari ad una comunità che intenda portare avanti legittimi diritti e tutele.
Proprio nel giorno in cui Sean Penn ritirando il premio Oscar per aver recitato il ruolo di Harvey Milk, pronuncia questa frase secca “Chi si batte per il divieto ai matrimoni gay dove solo vergognarsi” ci possiamo dire con franchezza che stiamo pestando acqua nel mortaio! Perché i discorsi, anche finemente intellettuali e rigonfi di buon senso sono insufficienti, è ora dell’azione, di una nuova azione, che prenda le mosse dal popolo lgbt, che lo svegli dal torpore in cui è sprofondato dopo gli anni dell’appagamento discotecaro, delle rutilanti marce Pride, del rapporto inconcludente con la politica.
Personalmente mi sono assunto il compito di portare la polemica sui mass media con durezza e serenità, ho fatto questo perché credo che anche il movimento lgbt, i gay in generale, abbiano bisogno di una scossa, di trovarsi di fronte alle proprie insufficienze, Arcigay per prima. Per rimettere il confronto sociale e mediatico sui giusti binari non si può attendere che passi la giornata, che il vento sempre più gelido e potente dell’omofobia finisca. Tutto è nelle nostre mani, nessuna e nessuno si può sentire fuori dall’attuale scontro.
Quali sono le priorità? Un travolgente ed inedito impegno personale di migliaia di gay, lesbiche, bisessuali, trans; una nuova e grande ondata di emersione dalla clandestinità e dal disimpegno per lanciare una sfida positiva ed inclusiva a noi stess* e alla società: noi valiamo, noi ci siamo, noi amiamo, noi siamo un soggetto politico e sociale! Da sola Arcigay non potrà nulla, da sole e da soli migliaia di persone lgbt non potranno nulla se dispers*, non organizzat*, non consapevol* che la vera rivoluzione è: ci metto la faccia, ci metto il mio cuore.