Intervista a Vittorio Lingiardi
di Camilla Strada – Da Vanity Fair n° 5 del 4 febbraio 2009
ripubblicata su Pegaso16 – trimestrale Arcigay
«Ci sono persone che non si sentono in sintonia con la propria omosessualità ed è giusto che provino a liberarsene. Io ce l’ho fatta, unendo alla psicoterapia del dottor Nicolosi la Cristoterapia: la prima mi ha aiutato a superare i problemi legati al rapporto con mio padre, la fede ha fatto il resto».
Con Luca Di Tolve, 38 anni, «ex gay» ora sposato, la terapia riparativa ha funzionato e della sua «guarigione» parla la canzone che Povia ha portato a Sanremo.
Vittorio Lingiardi, psichiatra, docente universitario e autore di Citizen gay (Il Saggiatore), invece, ha avuto in cura parecchi pazienti usciti da «tentativi di riparazione falliti», ed è di tutt’altra idea: questi interventi «psicoterapeutici» producono solo danni.
Quali?
«L’orientamento sessuale non si può cambiare su richiesta o esercitandosi. Diversi studi dimostrano che le terapie riparative raggiungono l’obiettivo in una piccolissima percentuale di casi. E possono avere effetti collaterali gravi come ansia, depressione, fino a pensieri suicidi».
Luca, però, ha ottenuto ciò che voleva: convertirsi. Come è possibile?
«Forse la Cristoterapia fa miracoli! Scherzi a parte, è ovvio che nella vita di una persona ci possano essere cambiamenti dell’interesse sessuale, ma con un percorso spontaneo, non seguendo corsi di riorientamento che confondono psicologia e religione».
In quanti si iscrivono a questi corsi?
«È difficile dirlo, si tratta di percorsi privati, senza verifiche istituzionali ed estranei alla pratica della psicoterapia».
Sono scientificamente attendibili?
«No. Sul ruolo che gioca la fede nei cambiamenti di una persona non dico nulla. Quanto a Nicolosi, cerca di vendere il suo prodotto, ma non ho trovato suoi lavori sulle riviste scientifiche specializzate. Si ispira a vecchie teorie superate e mai dimostrate secondo cui l’omosessualità dipende da un cattivo rapporto con i genitori. Il solito vecchio stereotipo: madre ingombrante e padre assente uguale figlio gay. Peccato non sia così: l’omosessualità non è una tipologia psicologica, né una patologia».
Però c’è chi vuole superare la propria omosessualità.
«Certo, e bisogna ascoltare e capire il suo disagio, che nasce dal contesto familiare e sociale, non modificare i suoi comportamenti. Se la società è razzista, schiarirsi la pelle non è un buon rimedio».