Antonella e Debora avranno il loro «sì». Sarà un «sì» – come si dice – senza valore legale. Ma per loro, e non solo per loro (la popolazione lesbica, gay, bisessuale e transessuale è stimata il 5-10% del totale), sarà prezioso comunque. Lo pronunceranno davanti al sindaco Sergio Chiamparino, che ha accettato di «celebrare» quello che lui definisce «un atto privato». Privato ma anche politico.
«Posso fare un atto che richiami – spiega il sindaco – alla scelta che dovrebbe essere dei parlamentari: una proposta di legge che introduca uno strumento giuridico, che non è il matrimonio, che consenta alle persone dello stesso sesso di riconoscersi diritti e doveri per il presente e per il futuro. Uno strumento che si affianchi al matrimonio civile». Sono una coppia solida Antonella D’Annibale, 45 anni, operatrice del Servizio contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale del Comune, e Debora Galbiati Ventrella, 44, educatrice professionale, famiglia siciliana valdese, un ex prete operaio come amato padre adottivo.
Si amano da otto anni, per molto tempo hanno abitato «in pochi metri quadrati affacciati sul cortile della casa popolare dove ho sempre vissuto, condivisi con il Labrador di Debora: una situazione che ci ha messo alla prova», racconta Antonella. Ora hanno traslocato poco lontano, sempre in Barriera, in un luminoso e coloratissimo appartamento pieno di libri, di foto, collages, con una cucina superattrezzata. Si descrivono «figlie di una cultura che non includeva il matrimonio». Poi, però… «Abbiamo capito che chiedere di più di una semplice convivenza è una questione di diritti: chi vuole sposarsi deve poterlo fare». Nel tempo, quell’idea è maturata anche in loro.
«Un giorno, mesi fa, ho guardato Debora negli occhi e le ho detto “Ti voglio sposare entro l’anno”», ricorda Antonella. Una necessità interiore, un gesto di puro amore. Ma l’amore visibile tra due donne o due uomini, che vorrebbe affermarsi con carte e registri, nel 2009 è anche, ancora, militanza. «La nostra generazione ha fatto della visibilità un valore politico. Niente di sfoggiato, non diciamo alla seconda parola di essere lesbiche. Ma – dice Debora – non nascondiamo i nostri sentimenti, la nostra vita insieme».
Con tutto questo nella mente e nel cuore, Antonella e Debora hanno aderito alla «Campagna di affermazione civile» promossa dall’associazione radicale Certi Diritti e dalla rete di avvocatura lgbt «Rete Lenford». «L’iniziativa è semplice – spiega Enzo Cucco, tra i fondatori di Certi Diritti -, si tratta di chiedere al proprio comune di contrarre matrimonio civile. In Italia l’hanno già fatto 20 coppie conviventi dello stesso sesso. Come Antonella e Debora, tutte hanno ottenuto un rifiuto. Ogni rifiuto viene impugnato presso il tribunale di competenza e contro ogni sentenza sfavorevole si fa ricorso al grado successivo. Non è provocazione, ma un atto di rivendicazione di un diritto che la stessa Corte Costituzionale definisce fondamentale. L’obiettivo è, appunto, far pronunciare la Corte Costituzionale». Il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso di Debora e Antonella (e le ha condannate al pagamento delle spese processuali).
Poco dopo è partita una lettera a Chiamparino. «Vorremmo incontrarla e parlarle di un desiderio: vogliamo sposarci. E non possiamo farlo. Per questo ci sentiamo discriminate, nel nostro paese, nella nostra città. Sappiamo che gli indirizzi europei sono di eliminare ogni forma di discriminazione, ma del nostro matrimonio non si sta occupando nessuno. Siamo certe che lei vorrà ascoltarci… E vorrà essere d’esempio compiendo un’azione politica e culturale che ci avvii verso il Nuovo».
Il 21 novembre 2009 il sindaco le ha ricevute, le ha ascoltate, ha spiegato loro che la legge non può essere violata. «Ci ha detto che potrebbe anche sposarci in presenza di testimoni ma che sarebbe privo di valore giuridico. E che potrebbe riproporre in giunta il registro delle unioni civili». Ieri Chiamparino ha ribadito: «Se vogliono venire nel mio ufficio, o trovarsi in un altro posto dove io le unisco in matrimonio, si può fare. Ma senza nessuno che dia un valore formale a questo atto». Ancora: «Credo sia giusto che persone dello stesso sesso che nutrono affetto, amore, tra loro, possano regolare i loro diritti». Il «sì» potrebbe essere pronunciato entro dicembre. Come Antonella e Debora vorrebbero.