di Alessandra Belfiore
Ieri si è aperta la «Queer week» tutta catanese dell’orgoglio omosessuale, nella sala eventi della Feltrinelli. Ed è proprio Catania a chiudere, come ogni anno, la stagione dei “pride” italiani. Con una novità importante. La tradizionale parata – che molti considerano ancora come una “carnevalata” – quest’anno non si farà. Sostituita, provocatoriamente, da una serie di eventi culturali spalmati su tutta la settimana e organizzati dalle diverse sigle legate al mondo omosessuale Arcigay, Codipec, Ossidi di ferro, Città futura, La città felice, Open mind, Goditive generose, Kalon e Stonewall.
Ieri il calendario è stato inaugurato con un’iniziativa dal titolo, «Diario collettivo dell’orgoglio»”, reading di pagine di diario, redatte dagli stessi lettori, che ha vinto la sfida di fondere i registri della scrittura privata con quelli della scrittura politica e rivendicativa dei diritti dei gay. «Diritti che si inscrivono, globalmente, nella rivendicazione di diritti civili come il trattamento di fine vita e la fecondazione assistita», spiega uno dei coordinatori, Dario Accolla, di Codipec. Il perché di questa scelta controcorrente è spiegato dagli stessi organizzatori: «Con questa serie di appuntamenti, che si protrarranno fino a domenica, intendiamo aprirci all’intera comunità sociale, etero e omosessuale, senza alcuna chiusura. La sostituzione del corteo, che assolutamente non rinneghiamo, con questo che è un vero e proprio laboratorio del pride è anche una provocazione – spiegano all’unisono Sandro Mangano, presidente di Arcigay Catania, Accolla, Alessandro Motta ed Elisa Calabrò di Ossidi di Ferro – Quest’anno siamo disposti a scommettere su qualcosa di diverso che non identifichi il mondo gay soltanto con la parata che peraltro rappresenta soltanto il culmine di un anno di intenso lavoro politico. Noi vogliamo che con questa presenza-assenza si senta la mancanza del corteo, anche rispetto a coloro che si riscoprono attivisti soltanto per un giorno l’anno e credono che la manifestazione si crei da sola». Nessuna occasione migliore di questa anche per tastare il polso della situazione in una realtà tanto eterogenea come Catania: «Una città che non si presenta come omofobica finché non è la famiglia di ciascuno a essere coinvolta. Ovvero, finché il gay è il figlio del vicino va tutto bene. I problemi subentrano quando a esserlo è il proprio figlio. C’è ancora molta ipocrisia, trasversalmente distribuita a livello sociale».
Catania. Niente parata ma tante iniziative di tutte le associazioni
Questo articolo è stato scritto il 29 giugno 2011.
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