Bergamo. Presentazione del libro “La sindrome”

  

“Siamo” solo amici significa precludersi altro. Nella quotidianità della comunità LGBT, essere solo amici è spesso indorare la pillola e evitare che la relazione con l’altro prosegua. Essere solo amici è non avere la voglia o la forza di impegnarsi con l’altro, ma concedersi dei momenti di passione fugace. E’ il “(Non)” a cambiare le cose. “Siamo solo amici” significa anche mettere le mani avanti di fronte alla paura della discriminazione, del pregiudizio. Vuol dire recitare un ruolo che troppo spesso viene imposto dalla stessa società, talvolta assai ostile, in cui uomini e donne LGBT vivono. La negazione al contrario apre la possibilità ad altro. Apre strade per l’evoluzione di un rapporto. Non solo fisico, non solo il sesso. La negazione è coinvolgimento emotivo, libertà di manifestare, senza paure, un esserci in piena consapevolezza.

La negazione definisce ancora una volta la condizione della realtà LGBT, descritta attraverso ciò che “non siamo”, “non possiamo”, “non vogliamo”. Identità negate, comunità negate, diritti negati. E’ tutto un substrato di storie quotidiane, spesso raccontato nelle opere della “letteratura di genere” contemporanea.

«(Non) siamo solo amici» riunisce autori provenienti da diverse regioni d’Italia. Una rassegna letteraria per riunire voci e sfumature del vivere la “non eterosessualità”. Un percorso in tre tappe, ospitato in tre locali differenti di Bergamo per portare la letteratura LGBT a casa dei cittadini e concedere la possibilità di avvicinarsi ad una cultura spesso censurata.

Si inizia il 25 febbraio, alle 17:00 al Caffè Letterario, con la presentazione di “Io e Tondelli”, antologia di racconti curata da Enos Rota, per proseguire il 23 marzo, alle 18:00 presso il Ribeca Social Club con “Kiss Face”, romanzo di Giorgio Ghibaudo che descrive l’adolescenza LGBT. L’ultima tappa di questa prima rassegna è prevista il 26 aprile, alle 18:00 allo Spazio Edone’, con la presentazione de “La Sindrome”, di Andrea Panza, storia tra Bari e Milano di una vittima di “una strana sindrome dal nome teutonico e impronunciabile”.


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