Maio all’Arcigay: basta ultimatum

  

Il giorno dopo la minaccia dell’assessore Enrico Pizza, di uscire dal partito se il Pd non inserisce nel suo programma elettorale una legge sulle unioni gay, nel partito si respira un bel po’ di imbarazzo e anche di stizza. La segretaria regionale, Debora Serracchiani, presa di mira dall’Arcigay perché ha ricordato che uno degli ultimi atti del governo Prodi fu il varo del ddl sui “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, leggi Dico, tace, mentre il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Agostino Maio, fa notare che «lanciando ultimatum non si risolve nulla. Per chi fa politica – sottolinea – questo è l’abc». Maio interviene perché non accetta che l’Arcigay tiri in ballo la mozione approvata due anni fa dal consiglio comunale contro i manifesti dei baci gay. «Se si pone il tema dell’attenzione ai diritti di tutti i cittadini, a prescindere dalle tendenze sessuali, noi come Pd più volte abbiamo dichiarato che su questi temi siamo allineati» aggiunge Maio convinto che anche «la proposta Pollastrini-Bindi sul riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto sia stato un atto concreto apprezzato, allora, anche da alcuni esponenti di quel mondo particolarmente attento ai diritti delle famiglie di fatto». Non a caso, Maio pone a sua volta una domanda: «Perché dire che parlare di Dico è una presa in giro?». Non lo è – sempre secondo il capogruppo del Pd a palazzo D’Aronco – perché, al contrario, «si tratta di un riconoscimento così come previsto da quella proposta che può comunque essere migliorata». E ancora: «Basta ultimatum, non capisco l’elemento costruttivo di questa polemica, mi auguro che si tratti di un’accensione di toni contingente». Detto questo il capogruppo del Pd si sofferma sulla mozione definendola, a differenza dell’Arcigay che l’ha bollata come «omofoba», una mozione «di sostegno al sindaco, Furio Honsell, nella sua azione contro l’omofobia, era – puntualizza – una manifestazione in polemica contro le polemiche scatenate dal centro-destra. Se poi – ribadisce Maio – nelle premesse ci sono state singole parole che hanno urtato la sensibilità, noi abbiamo già cercato di chiarire la posizione che non voleva affatto essere omofoba». Il capogruppo, insomma, getta acqua sul fuoco per cercare di spegnere un incendio che rischia di creare una divisione insanabile all’interno del partito. Non a caso, Maio invita l’Arcigay a «non riprendere con una certa strumentalità argomenti che in questo contesto ci portano fuori strada: stiamo parlando – conclude – del riconoscimento di diritti che in Italia non ci sono quindi manteniamo la barra dritta su questo tema». (g.p.)


  •