A ricorrere in Cassazione sono stati Mario Ottocento e Antonio Garullo

  

ROMA – Non c’è ancora in Italia una legge che permette i matrimoni omosessuali, ma questo non vuol dire che i gay abbiano meno diritti di una coppia di sposi. È la Cassazione a sostenere, in una sentenza depositata ieri, che le coppie conviventi dello stesso sesso, con una relazione stabile, hanno diritto al riconoscimento della loro «vita familiare» e quindi allo stesso trattamento garantito dalla legge ai coniugi etero. Una sentenza alla quale plaudono le associazioni omosessuali e che torna a dividere la politica.
A ricorrere in Cassazione sono stati Mario Ottocento e Antonio Garullo, entrambi di Latina, che, nel 2002, si sono sposati all’Aia, in Olanda, e hanno poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune dove risiedono, quello di Latina. Al rifiuto del certificato, quindi del matrimonio, la coppia ha fatto ricorso sia in Tribunale che alla Corte d’Appello di Roma. I due ricorsi sono stati respinti, e da lì è partita la nuova istanza per la Cassazione, dove la Prima Sezione Civile ha motivato la sua decisione – che è comunque di rigetto del ricorso.
Se è vero, dice la Cassazione, che una recente sentenza della Corte Costituzionale ha negato il riconoscimento del diritto al matrimonio di persone dello stesso sesso, lasciando al Parlamento il compito di tutelare eventualmente le unioni omosessuali con apposite norme, una recente sentenza della Corte di Strasburgo (del 24 giugno 2010) riconosce il diritto delle coppie omosessuali ad una «vita familiare» al pari delle coppie etero. Per questo, è scritto nella sentenza della Cassazione n.4184, le coppie gay «conviventi in una stabile relazione di fatto, se non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero», tuttavia hanno il «diritto alla ‘vita familiare’» e a «vivere liberamente una condizione di coppia». Tutto ciò, proseguono i giudici, con «il diritto», in presenza di «specifiche situazioni» (che non vengono dettagliate), di un «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata».
Infatti, aggiunge la Cassazione, in base all’art.12 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (recepito anche in Italia), è stata superata «la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio».
Le reazioni alla sentenza non si sono fatte attendere: da Gay Center a Equality Italia, dall’Arcigay, al Circolo Mieli dai Radicali al Pdci, Prc e Sel, tutti esultano e chiedono un intervento urgente da parte del Parlamento per adeguarsi alla normativa europea e a quanto sancito dalla Cassazione. Una sentenza «storica», l’ha definita Ignazio Marino, del Pd, secondo cui l’Italia deve ora dotarsi di una legge «che equipari i diritti e i doveri di tutte le coppie, a prescindere dall’orientamento sessuale». I Supremi giudici «hanno preso atto dei cambiamenti sociali e si sono espressi in base al diritto», ha detto Donadi, dell’Idv. «W la Cassazione e su questo abbasso Alfano», ha dichiarato della Vedova di Fli, richiamando le parole del segretario del Pdl che pochi giorni fa aveva ribadito il suo no ai matrimoni gay. Dal governo, è il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi a precisare che la questione del riconoscimento delle unioni omosessuali «non è nel programma di governo. È una questione che riguarda il Parlamento, credo che bisogna parlarne con le forze politiche».


  •