di Laura Cirella
I membri del circolo Eos arcigay Cosenza si dicono «basiti e increduli di fronte all’attacco omofobo avvenuto ieri notte davanti ad una discoteca del reggino ai danni di un ragazzo omosessuale. Secondo la ricostruzione dell’accaduto fatta dal compagno di Claudio (il giovane aggredito) – scrive l’associazione in una nota – pare che il gruppo di ragazzi sia stato dapprima allontanato da una discoteca a causa delle tenere effusioni scambiatesi da alcuni di essi, quindi avvicinati dal branco – quattro persone di sesso maschile – al di fuori di un’altra discoteca. Gli aggressori avrebbero provocando la comitiva di amici, dapprima verbalmente, attraverso offese e ingiurie, poi mimando una vera aggressione fisica. A questo punto, Claudio si sarebbe difeso verbalmente, non mostrandosi intimidito. È qui che si è concretizzato, stando al racconto, il pestaggio del giovane, il quale ha riportato danni in diversi punti del corpo – naso e mascella in particolare».
Successivamente in ospedale, dove Claudio è stato portato a seguito delle ferite riportate, alla presenza di uno dei medici di guardia che ha curato il ragazzo, un infermiere si sarebbe lasciato andare a dichiarazioni piuttosto infelici sull’accaduto. A quanto pare l’infermiere, ha redarguito Claudio dicendogli che egli avrebbe potuto reagire, piuttosto che lasciarsi picchiare e che se si fosse fidanzato con una ragazza episodi del genere non si sarebbero verificati. «Oltre al danno, dunque, la beffa», commentano dal circolo cosentino di Eos, e aggiungono: «Duole dover ancora raccontare episodi del genere, storie di ordinaria intolleranza che umiliano la coscienza civica di un’intera Regione. Come circolo arcigay non possiamo tacere sull’accaduto. È giunto il tempo di denunciare fatti del genere, invitare la classe politica a prendere posizione, scuotere una società civile troppo spesso dormiente. Noi di arcigay condanniamo senza appello ogni forma di intolleranza contro la comunità Lgbt, ancor più se tale intolleranza sfocia nella bieca violenza fisica, e chiediamo a tutti i rappresentanti del mondo istituzionale, associativo, politico, imprenditoriale di fare altrettanto. A costoro diciamo: prendete posizione!».
«Chi tace dinnanzi a fatti simili non fa che colludere con i violenti, non può non alimentare un sistema ideologico fatto di silenzi, intimidazioni, violenze che ha un solo nome e si chiama omofobia. La violenza “squadrista” di cui sono stati vittime i ragazzi reggini è solo una delle manifestazioni dell’omofobia, la più cruda, la più evidente ed esecrabile, ma non per questo l’unica. Il silenzio e il disinteresse rappresentano, invece, la base di un iceberg al cui apice sta la bruta sopraffazione fisica».
Secondo i gay cosentini «l’attacco subito da Claudio è in realtà l’emblema di un certo modo di pensare, un’ ideologia che tollera gli omosessuali fintanto che “fanno le loro cose di nascosto”, fino a quando non hanno l’ardire di esprimere apertamente la propria affettività. Gli omosessuali possono essere accettati solo se vivono sotto libertà vigilata, nel cerchio ristretto, nel cono d’ombra disegnato per essi dalla maggioranza dei “normali”. Egualmente violente, e anzi ancor più sconcertanti se si considera la fonte da cui provengono, paiono le affermazioni fatte dal personale ospedaliero che si è preso cura del giovane. Il suo invito fatto alla giovane vittima a “mettersi con una ragazza” per evitare episodi simili appare inaccettabile, esso postula il principio secondo il quale l’aggressione sia la giusta punizione per chi infrange apertamente la norma eterosessuale. A ben vedere questo ragionamento ricorda da vicino ciò che un tempo – sebbene qualcuno continui a sostenerlo tutt’ora – veniva ripetuto alle donne: non lamentarti se subirai molestie, fintanto che tu deciderai di vestirti secondo i tuoi gusti, scoprendoti, rivendicando il diritto di esprimere te stessa dovrai pagare il prezzo della tua insubordinazione. È contro questo sistema – concludono – che ci mobilitiamo, contro questa logica perversa che accusa le vittime per assolvere i carnefici che decidiamo di scagliarci. La violenza, qualsiasi violenza, nella sua cruda e volgare stupidità, non può trovare giustificazione alcuna».
«Siamo tutti Claudio»: è lo slogan con cui Sinistra Ecologia e Libertà solidarizza col giovane che ha subito l’aggressione omofoba. «L’omofobia è un cancro sociale», scrive Sel. «Leggere ciò che è accaduto al giovane Claudio fa davvero molto male. Rabbia, dolore, sconcerto, un mix di sensazioni che ti fanno gridare “ma perché?!”, anche se non esiste alcun logico e ragionevole motivo a ciò che è successo ieri sera. Perché dare un cazzotto gratuito a un ragazzo, perché insultarlo e dileggiarlo perché è omosessuale?! Ma soprattutto, una volta giunto in ospedale, laddove Claudio avrebbe dovuto sentirsi semplicemente al sicuro, perché ancora umiliarlo?! Questa storia è davvero raccapricciante».
Claudio – scrivono i vendoliani a firma di Laura Cirella, coordinatrice provinciale di Reggio – «ha subìto una doppia aggressione omofoba, una violenza discriminatoria e machista della quale questa società è intrisa fino al collo, compresa la nostra “tranquilla” cittadina, una Reggio che non si scompone mai, che non si indigna né si stupisce di fronte a nulla. Non so se mai sono accaduti fatti analoghi a Reggio; mi fa pensare che questo drammatico fatto sia accaduto adesso che sta crescendo pian piano la mobilitazione e l’attenzione per i diritti civili e che le tematiche lgbt cominciano ad essere discusse di più, ora che si sta cercando di rompere il velo del silenzio e si sta cominciando a pretendere attenzione, anche dalla politica e dalle istituzioni. La politica e le istituzioni però devono rispondere».
«Dalla politica – si legge ancora nella nota – è giusto pretendere azioni concrete tese alla diffusione di una cultura del rispetto e della non discriminazione. Urge una legge nazionale contro l’omofobia, più volte affossata in Parlamento, e l’impegno ad adoperarsi per il raggiungimento di una società normale. Si normale. Perché quello che è accaduto a Claudio non è normale. Chi lo ha picchiato così come chi gli ha barbaramente consigliato di recarsi da uno psicologo per “curare” la sua omosessualità sicuramente ne necessita in prima persona, di uno bravo!, come si suole dire in questi casi. Sento di riporre fiducia nelle forze dell’ordine e mi auguro che chi ha insultato, picchiato e umiliato Claudio venga perseguito per i reati che ha commesso. Ritengo che immediati provvedimenti debbano essere presi nei confronti del personale paramedico che ha assistito Claudio in ospedale riservandogli nuovi insulti e nuova violenza, questa volta psicologica ma ugualmente dolorosa come il cazzotto ricevuto poco prima. Non è minimamente accettabile che un infermiere si lasci andare ad esternazioni omofobe trattando Claudio come un malato perché omosessuale. L’omosessualità non è una malattia. L’omofobia lo è. E’ un vero e proprio cancro sociale. La dirigenza degli Ospedali Riuniti deve dare una risposta a Claudio e a tutti noi e deve intraprendere immediatamente tutte le azioni necessarie, anche disciplinari, affinché ciò che è accaduto non si verifichi mai più. A Claudio – conclude la nota – va la nostra totale vicinanza, solidarietà e ammirazione per la forza che ha dimostrato nel denunciare pubblicamente ciò che gli è accaduto. Tutti coloro che ogni giorno si battono per una società dove tutti gli esseri umani siano liberi ed eguali in dignità e diritti oggi si sentono feriti e offesi. Per questo non possiamo che dire con forza che siamo tutti Claudio».