“MATRIMONIO GAY? È PER ETERO, INVENTATE ALTRO”

  

di Wanda Marra
Il matrimonio tra gay? “Inventatevi un istituto vostro”. Parola di Rosy Bindi che evidentemente ormai quando si parla di quest’argomento perde la testa. È successo anche ieri alla Festa democratica di Genova. Un dirigente di Arcigay, Valerio Barbini, davanti ai microfoni dei giornalisti le ha chiesto: “Mi può dire perché non vuole che io mi sposi?”. E lei ha risposto: “Io ti auguro di fare quello che vuoi nella vita, ma in questo Paese c’è la Costituzione. Il matrimonio è un istituto che è stato pensato storicamente per gli eterosessuali. Potreste avere più fantasia per inventarne uno vostro”. Questa nuova declinazione dell’orgoglio gay, che dopo l’outing di Nichi Vendola sta diventando contagioso, per la Bindi dev’essere una prova decisamente difficile. “Non voglio stare in un acronimo, come i Pacs o i Dico. A 54 anni mi voglio sposare con il mio compagno”, le aveva sbattuto in faccia Nichi Vendola alla Festa democratica di Reggio Emilia. Lei aveva risposto rifugiandosi nella recente sentenza della Corte Costituzionale che prevede sì le unioni civili, ma non i matrimoni. In quell’occasione aveva anche provato a strappare la solidarietà della platea: “Da quando mi hanno attaccato i gay e pure i vescovi, vado in giro con la sentenza della Corte. Leggetela, è così come dico io”. Ma evidentemente l’incapacità di far assumere il suo punto di vista, deve averle fatto saltare i nervi. D’altronde, la presidente del Pd è sotto pressione da mesi per questa questione: a giugno l’Assemblea nazionale, per la sua scelta di non mettere al voto il documento in cui si ipotizzava non il matrimonio omosessuale, ma un percorso in questa direzione, aveva provocato 38 no al documento della segreteria (quello che parlava di unioni civili), nonché una vera e propria rissa a cielo aperto, tra deleghe stracciate e tessere restituite a Bersani, nell’incredulità dei maggiorenti del partito seduti al banco della presidenza. Non l’aveva presa bene neanche in quell’occasione la Bindi: “È un anno e mezzo che lavoriamo con il Comitato dei 30 e mi sembra di aver raggiunto una posizione molto avanzata”, si era difesa con veemenza in toscano stretto e agitando il ciuffo ribelle. Ma quando poi, qualche giorno dopo, aveva provato a ribadire che quello del Pd rappresentava un passo avanti verso i diritti alla Festa democratica di Roma, si era trovata fischiata e contestata dalla platea: un gruppo di attivisti pro-gay l’aveva accolta al grido di “omofoba”. Anche in quel caso, alla fine non era riuscita a mantenere la calma: “Lo vedete perché non otterrete mai niente in questo Paese? Io ci ho messo la faccia tante volte su questo e continuerò a mettercela”. Ma davanti alla rivendicazione esistenziale, inaugurata da Vendola, la Bindi si deve essere sentita priva di difese, fino all’esasperazione, fino a quell’ “inventatevi un’altra cosa” pericolosamente liberatorio.


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