Registro delle coppie di fatto Pisapia: Milano imiti Tel Aviv

  

Più di duecento coppie hanno chiesto informazioni
In otto ore al secondo piano di via Larga sono arrivate 150 telefonate e 57 mail. Per chiedere informazioni, la maggior parte. Quarantasei milanesi avevano però le idee già chiare e al centralino dell’ufficio comunale per le unioni civili si sono rivolti per fissare un appuntamento in vista dell’iscrizione: sono 31 coppie eterosessuali e 15 omosessuali. Già sold out, la prima giornata, quella di lunedì prossimo: 18 «appuntamenti» di cui 4 coppie gay. Il primo che con il suo compagno si presenterà lunedì allo sportello sarà Paolo Hutter, già consigliere comunale e «officiante» 20 anni fa dei primi, simbolici matrimoni gay in piazza della Scala. «Sono contento», dice ora: «Questa volta non celebrerò, ma diciamo che sarò “celebrato”». Allo sportello, raccontano dal Comune, s’è affacciata anche una coppia di anziani non sposati: erano incuriositi, volevano capire, informarsi. «Molte anche le telefonate arrivate da fuori Milano». Soddisfatto per il debutto del registro anche l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino: «Sono numeri importanti, evidentemente la questione non era tanto marginale». Di più. Dice Majorino che presto il Comune porrà «l’iscrizione al registro come condizione per avere accesso a contributi per sostegno al reddito per giovani coppie». Milano, insomma, «andrà avanti». Giuliano Pisapia, in trasferta in Israele, affida invece al quotidiano locale Yedioth Ahronoth il suo pensiero sul tema. E indica in Tel Aviv, una delle capitali mondiali del movimento gay, un modello per Milano. «Non è un caso che abbiamo recentemente aggiornato la legge circa i matrimoni civili anche per coniugi dello stesso sesso. È un fatto di parità di diritti», dice il sindaco nell’intervista. «È importante, certo, ma non è la rivoluzione copernicana». È il pensiero invece di Mario Mori, presidente dell’Arcigay a Milano, che si dice «piacevolmente stupito» dai numeri delle prenotazioni nel primo giorno del registro ma non esulta: «Non vorrei che si perdesse troppo tempo in cerimonie dice e che la gente si accontentasse di questo: l’obiettivo resta il matrimonio civile». Mori, dal canto suo, a iscriversi ci sta pensando, «ne discuto da giorni con il mio compagno», ma insiste sulla «vera battaglia» per gli omosessuali: «poter scegliere, anche di sposarsi». Luigi Amicone, direttore di Tempi, rivista vicina a Comunione e liberazione, dice che la giornata «non lo lascia indifferente». «Rispetto le scelte di un sindaco eletto dal popolo, ma la decisione è ideologica e non avrà grande impatto. Di certo iscriversi al registro non cambia la vita delle coppie e della famiglie. Non mi sembra conclude Amicone che nelle altre città le persone si accalchino per potersi iscrivere. Si tratta di un escamotage per dare un riconoscimento alle coppie dello stesso sesso. Niente di più». Massimo Rebotti Andrea Senesi


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