di Igor Cipollina
Tutti presenti, a metterci faccia e opinioni (anche controcorrente). Tutti tranne il Pdl, «che non ha avuto nemmeno il garbo istituzionale di dire no, grazie». E così, disertando il dibattito dell’Arcigay con i candidati mantovani, il Popolo della libertà scivola sui diritti delle coppie omosessuali. Terreno minato. Assente giustificata l’Udc, con il segretario Carlo Bottani che ha offerto la disponibilità per un confronto altro, prossimamente. Giustificata ma mica tanto a giudicare dal disappunto di Davide Provenzano, presidente di Arcigay: l’opinione dei cattolici militanti non è irrilevante in un Paese «confessionale». Un’Italia arretrata, che ha sempre messo i diritti civili in coda all’agenda politica. «Per lo Stato siamo dei fantasmi – denuncia Provenzano – Fortuna che in campagna elettorale torniamo a essere interessanti». Tradotto in voti, fanno almeno 1 milione di elettori. La stima è per difetto, visto che conta soltanto gli omosessuali dichiarati (fonte Istat). Poi c’è il sommerso. E ci sono anche i bisessuali e i transgender. Paese arretrato e confessionale, l’Italia, distante anni luce dalla Francia («siamo vicini al baratro» ha commentato il presidente della Cei Angelo Bagnasco riferendosi al primo sì dell’Assemblea nazionale ai matrimoni gay). In parlamento la proposta di legge contro l’omofobia e la transfobia è stata bocciata per tre volte, l’ultima lo scorso novembre. Ed è proprio da questa evidenza che muove il dibattito al Cinema del Carbone, condotto dalla giornalista Sabrina Pinardi. Al tavolo sono schierati i candidati Luigi Gaetti (Movimento 5 Stelle), Sergio Beschi (Psi), Elena Magri (Sel), Federica Tommasini (Fare per fermare il declino), Fiorenza Brioni (Pd), Gianni Fava (Lega Nord), Giuseppe Montorsi (Rivoluzione civile Ingroia). Ma la sala è affollata da tanti altri candidati. Gaetti informa che il suo movimento si è già messo al lavoro con gli avvocati della comunità lgbt (lesbian, gay, bisexual, transgender) per confezionare tre proposte di legge contro l’omofobia. Che non può essere considerata soltanto un’aggravante. Montorsi non può sbottonarsi più di tanto, una posizione di partito ancora non c’è, il programma è in elaborazione. Schietto e navigato, Fava ammette che all’interno della Lega convivono sensibilità distanti. Lui si professa di estrazione laica, aperto in materia di diritti agli omosessuali, ma non può parlare a nome del partito. E comunque la proposta contro l’omofobia nasceva azzoppata: «Sbagliati il metodo, il contenitore (la legge Mancino del 1993, ndr) e il momento». Appassionata la Brioni, che insiste sull’arretratezza del Belpaese e ostenta un Pd compatto: «Per i democratici il femminicidio, l’omofobia e la transfobia sono crimini contro la persona, è sul tema dei diritti che si verificano l’identità e la cultura». Plauso della Magri, che rispolvera la Costituzione (articolo 3). Fare per fermare il declino nasce come reazione all’emergenza economica e sociale, sui temi etici sospende il giudizio («meglio non strumentalizzarli»). Beschi lancia il suo cuore socialista oltre l’ostacolo e annuncia già la riforma costituzionale che introdurrà il matrimonio gay. A proposito. «Personalmente sono favorevole al riconoscimento delle unioni, la questione non deve essere un tabù – sostiene Fava – L’estensione dei diritti trasmissibili è sacrosanta, serve una regolamentazione. Però serve onestà, il Pd non può ostentare un’unità che non esiste. Ricordo solo tre nomi, Fioroni, Bindi e Miotto». Difficile mettere d’accordo veterocattolici e postcomunisti. Nemmeno il sindaco Brioni ci riuscì nel 2006, quando Ds e Margherita uscirono dall’aula e il registro delle unioni civili naufragò.
Mantova. La gaffe del Pdl Disertato il dibattito sui diritti dei gay
Questo articolo è stato scritto il 5 febbraio 2013.
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