Il sì (solo simbolico) di 60 coppie gay all’ombra del castello

  

«Non è una carnevalata, ora la legge»
MANTOVA – Fumogeni e petardi al posto di riso e confetti. Forza Nuova ci ha provato, a guastare la festa al matrimonio gay sotto il torrione del Castello di San Giorgio. Una ventina di manifestanti di estrema destra, non invitati, ha fatto irruzione al grido di «Matrimonio gay funerale d’Italia». Dieci minuti di tensione, ma nessun tafferuglio: la cortina di poliziotti ha evitato contatti tra gli attivisti di Arcigay e delle altre associazioni promotrici (tra le tante Arci e Amnesty International) e i contestatori, e alla fine gli applausi degli oltre 300 invitati a nozze (una sessantina le coppie a pronunciare il sì) hanno prevalso sul baccano di urla e petardi. L’ha avuta vinta la cerimonia, un matrimonio civile (celebranti i consiglieri comunali Giovanni Buvoli e Fiorenza Brioni, l’assessore provinciale Elena Magri e il sindaco di Pegognaga Dimitri Melli) senza alcun effetto se non quello simbolico, organizzato per chiedere la tutela giuridica delle famiglie omosessuali, a partire dal matrimonio. Evento criticato da qualcuno per la concomitanza con il «Giorno del ricordo» per le vittime delle foibe, e definito una «carnevalata» dal sindaco di Viadana Giorgio Penazzi. «Non è un carnevale ha ribadito ieri Davide Provenzano, presidente del comitato locale Arcigay “La Salamandra” perché non c’è niente da festeggiare, piuttosto c’è un vuoto giuridico da colmare». «Quella di oggi gli ha fatto eco Valerio Barbini della segreteria nazionale di Arcigay è l’espressione di un bisogno, perché la vita delle persone non aspetta». Non può più aspettare l’amore di Pierpaolo, medico 43enne, e di Gabriele, insegnante di 38 anni, eleganti in abito da cerimonia nero. Vivono insieme da quindici anni: «Ogni momento è una crescita racconta Pierpaolo non cambierei un solo giorno trascorso insieme». Un bambino? «Ci piacerebbe, come a quasi tutte le coppie». C’è chi, nell’attesa, un passo l’ha fatto: Lorenzo e Riccardo, impiegati di 40 e 46 anni, fidanzati da dieci anni e conviventi da sei, l’8 ottobre 2011 si sono detti sì di fronte a un pastore valdese, non un vero e proprio matrimonio religioso ma una benedizione: «Ora aspettiamo che arrivi la legge per ufficializzare la nostra unione». Mauro, infermiere di 49 anni, e Sergio, impiegato 46enne, entrambi bresciani, dallo scorso luglio sposi lo sono già, ma per la legge spagnola. Madrid ha coronato il loro sogno, dopo 25 anni di convivenza: «Abbiamo festeggiato le nozze d’argento prima di sposarci». In fila per le nozze simboliche anche tante coppie etero, già sposate e non. Come Benedetta e il suo neo-marito Ton, catalano: il vero sì l’avevano pronunciato in municipio il giorno prima, sabato pomeriggio, ma per niente al mondo avrebbero rinunciato al sì tra tulipani bianchi e bandiere arcobaleno. Sabrina Pinardi


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