Assediato dai cronisti, che ieri hanno dato la caccia a tutti quelli che avessero un qualche titolo per parlare delle dimissioni del Papa, l’elettricista Angelo Mosca, che gli andava da 15 anni a mettere a posto le lampadine in casa, ha detto questo: «È un uomo stanco, distrutto: i suoi collaboratori mi dicono che va a letto a mezzanotte e si sveglia alle quattro. A 86 anni nessuno può reggere certi ritmi. I suoi collaboratori mi avevano già detto che era molto stanco, sfinito, provato fisicamente». Angelo ricorda con le lacrime agli occhi che Ratzinger, Papa da due mesi, lo invitò a sentir messa nel suo appartamento. Era di martedì, ore 7 di mattina, lui e la moglie Wanda si ritrovarono soli, in quel piccolo spazio sacro, col Sommo Pontefice. 1 Com’è stato il discorso…? Mi lasci finire. In Borgo Pio, dove abitava il Papa, c’è un ristorante che si chiama Venerina. La signora Venerina ospitava il cardinale Ratzinger quando aveva ospiti. Spesso non aveva posto (il segretario Georg: «Ma lei lo sa chi è Ratzinger?», Venerina: «Che posso farci se non ho posto?»), quando riusciva a sistemare tutti serviva al futuro pontefice fettuccine con gamberetti, zucchine e zafferano. Sapeva che la mamma di Benedetto faceva la cuoca? Il padre era poliziotto. Dice Venerina: «Giorgio, cioè padre Georg, un mese fa mi ha raccontato che il Papa stava bene, ma che era molto, molto stanco. Governare la Chiesa di questi tempi richiede tanta forza. Lui è un uomo intelligente, riservato, timido. Quando ci incontravamo, mi abbracciava. La decisione di lasciare deve aver richiesto tanta forza d’animo. Anche tanta sofferenza». È vero che il Papa arrossiva con grande facilità, e che, potendo, preferiva star solo a meditare. La scelta di dimettersi ha provocato un duro giudizio del cardinale di Cracovia, Stanislaw Dziwisz: «Dalla croce non si scende». Dziwisz era segretario di Wojtyla, gli restò vicino fino all’ultimo. Anche Ratzinger vide la lunghissima agonia di Wojtyla, un Papa reso storto dai mali del corpo. Proprio per aver visto questo, forse, ha deciso di lasciar perdere. 2 Volevo chiederle del discorso con cui s’è congedato. Ieri mattina, alle 11.40, davanti al Concistoro convocato per decidere su tre beatificazioni, parlando in latino. Non se l’aspettava nessuno, a parte, forse, il cardinale Scola, che poi l’ha abbracciato. «Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua Santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio». 3 Dove andrà? A Castelgandolfo prima, poi nel monastero di clausura che sta dentro San Pietro. Non parteciperà al conclave. Un documento anonimo, in lingua tedesca, diffuso dal Brasile un anno fa annunciava la caduta di Ratzinger e faceva il nome del successore che lui stesso aveva prescelto, cioè l’arcivescovo di Milano, cardinale Scola. Ieri giravano i primi nomi dei successori, cardinali africani o canadesi o francesi o italiani. Per il momento si tratta di esercizi destituiti di ogni fondamento. Nessuno ha avuto il tempo di parlare con nessuno, nemmeno i bookmakers, che stanno comunque già accettando le scommesse sul successore. 4 È il secondo papa che si dimette, no? Dopo Celestino V… No, è il settimo. Dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Celestino V, Gregorio XII (che lasciò il 4 luglio 1415). Celestino V è il più famoso per via di Dante che, senza nominarlo, lo mise all’Inferno, tra i vili. La Chiesa invece lo ha fatto santo, e Benedetto XVI, in visita a Sulmona nel 2010, ne esaltò la spiritualità. Una delle tante premonizioni su quello che è successo ieri. Nel libro La luce del mondo Ratzinger disse a Peter Seewald: «Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi». 5 Reazioni? Quelle che può facilmente immaginare. La Cina non ha neanche dato la notizia. La Bild ha titolato: «Il nostro Papa Benedetto si dimette». La teologa Marinella Perroni vede nelle dimissioni del Papa una nuova definizione del pontificato, non più legato a questo punto alla durata in vita del Pontefice. Il teologo Vito Mancuso, che di questo papa è stato un avversario, ha giudicato la rinuncia un gesto «schietto, moderno». Flavio Romani, presidente del circolo Arcigay, è contento che sia uscito di scena: «Benedetto XVI non ci mancherà: è un Papa nemico dei diritti e dell’uguaglianza, per anni megafono di omofobia e discriminazione. Ha provocato inutili sofferenze a migliaia di gay, lesbiche e trans, e alle loro famiglie».
Il Papa lascia: «Sono stanco» Un simile gesto si poteva prevedere?
Questo articolo è stato scritto il 12 febbraio 2013.
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