E così il Decreto Sicurezza detto anche Decreto Salvini è arrivato a destinazione. Approvato alla Camera in via definitiva martedì 27 novembre, è soprattutto in materia di immigrazione che il decreto interviene in maniera decisiva, attraverso delle nuove norme che di fatto allargheranno la rete di immigrati irregolari e con essa le maglie della marginalità e della microcriminalità. Ma proviamo a vedere in sintesi che cosa cambia e come questi cambiamenti possano determinare ulteriori difficoltà per i migranti lgbti+. Persone già ai margini di un sistema di accoglienza che a oggi fatica a riconoscerne lo status, che non è in grado di affrontare il fenomeno in maniera sistemica e non ha gli strumenti per garantire ai migranti lgbti+ contesti protetti e non discriminanti.
Ecco ciò che il Decreto Salvini ha tolto e a ciò che introdotto.
In primis non esisteranno più i permessi di soggiorno per motivi umanitari, spesso concessi a coloro che ricevono in prima battuta diniego alla richiesta di protezione internazionale, ma che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”. Uno strumento fondamentale per il richiedente asilo lgbti+ che fino a ora ha usufruito di questa misura. Spesso le commissioni territoriali rispondo con dinieghi alle richieste di asilo per motivi di orientamento sessuale e/o identità di genere, adducendo come motivazione l’incoerenza dei racconti e la mancanza di prove documentali. Come se fosse possibile dimostrare di essere persona lgbti+ quando si proviene da Paesi nei quali si è costretti all’invisibilità. Ma non è finita qui: si raddoppiano i tempi di permanenza nei Cpr (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) si allunga la lista di reati per i quali può essere revocato lo Status di rifugiato, si svuota di significato il sistema Sprar, che è il sistema di accoglienza ordinario, gestito dai Comuni, al quale potranno accedere solo i titolari di protezione internazionale(una percentuale bassissima rispetto al numero di richiedenti complessivo) o i minori non accompagnati. Pertanto de facto, l’accoglienza sarà gestita dal sistema straordinario ovvero i Cas (Centri di Accoglienza Straordinari) e i Cara. Nel nuovo sistema di accoglienza ordinario e straordinario non è previsto nessun percorso di inclusione sociale quali corsi di alfabetizzazione, percorsi formativi e di inserimento al lavoro (tirocini formativi) e azioni di sostegno alla persona ( per esempio colloqui con piscologi). Chi gestisce l’accoglienza dovrà limitarsi al soddisfacimento bisogni primari (vitto e alloggio) a fronte di una riduzione del 50% delle risorse economiche destinate ad azioni rivolte ai migranti. Viene meno il principio secondo il quale l’inclusione produce sicurezza a favore di un’idea perversa secondo la quale la sicurezza si raggiunge tenendo le persone ai margini del tessuto sociale, in una condizione di inattività e improduttività. Coloro che noi accogliamo e che fino ad oggi abbiamo cercato di accogliere con dignità, nonostante tutte le falle di sistema, sono un esercito di sopravvissuti ad un olocausto di cui nessuno di noi vuole sentirsi responsabile. Sopravvissuti in cerca di una vita nuova, con tutto il carico di dolore, senso di colpa, trauma che accompagna l’esistenza di chi ha avuto la fortuna e l’onere di farcela a scapito di altri, più fragili. Ed è in questo contesto che si apre una questione nella questione e che riguarda una categoria di migranti particolarmente vulnerabile quali sono le persone che fuggono dai Paesi di origine a causa del proprio orientamento sessuale e/o identità di genere. La categoria di migranti con i quali Arcigay si misura quotidianamente, attraverso il lavoro volontario nei propri comitati territoriali, attraverso gli sportelli di accoglienza e le reti di sostegno create con chi nei territori ha gestito fino ad ora il sistema Sprar.
I migranti lgbti+ sono gli invisibili, coloro che hanno subito persecuzione e violenza nel paese di appartenenza; sono persone che nella maggior parte dei casi non possono contare nemmeno sul sostegno morale e affettivo della propria rete familiare e amicale che li ha per primi respinti e abbandonati. I migranti lgbti+ continuano a subire discriminazione e violenza anche in Italia, negli stessi centri di accoglienza nei quali dovrebbero essere tutelati . Subiscono discriminazione e violenza spessp da parte delle loro comunità di appartenenza che ripropongono il modello culturale del Paese di origine. Da parte di altri migranti che si portano dietro un bagaglio di omofobia e transfobia difficilmente decostruibile. E trovano in Italia un sistema di accoglienza che non è pronto e formato per affrontare la questione, che solo da poco si misura con il fenomeno della migrazione legata all’orientamento sessuale ed affettivo e/o all’ identità di genere. Se già le condizioni di vita delle persone lgbti+ erano complesse nello Sprar, ora che l’accoglienza di riduce all’emergenza e al solo soddisfacimento dei bisogni primari, cosa ne sarà delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali, delle persone transgender le cui narrazioni già oggi sono difficilmente dimostrabili e sono considerate sempre meno attendibili? Tra le nuove misure, sarà introdotto l’elenco dei Paesi considerati sicuri per i quali i dinieghi saranno giustificati dall’infondatezza della richiesta di protezione internazionale. Ma sappiamo bene che non esistono Paesi sicuri quando la persecuzione avviene nei confronti delle persone lgbti+ perché spesso non sono sicuri nemmeno i propri nuclei familiari. Perché a volte non siamo sicuri nemmeno nei Paesi nei quali i nostri diritti sono garantiti per legge. E adesso che tra le ipotesi per qualificare una domanda “manifestatamente infondata” rientrano le persone che hanno reso dichiarazioni incoerenti, che hanno reso informazioni false o documenti falsi, cosa succederà alla maggior parte dei richiedenti lgbti+ che già ora si vedono spesso respinte le domande a causa di narrazioni considerate non veritiere? Non possiamo negare il fatto che esista un fenomeno sempre più diffuso di false richieste d’asilo in quanto persone lgbti+ , ma questo non può che danneggiare chi davvero fugge perché perseguitato.
E’ pertanto un nostro dovere morale, soprattutto in una fase storica e politica come questa, consolidare un network di sportelli di ascolto dei bisogno, di orientamento e di supporto, fatto di volontari adeguatamente formati, che agiscano secondo prassi e linee guida definite, fatto, là ove possibile di nostre attiviste e attivisti che possano mettere la propria professionalità al servizio dell’associazione. Questo è il tempo di assumersi la responsabilità di poter giocare un ruolo importante nel percorso di inclusione sociale del migrante lgbti+ facendo rete con quel sistema di accoglienza territoriale che oggi esce depauperato da questo decreto sicurezza, ma che dovrà trovare il modo di risollevarsi anche attraverso nuove sinergie e rinnovate relazioni.
Manuela Macario Responsabile lavoro e marginalità