Da "L’Espresso Online"
Un Fassino imbarazzato e un folto gruppo di pacifisti che hanno lasciato la sala delle riunioni per protestare per la mancata presa di posizione contro la guerra ‘amerikana’. A Riccione, dove ai primi di febbraio si è tenuto il congresso dell’Arcigay, se ne sono viste delle belle. Il segretario dei Ds che non sapeva come eludere un domanda chiara e tonda ("Perché in sei anni di governo non avete fatto nulla per noi?") e un plotone di militanti pronti a scatenare una guerra di guerriglia pur di far passare una mozione esplicitamente pacifista. Ha avuto un bel da fare Sergio Lo Giudice, presidente riconfermato dell’Arcigay, per non far andare tutto in vacca. Hanno avuto un bel da fare anche il presidente onorario Franco Grillini e il neonominato segretario nazionale Aurelio Mancuso. A questo punto, dopo che i bollenti spiriti si sono un po’ raffreddati, si può chiedere a Lo Giudice di raccontarci questo congresso romagnolo.
Qual è il dato più rilevante che è emerso dalle giornate di Riccione?
"Intanto il buono stato di salute dell’associazione: la consapevolezza che Arcigay è un’associazione solida, unita, nella pluralità delle opinioni, da un progetto comune, radicata sul territorio e più matura sul piano politico. Dai circoli territoriali va emergendo un nuovo gruppo dirigente con idee chiare e spirito combattivo. Nei prossimi tre anni ne faremo delle belle".
Quali sono le novità più forti?
"Prima di tutto il progetto di riorganizzazione dell’associazione: il salto verso un’organizzazione di stampo europeo, che progetti il suo intervento sul territorio contando su uno staff politico e organizzativo, promuova la messa in rete delle esperienze locali, produca progetti, offra nuovi servizi ai centomila soci superando il divario fra i circoli politico-culturali e il circuito aggregativo. Sono già in campo alcune proposte concrete: una campagna per la diffusione gratuita di profilattici nei locali, la partecipazione a nuovi progetti dell’Unione Europea, la predisposizione di corsi di formazione per gli operatori dei circoli. Sullo sfondo, un obiettivo ambizioso: contribuire alla costruzione di un’identità piena, felice, completa da parte dei gay e delle lesbiche".
Quale saranno le linee guida della politica dell’Arcigay nel prossimo futuro?
"Il congresso ha rimarcato in modo chiaro un punto: l’autonomia dell’Arcigay da ogni schieramento politico. Arcigay ha come suo impegno prioritario la difesa dei diritti negati di gay e lesbiche, accanto a quelli delle persone transessuali, diritti destinati ad essere emarginati se il movimento glbt, nelle sue varie articolazioni, non li porrà direttamente al centro della propria azione. Sappiamo che in alcune realtà del movimento serpeggia la tentazione di subordinare l’impegno per i diritti delle persone omosessuali a una più generale lotta antisistema all’interno del movimento di critica alla globalizzazione. Noi abbiamo ribadito che, coerentemente con i principi generali sanciti dal nostro statuto, pace, libertà, antirazzismo, solidarietà, diritti civili, in quel movimento vogliamo starci, ma portando la ricchezza della nostra specificità.
La fine della discriminazione antigay, lo scardinamento del monopolio eterosessuale sull’istituto del matrimonio, la proposizione di modelli di coppia basate sulla reciprocità e non su rapporti di potere sono in sé obiettivi il cui conseguimento produrrebbe una rivoluzione culturale: questo è il compito che ci poniamo. D’altra parte, la presenza nel nostro tessuto associativo di sensibilità diverse sul piano politico, culturale, religioso, fa dell’Arcigay un movimento post-ideologico assai moderno proprio per la trasversalità dei suoi temi rispetto alle tradizioni politiche del Novecento e per la portata radicalmente innovatrice dei suoi obiettivi. Autonomia, va da sé, non significa per noi isolamento, ma ricerca di alleanze sui temi specifici.
La coalizione di centrosinistra che ha governato il paese per cinque anni, per intenderci, ha lasciato un senso di forte delusione nel movimento. Abbiamo apprezzato molto la presenza a Riccione di Piero Fassino, primo segretario del maggiore partito della sinistra ad intervenire ad un nostro congresso: tuttavia, non abbiamo sentito nelle sue parole un chiaro impegno sui nostri temi. In queste condizioni, niente può darsi per scontato".
Che tipo di rapporto intendete avere con il governo di centro-destra. Ritenete possibile aprire un tavolo di discussione con alcune forze governative? Avete avuto segnali di apertura da parte loro?
"Noi con questa maggioranza vogliamo confrontarci, perché fa parte del nostro ruolo e di certo non lasceremo niente di intentato. La Spagna di Aznar ci insegna che in certi casi le amministrazioni di destra sono disponibili ad affrontare in modo serio la questione dei diritti delle persone omosessuali. In Italia i segnali non sono certo incoraggianti. Al nostro congresso non ha partecipato nessun politico del centrodestra, nonostante numerosi inviti. Il governo, d’altra parte, non sembra impegnato ad ampliare i diritti dei cittadini, anzi… Alcuni segnali di apertura, comunque, ci sono e non li sottovalutiamo. Il presidente del Senato Marcello Pera ci ha inviato un bel saluto in cui definisce il nostro congresso "una occasione per esaminare la effettiva attuazione dei fondamentali principi di libertà individuale e di pari opportunità dai quali la nostra società non può prescindere". Gli stessi concetti sono stati ribaditi dal capo della segreteria tecnica del Ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo, che ha annunciato l’imminente ricostituzione della Commissione per i diritti di gay e lesbiche voluta da Laura Balbo e Katia Belillo. Staremo a vedere".
Ritiene possibile trovare alleanze con altre forze politiche gay? E se sì, quali?
"Arcigay si sente parte di un più vasto movimento gay, lesbico, bisessuale e transessuale italiano. Ma un movimento è un luogo in cui convergono differenti culture, visioni del mondo, strategie politiche: su alcuni punti, come l’organizzazione dei Pride, è necessario marciare uniti. Su altri, le differenze di modalità d’intervento e di strategia politica va considerata un elemento di ricchezza e non di contrasto. Alcune realtà del movimento (da Arcilesbica al Mit, dal circolo Mario Mieli di Roma ad Arcitrans, dal Coordinamento dei gay credenti ai gay dell’Unione Atei) sono già oggi nostri fidati compagni di strada. Se con altri ci sono diversità di vedute, viva la differenza…".