Erano veramente altri tempi quando, nel 1992, il comune di Bologna previde la possibilità che al bando per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica potessero concorrere anche le coppie di fatto, comprese quelle gay ( "un atto di giustizia sociale" lo definì l'allora assessore alla casa Claudio Sassi), sollevando una polemica nazionale.
Altri tempi. Da allora Bologna si è dotata di uno strumento di registrazione delle coppie di fatto, attraverso l'ordinanza del sindaco Vitali che, nel '97, stabiliva il pieno riconoscimento delle cosiddette "famiglie affettive", in conformità alla legge anagrafica, e prevedeva il rilascio di una relativa attestazione.
Nel frattempo tantissime altre città italiane ( fra cui la Milano di Albertini) hanno seguito l'esempio di Bologna adottando regolamenti non discriminatori.
"Non vorremmo che il sindaco Guazzaloca – continua Lo Giudice – dopo avere risolto in modo positivo la questione della sede alla comunità gay bolognese, compisse adesso una giravolta integralista offrendo un cadeau al cardinale Biffi (che allora fu acerrimo oppositore di quel provvedimento) e al partito di Gianfranco Fini, a cui ieri è andato a rendere omaggio".
"Chiediamo al sindaco di Bologna e all'assessore all'urbanistica Carlo Monaco (che all'inaugurazione della Salara ha espresso intenti di laicità) – conclude Lo Giudice – di rivedere questa odiosa esclusione che riporta indietro di dieci anni le lancette della storia civile di Bologna. Ci appelliamo anche ai sindacati e a tutte le forze politiche affinché siano al nostro fianco perché venga eliminata dal nuovo regolamento quella che rappresenta una discriminazione formale e sostanziale verso le persone omosessuali".