Introduzione
a. Gli impegni del ’98
Il documento approvato dallo scorso congresso, Diritti in Movimento, sottolineava sin dal nome la necessità di muoverci su un doppio binario.
In primo luogo una ridefinizione del nostro ruolo nel movimento omosessuale italiano: una realtà sempre più dinamica, variegata e in espansione, su cui Arcigay rinunciava a tentazioni monopolistiche, ma rispetto alla quale sapeva di avere ancora un ruolo di primo piano da giocare.
Avevamo indicato, a questo scopo, una griglia di impegni per riformare la struttura dell’Arcigay e le sue modalità d’azione: una crescente collegialità nella gestione dell’associazione, il perseguimento di una sua maggiore organicità, la valorizzazione delle risorse locali, della rete dei consultori, delle iniziative culturali, del circuito ricreativo, il potenziamento dell’informazione interna e verso l’esterno, l’incremento della progettualità a livello locale, nazionale ed europeo.
Come secondo obiettivo ci proponevamo di mettere a frutto sul piano politico una presenza sociale sempre più radicata e forte, per supportare con le necessarie riforme legislative la rivoluzione culturale in atto ormai da parecchi anni nel paese reale ma ancora impedita nel suo pieno sviluppo dalla vischiosità dei pregiudizi sociali, dell’omofobia diffusa, degli integralismi e dei conservatorismi.
Consolidare il ruolo politico del movimento omosessuale significava sia coltivare la capacità di mobilitazione e di protesta di piazza, sia consolidare il ruolo di lobby, intesa come gruppo di pressione politica ed elettorale sulle istituzioni per il riconoscimento dei nostri pieni diritti di cittadinanza, nel quadro segnato già nel 94 dalla risoluzione del Parlamento europeo
Un ruolo, quindi, sociale e politico insieme, segnato da una forte autonomia da partiti e schieramenti politici ed orientato a modificare la situazione concreta delle persone omosessuali nel paese, a fianco di quanti, singoli o associati, perseguano i nostri stessi obiettivi di laicità dello Stato, di difesa delle libertà individuali, di coesione sociale.
b. Un’organizzazione da consolidare
Se tre anni fa il movimento viveva una turbolenta fase di transizione che rendeva difficile tracciarne la rotta, questi tre anni sono stati anni di grandi cambiamenti, che hanno costretto ad aggiornarla, quella rotta, a fare i conti con contesti nuovi oltre che con le antiche difficoltà.
Ciò nonostante, una verifica degli obiettivi che ci eravamo dati mostra che abbiamo fatto fare a questa associazione un pezzo di strada significativo, anche se tanta ancora ne rimane.
La collegialità delle decisioni, la trasparenza dei bilanci, l’assunzione di responsabilità tematiche da parte dei componenti della segreteria nazionale non sono rimaste parole sulla carta, ma tratti caratteristici dell’associazione.
L’Arcigay del 2001 è un’associazione più solida di quella del ’98. E’ cresciuto il numero delle città in cui è presente un nostro circolo politico: Bolzano, Viterbo, Siena, Cesena, Modena, Cosenza hanno per la prima volta una Arcigay locale. In altre città, come Torino, Verona, Padova, Roma, Venezia l’Arcigay è rinata dopo anni di assenza. Il numero dei circoli ricreativi è quasi raddoppiato, così come è cresciuto il numero totale dei soci dell’associazione. Qualche circolo è stato chiuso, altri si sono risollevati da uno stato di crisi.
La nostra si conferma un’associazione dai confini mobili, con un forte ricambio interno ai circoli e negli stessi organismi dirigenti nazionali. Questo è un segno di vitalità, ma ripropone il problema di sempre di una relativa fragilità della rete territoriale, e la necessità di un rafforzamento della struttura organizzativa nazionale.
La crisi della militanza tradizionale ci ha imposto nuove forme di coinvolgimento e di intervento sul territorio. In questo la rete dei circoli ha mostrato un dinamismo e una capacità di sperimentazione che siamo riusciti, anche se solo in parte, a far diventare patrimonio condiviso.
L’idea che le strutture territoriali assumessero la responsabilità di iniziative per conto del nazionale è stata sperimentata con successo. E’ accaduto col circolo di Como in occasione della manifestazione nazionale sulle Unioni Civili, con l’organizzazione del Convegno europeo dell’ILGA da parte del circolo di Pisa, col contributo dato dal CIG di Milano, prima che al Pride 2001, alla nostra Conferenza nazionale di programma. E ancora: Siena e Verona hanno curato la campagna di tesseramento 2001, Perugia è stata coinvolta nel progetto europeo Be Equal Be Different, Napoli nella campagna di manifesti anti AIDS, Bologna nella nuova ricerca per l’Istituto Superiore di Sanità, Udine nella sperimentazione di quello che diventerà presto un corso di formazione nazionale per volontari. Insomma, quel proposito un po’ kennediano del congresso di Roma (non chiederti cosa l’Arcigay può fare per te, ma cosa puoi fare tu per l’Arcigay) ha prodotto effetti significativi e rimane una strada da seguire.
Anche l’organizzazione nazionale ha mostrato la necessità di un rafforzamento rispetto ai compiti che vogliamo darci. Abbiamo di fronte obiettivi complessi e condizioni esterne difficili. La riconoscibilità dell’Arcigay come organizzazione seria, definita nei ruoli, con un progetto politico chiaro e condiviso è un elemento sostanziale per affrontare le sfide che abbiamo di fronte.
L’ipotesi di federazione, nei termini in cui era emersa dopo il ’96, cioè come costruzione di una struttura formalizzata che coinvolgesse l’Arcigay insieme ad altre realtà esterne ad essa, è stata superata dai fatti. Il rapporto con Arcilesbica si è consolidato nei termini di un forte legame fra due associazioni del tutto autonome; il legame con altre realtà nazionali del movimento come Agedo o il Coordinamento Omosessuali Cristiani si è mostrato più efficace se basato anch’esso sull’autonomia.
Quella importante esigenza di articolazione e tematizzazione dell’Arcigay può essere espressa oggi in forme nuove: costruendo con le altre realtà del movimento delle sinergie su contenuti o iniziative specifiche e riprendendo il tema dell’articolazione interna basata su autonomie di settore, progetti specifici, campagne tematiche all’interno di un comune contenitore che ne rappresenti la sintesi unitaria.
c. Tre anni di lotte
Il giudizio negativo che avevamo dato nel ’98 su un governo dell’Ulivo eccessivamente tiepido nei nostri confronti non può che essere riconfermato a legislatura conclusa. Chi di noi si era fatto qualche illusione quantomeno sull’approvazione di un legge contro le discriminazioni è rimasto amaramente deluso. E’ stata confermata dai fatti la necessità, da noi sempre ribadita, di una totale autonomia dell’associazione da ogni partito politico. Alcuni parziali obiettivi, tuttavia, sono stati raggiunti, ed è bene metterli a fuoco.
Il riconoscimento politico dell’associazione da parte del governo ha avuto, in questi tre anni, un consolidamento. Il Ministero della Sanità ci ha confermati nella Consulta sull’AIDS, affidandoci due campagne ministeriali di informazione e un progetto di ricerca tramite l’Istituto Superiore di Sanità, una ricerca sulle modalità di prevenzione. Dall’incontro con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer, nell’autunno del ’98, è scaturito, per la prima volta, il riconoscimento dell’Arcigay come agenzia di formazione degli insegnanti autorizzata dal Ministero. All’incontro con il Ministro delle Pari Opportunità Laura Balbo è seguita la nascita della "Commissione per le pari opportunità e per i diritti degli omosessuali" presieduta dal nostro presidente onorario. Il Ministero per le Politiche sociali ci ha chiamati a fare parte del Tavolo permanente delle Associazioni giovanili. Dall’incontro con Giovanna Melandri, Ministro dei Beni Culturali, era stato avviato un percorso sulla valorizzazione del patrimonio documentario dei nostri Centri di documentazione.
Anche le forze politiche sono state costrette a considerare la questione omosessuale come un tema politico imprescindibile, nel bene e nel male.
Non solo l’inserimento da parte di alcuni partiti di un riferimento ai diritti di gay e lesbiche nei propri statuti o nei propri programmi politici ma anche l’agitare lo spauracchio gay come grave danno per la famiglia e la tradizione da parte di altri sono il segno indubitabile dell’accresciuta importanza della nostra battaglia nella politica nazionale.
In questo ha avuto un ruolo fondamentale l’evento del World Pride, che ha prodotto un salto qualitativo nell’informazione data agli italiani sulla questione omosessuale, portando a maturazione trent’anni di lotte del movimento omosessuale e transessuale in Italia.
Alcuni importanti risultati in elezioni amministrative e soprattutto l’elezione di Franco Grillini e Titti De Simone alla camera dei Deputati e di Gianni Vattimo al Parlamento europeo segnano un giro di boa. La candidatura e l’elezione di gay dichiarati iniziano ad essere seriamente considerate dai partiti come uno strumento per parlare all’opinione pubblica laica e libertaria ed ottenerne così il consenso elettorale. E’ il segnale più evidente di come le nostre battaglie parlano ormai al paese.
Se i rapporti con le istituzioni sono stati, comunque, deludenti, la nostra azione non si è certo esaurita lì. Numerose sono state le iniziative politiche che in questi tre anni ci hanno impegnati a livello territoriale e nazionale. Oltre a quelle già citate sono da ricordare la Giornata contro le discriminazioni religiose, in ricordo di Alfredo Ormando, la manifestazioni nazionali di Roma e Bologna contro i finanziamenti pubblici alle scuole confessionali, di cui siamo stati promotori, le iniziative nazionali sull’omosessualità nelle scuole con l’Unione degli Studenti, la giornata nazionale contro l’omofobia, nel settembre 2000.
Un importante risultato di questi tre anni, significativo per le esperienze di cui ci ha arricchito e denso di potenziali sviluppi futuri, è stato il consolidamento della nostra dimensione europea. Sono stati rafforzati i rapporti con l’ILGA Europe, dalla Conferenza europea di Pisa nel ’99 all’inserimento di componenti italiani nell’esecutivo dell’organizzazione.
Sono state attivate numerose partnership transnazionali per la partecipazione a progetti europei: Be Equal Be Different, CERIS, GAP, Consultancy, GLEEnet, Equal sono sigle che si riferiscono a partecipazioni tanto impegnative quanto produttive con associazioni di mezza Europa, da quelle specificamente gay a tante altre che si occupano di altre forme di discriminazione.
Siamo stati parte attiva di numerose campagne internazionali: per l’approvazione della risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, contro l’esclusione dell’ILGA dalla Conferenza antirazzista di Durban, per il rilascio dei 52 omosessuali incarcerati in Egitto.
E’ un impegno che si avvia a diventare una delle nostre priorità.
Far crescere la comunità
a. Perseguire ‘autonomia
Quattro parlamentari della Repubblica apertamente gay, lesbiche o bisessuali: è un simbolo riconoscibile e riconosciuto della strada fatta dalla comunità gay e lesbica italiana. Ci sono tren’anni di impegno di tante persone ostinate, che hanno sfidato convenzioni e ostacoli, elaborato la consapevolezza del valore della propria persona e poi quello della propria comunità, man mano che la comunità si faceva visibile. Lì ‘è la prova del fatto che la questione omosessuale è, e sempre più sarà, col lavoro di tutti e tutte noi, un terreno politico non ignorabile, decisivo per la definizione del’Italia del XXI secolo come paese europeo, moderno, autenticamente democratico.
Lì ci sono tante prospettive percorribili, se sapremo utilizzare, chi dentro il Parlamento, chi agendo nel tessuto sociale, la grande opportunità che ci si apre davanti.
Tutti e quattro sono stati eletti in liste di sinistra, e non è un caso, anche se la questione del rapporto fra il movimento omosessuale e i diversi schieramenti politici non è per questo meno problematica.
Essere omosessuali non è legato in sé ad alcuna collocazione politica. Il movimento gay, invece, vuole ottenere libertà e diritti, e deve quindi farsi carico di individuare le strategie e le alleanze necessarie a raggiungere i propri obiettivi. Se è stato il pensiero liberale a teorizzare la necessità di garantire le libertà civili degli individui, è stata la sinistra, nei paesi occidentali, a farsi protagonista delle battaglie per i diritti delle minoranze, come per le donne o i neri ‘America. Anche sul tema dei diritti di gay, lesbiche e trans, la sinistra dei paesi occidentali, anche se in ritardo, si è fatta promotrice delle legislazioni a noi favorevoli (dai PACS alla legge olandese sul matrimonio). In Italia, però, le forze di sinistra, minoritarie nel parlamento come nel paese, non hanno avuto la forza dei numeri né quella della volontà per farsi carico fino in fondo di mandare in porto le nostre richieste durante i cinque anni di governo del’Ulivo.
Se ‘Arcigay ha deciso di dare il proprio sostegno elettorale alle forze della sinistra e al partito radicale è stato solo dopo aver discusso con loro la propria piattaforma politica ed avere ricevuto segnali chiari nei programmi e nelle candidature, non perché ci consideriamo a priori vincolati ad una parte politica. Alla sinistra riconosciamo un forte impegno nella presentazione di progetti di legge, nel’organizzazione di iniziative politiche, nelle prese di posizione al nostro fianco e, finalmente, nel permettere la rappresentanza parlamentare del movimento. Questo non cancella u’eccessiva tiepidezza nel’aiutarci a raggiungere i concreti risultati per i quali ci battiamo.
Il movimento italiano, deve essere chiaro, non può contare oggi su una coalizione che lo appoggi senza riserve. Questo non significa che le strade siano del tutto chiuse. Le legislazioni favorevoli oggi in vigore in Europa, come le diverse risoluzioni del Parlamento europeo sui diritti di gay, lesbiche e trans, sono state sostenute da maggioranze trasversali comprendenti le forze della sinistra insieme a minoranze liberali: così è avvenuto in Italia per la legge sul divorzio , solo così potrà essere approvata anche in Italia la legge sulle coppie gay e lesbiche.
Una parte del movimento glbt ha dichiarato di volersi collocare automaticamente al’opposizione. Non è un approccio utile al raggiungimento dei nostri obiettivi. Quelle del movimento non possono essere le logiche di un partito che vince le elezioni e va al governo o le perde e va al’opposizione. Noi abbiamo il dovere di dare voce ad una esigenza di libertà e uguaglianza giuridica oggi negata alle persone omosessuali del paese. Le istituzioni, qualunque sia il colore politico di chi le rappresenta, hanno, da parte loro, il preciso dovere di dare delle risposte concrete alle nostre istanze. Sarebbe un clamoroso errore politico abdicare al nostro ruolo di forza di pressione, evitando il dialogo con quelle parti della nuova maggioranza parlamentare disposte a dialogare con noi e sospendendo il nostro impegno per ottenere, in questa legislatura, il conseguimento dei nostri obiettivi.
Nessuno si fa illusioni sul fatto che ciò che è risultato impossibile nella scorsa legislatura diventi più facile in questa, ma noi continueremo a premere in questa direzione, tessendo relazioni, spiegando le nostre motivazioni, facendo esplodere le contraddizioni altrui. Ci sono stati segnali di attenzione da parte di alcuni importanti esponenti di Forza Italia: il patrocinio al Pride di Milano da parte della Presidente della Provincia Ombretta Colli, il messaggio di Marcello Pera, Presidente del Senato, al Convegno sui diritti in Europa alla vigilia della stessa manifestazione, il saluto al Pride di Catania di Stefania Prestigiacomo, nuovo Ministro per le Pari Opportunità, che ha ribadito il suo impegno nella lotta ad ogni forma di discriminazione. Rifiutare di coglierne le aperture in nome di una collocazione antagonista del movimento non sarebbe un buon servizio alla comunità.
Questo non ci esime da una valutazione fortemente negativa di altri segnali, di orientamento opposto, lanciati da esponenti del governo sui temi della laicità dello Stato e delle libertà civili. ‘attacco di Buttiglione alla legge sul’aborto, ‘obiettivo della piena parificazione fra scuole pubbliche e private, ‘esclusione dalle Consulte ministeriali delle voci critiche, la prosecuzione al nord delle campagne antigay della Lega non lasciano certo intravedere una stagione di riconoscimento dei diritti civili.
b. Riformare le regole
Noi andremo avanti, confidando anche nel lavoro parlamentare dei nostri deputati, continuando a batterci perché riforme legislative e azioni del governo mettano in pratica la nostra piattaforma di richieste a governo e Parlamento:
1. Favorire la visibilità culturale della cittadinanza omosessuale, parte importante della memoria storica del paese, nei libri di storia, nei curricoli scolastici, nelle Tv di Stato e nei luoghi di diffusione culturale, negli archivi e nei centri di documentazione gay e lesbici.
2. Intervenire con azioni affermative in ambito sociale, per porre fine alle discriminazioni sul lavoro e nelle scuole, ai suicidi fra gli adolescenti, alla violenza antigay, al pregiudizio diffuso.
3. Riconoscere la legittimità e la dignità sociale delle relazioni ‘amore e convivenza fra gay e fra lesbiche, approvando una legge che riconosca pienamente i diritti delle coppie dello stesso sesso.
4. Garantire il diritto alla salute delle persone omosessuali, ponendo fine alle discriminazioni in ambito sanitario, fornendo i mezzi e le informazioni adeguate per un serio intervento di prevenzione del’AIDS e delle malattie a trasmissione sessuale e garantendo i diritti alla cura, al’anonimato, alla dignità sociale delle persone sieropositive, favorendo ‘accesso delle donne lesbiche alle tecniche di riproduzione assistita.
5. Mantenere saldo il principio della laicità dello Stato Italiano e della sua autonomia da ogni potere esterno e da ogni ingerenza confessionale, nel rispetto della nostra Costituzione come la più alta fonte di diritto, non subordinabile ad altro.
6. Adeguare la legislazione italiana alle indicazioni della Risoluzione del Parlamento Europeo del’8 febbraio 94 sulla "Parificazione dei diritti di gay e lesbiche nella Comunità europea" e delle Risoluzioni successive, dando altresì applicazione effettiva al’Art.13 del Trattato di Amsterdam e alla Carta Europea dei Diritti riguardo alla lotta alle discriminazioni motivate dal’orientamento sessuale, anche attraverso una specifica legislazione antidiscriminatoria che prepari la strada alla piena applicazione alla direttiva europea contro le discriminazioni che entrerà in vigore nel 2003.
7. Agire sul piano internazionale per il rispetto dei diritti umani nel mondo, per ‘abolizione della pena di morte, per la depenalizzazione del reato di omosessualità, presente nelle legislazione di decine di paesi, per il riconoscimento del diritto ‘asilo in Italia per i perseguitati nel mondo a causa del loro orientamento sessuale, perché ‘Italia assuma un ruolo diplomatico attivo nella lotta alla persecuzione di gay, lesbiche e transessuali nel mondo.
A partire da queste nostre proposte, il dialogo con chiunque vorrà confrontarsi con noi, da qualunque posizione politica, non verrà meno sulla base di preclusioni ideologiche. Siamo consapevoli di essere portatori di temi nuovi, che toccano le coscienze e le sensibilità politiche al di là delle collocazioni partitiche e possono produrre maggioranze trasversali rispetto agli schieramenti tradizionali. La sfida che noi lanciamo è di ricostruire sulla base di principi universali come la laicità dello Stato e ‘uguaglianza dei diritti una democrazia più vera. Sulla base di questo valuteremo i conservatori e gli innovatori, gli amici e gli avversari, chi ha a cuore un reale progresso civile del paese e chi rimane irretito in concezioni fondamentaliste della società.
c. Valorizzare il circuito ricreativo
Da quindici anni ‘Arcigay lavora alla costruzione di una rete di servizi rivolti ai soci per creare la comunità, darle visibilità, favorire la formazione di u’identità positiva di ogni gay.
Il numero dei nostri circoli ricreativi è quasi raddoppiato dal’98 ad oggi, passando da 29 circoli ai 57 attuali.
Fuori dal’associazione, questi anni hanno visto ‘esplosione di u’articolata imprenditoria gay: sono sorte riviste, siti internet, agenzie di servizi, realtà editoriali.
Questi possono essere strumenti fondamentali per consolidare ‘identità gay nel paese, rafforzando il senso di sé degli individui e della comunità, promuovendo esperienze di socializzazione, informazione e coscienza gay.
La presenza dentro u’associazione nazionale gay di gran parte delle realtà aggregative del paese rappresenta una particolarità italiana delle cui potenzialità siamo consapevoli, ma che non abbiamo messo a frutto fino in fondo
Questo significa, da un lato, essere per i nostri affiliati più di una sigla o di una tessera da esibire, ma un effettivo punto di riferimento. Differenziare i servizi ai locali affiliati, mettere in campo uno staff operativo che ne segua le esigenze e crei una rete più solida in cui il marchio Arcigay sia un biglietto da visita appetibile, un marchio di qualità del servizio. Contemporaneamente attrezzarci perché in ogni locale affiliato possa percepirsi il valore aggiunto di chi sta dentro u’associazione di promozione sociale.
Dobbiamo superare lo scarto fra la parte più propriamente politica del’associazione, a cui delegare stancamente il compito di tutelare gli interessi collettivi, e quella comunità diffusa che non è interessata alla militanza politica ma che si riconosce in u’identità gay ed è disposta a scendere in piazza, anche solo una volta ‘anno, per affermare la propria identità e quella del movimento di cui si sente, in qualche modo, parte.
Coinvolgere di più e meglio i locali nelle nostre iniziative, a partire da quelle del 28 giugno e del 1° dicembre, fare sottoscrivere loro la nostra "Carta di Responsabilità" che, seguendo il modello della SNEG, il sindacato francese dei locali gay, abbiamo già sperimentato in alcune realtà, costruire progetti nazionali di informazione e prevenzione su misura per una rete in cui scorrono i nostri centomila soci.
Non è solo il rispetto delle nostre finalità, della nostra missione sociale, ad imporcelo: oggi sono gli stessi presidenti dei circoli ricreativi, perlomeno i più attenti fra loro, a chiedercelo. In un settore in espansione qual è quello dei servizi rivolti ad una comunità gay sempre più visibile e partecipe, noi possiamo rappresentare un importante punto di riferimento, nel coordinare le forze, mitigare i contrasti, prospettare un futuro in cui si possa agire più serenamente sentendosi dentro una comunità più forte e coesa.
Sta a noi valorizzare questa opportunità, trasformando in uno strumento di forza del’intera comunità un circuito assai più maturo di un tempo, spendendo su questo obiettivo la nostra esperienza di un movimento politico-culturale che da più di quindici anni agisce nella società, elabora idee, le fa diventare forza di pressione e strumento di cambiamento.
‘organizzazione dei Pride rappresenta in questo un formidabile strumento per entrare in relazione con un popolo della notte sempre più desideroso di uscire allo scoperto. ‘ a loro che dobbiamo parlare, perché loro sono la nostra forza, così come noi possiamo e dobbiamo essere la loro.
Progettare ‘Europa
‘ ‘Europa il luogo a cui guarderemo soprattutto per modificare la condizione di ineguaglianza giuridica in cui oggi si trovano gay e lesbiche in Italia.
‘Art.13 del Trattato di Amsterdam, la nuova Carta dei diritti fondamentali del’Unione Europea, le numerose Risoluzioni europee che si sono susseguite in questi anni, i Programmi ‘Azione comunitaria contro le discriminazioni hanno segnato uno scenario nuovo, nel quale dobbiamo avere parte attiva.
Nel dicembre 2003 entrerà in vigore la Direttiva Quadro del’Unione Europea sulle discriminazioni, che si riferisce anche al’orientamento sessuale. Una direttiva con effetti vincolanti: un passo avanti epocale rispetto alle precedenti risoluzioni. Questa scadenza rappresenta per noi un punto fondamentale del nostro futuro impegno. Non solo dovremo agire, da qui al 2003, perché ‘Italia non venga meno agli impegni presi e dia effettiva attuazione alla direttiva, ma, quando quella sarà attiva, dovremo essere in grado di dare consulenza e formazione a quegli enti, pubblici e privati, che dovranno uniformarsi alla direttiva stessa. Se sapremo guardare al’Europa come un terreno di impegno serio e continuativo, sapremo essere, domani, protagonisti di quella stagione di riforme che, lo sappiamo, arriverà anche da noi.
Da tre anni ci stiamo attrezzando a questo scopo. I progetti europei a cui abbiamo partecipato hanno prodotto delle modificazioni non solo nel’atteggiamento del’Arcigay nei confronti della dimensione europea, ma anche nelle competenze del’associazione. Abbiamo sviluppato una squadra che ha svolto attività di formazione rivolta ad aziende pubbliche e private, scuole, istituzioni, persino squadre di calcio. Alcuni nostri dirigenti svolgono oggi il ruolo di formatori a livello europeo. Abbiamo partecipato alla stesura di manuali e linee guida contro le discriminazioni. Abbiamo studiato, con associazioni di mezza Europa, la lotta alle discriminazioni sulla base del’orientamento sessuale, ma anche della religione, del’etnia, del’età, del genere. Abbiamo predisposto interventi di consulenza alle aziende che vogliano uniformarsi alle direttive antidiscriminatorie europee.
Questa attività ci ha fatto crescere nei contenuti, ma ci ha aperto una prospettiva che va percorsa fino in fondo: quella di una organizzazione non governativa più solida nella struttura e, quindi, più incisiva nel perseguimento dei suoi obiettivi, che sappia progettare in modo professionale, attivarsi nel reperimento delle risorse necessarie, rappresentare un punto di riferimento certo per la comunità.
Globalizzare i diritti
‘attentato di Manhattan e la conseguente guerra in Afghanistan hanno convinto i più scettici che la dimensione globale è, nel bene e nel male, ‘orizzonte della nostra epoca.
La nostra adesione, nella scorsa primavera, al Genoa Social Forum, muoveva da questa considerazione. Se la globalizzazione è lo scenario in cui sempre più ci muoveremo di qui in avanti, ‘impegno per la valorizzazione dei diritti di cittadinanza, lo sviluppo della convivenza multiculturale, la pace, la giustizia sociale, i diritti umani, vanno giocati anche su quel tavolo
Quel movimento è stato impropriamente rinchiuso nel’etichetta "no global", una sigla che consideriamo riduttiva rispetto al’obiettivo di fare dei nuovi processi di internazionalizzazione uno strumento da utilizzare per globalizzare i diritti umani e civili. Il movimento omosessuale internazionale conosce bene gli effetti positivi e le opportunità aperte dalla costruzione sempre più intensa di reti di relazioni comunicative ed economiche internazionali. Ciò ha agevolato ‘estensione e il rafforzamento della comunità gay e lesbica internazionale imponendo modificazioni in realtà altrimenti immobili sul piano della difesa dei diritti umani. La crescente relazione fra culture diverse e la conseguente diffusione dei principi liberali di matrice europea sul tema dei diritti individuali, possono arginare la pratica di persecuzioni, carcerazioni, condanne a morte che in molte zone del mondo, fra cui molti paesi arabi, rappresentano il destino di omosessuali e transessuali.
‘ anche per questo che ‘indignazione della comunità omosessuale internazionale di fronte alle azioni terroristiche che hanno ferito New York e Washington è stata forte. Al’interno del complesso scenario in cui quegli eventi sono accaduti, non possiamo non leggere anche un attacco ai valori democratici e liberali da parte dello stesso fondamentalismo religioso che, come accade nel’ Afghanistan dei Taliban, non esita a uccidere per lapidazione le persone omosessuali. Oggi, in tempo di guerra, siamo tutti meno liberi, tutti ugualmente indignati di fronte ad ogni vittima civile innocente, desiderosi che si ristabilisca una pace che è la prima condizione per lo sviluppo delle libertà.
‘ proprio a partire dal’esperienza internazionale della nostra comunità che vogliamo affermare la necessità di fare delle reti globali gli strumenti di attivazione di nuovi diritti. Questa è la globalizzazione che vogliamo: una effettiva estensione di nuove libertà e nuove opportunità che favorisca ‘affermazione dei diritti umani e civili.
A questo percorso vogliamo contribuire senza abdicare alla nostra funzione, come avverrebbe se subordinassimo la nostra lotta ad altre battaglie pur grandemente significative.
La nostra partecipazione a movimenti più generali (per la difesa della scuola pubblica come per la lotta contro ‘AIDS, per la laicità dello Stato come per la globalizzazione dei diritti) deve essere caratterizzata dalla specificità dei nostri temi, troppo spesso marginalizzati da altri.
Abbiamo denunciato con forza, anche partecipando alle mobilitazioni internazionali promosse dal’ILGA, la perdurante violazione dei diritti umani di gay, lesbiche e transessuali, criminalizzati in 70 paesi, condannati a morte in diversi paesi islamici. Abbiamo rilevato la contraddizione fra ‘esigenza che ‘ONU assuma un più forte ruolo di guida dei processi globali e ‘emergere di forti tratti di illiberalismo e di integralismo religioso in un organismo i cui aderenti sono in parte rilevante espressione di regimi non democratici.
‘esclusione del’ILGA dalla Conferenza Mondiale del’ONU sul’AIDS e dalla Conferenza Mondiale del’ONU sul razzismo, grazie al compatto voto contrario di quei paesi in cui ‘omosessualità è criminalizzata o punita con la morte, è un segno di questa contraddizione.
Porteremo questi temi al’interno di quel’ampio dibattito sulla globalizzazione e le sue forme che coinvolge oggi la società intera. Se questo convergerà col percorso di altri movimenti, faremo un pezzo di strada assieme.
Il cammino che ci aspetta è accidentato e difficile, ma noi abbiamo buone gambe e il fiato lungo. La storia va avanti, e noi con lei, sapendo che è solo una questione di tempo, perché il tempo ci darà ragione, perché la ragione è già dalla nostra parte.
Sergio Lo GiudiceAurelio MancusoFranco GrilliniDavide BarbaAlberto BalielloVincenzo CapuanoFabio OmeroLuca Ruiu