Da "GAY.IT" di Tony Aventino
Avrebbe dovuto essere intitolato "Poco più di niente" per rendere il senso di un adolescente in divenire, in fase di trasformazione non tanto fisica quanto emotiva, sentimentale. E di emozioni si parla in "Quasi niente" di Sébastien Lifshitz (autore del profondo La Traversée e presentato allo scorso Festival di Cannes) uscito nelle sale il 19 luglio grazie al distributore italiano E.mik, orgoglioso del primo posto al box office di Milano, Roma, Torino.
Emozioni e turbamenti che sconvolgono le vite di due adolescenti mentre fanno 'amore tra le dune, mentre litigano brutalmente sulla spiaggia o in un locale, mentre si guardano negli occhi facendosi promesse per il futuro, e poco importa che i due giovani siano due uomini. "Vedere due persone che fanno 'amore è molto bello, che siano un uomo e donna o due uomini è la stessa cosa. […] Per me si tratta di due persone che provano desiderio 'una per 'altra e che lo vivono in tutta libertà" afferma il regista, ignaro delle maglie censorie in cui è incappata la sua opera; il responso ufficiale parla chiaro: vietato ai minori di 18 anni. Il film quindi è di quelli destinati a far discutere, anche perché qualcuno dovrebbe spiegare alle fantomatiche commissioni che vigilano attentamente sul'integrità dei nostri giovani, che un amplesso contestualizzato al'interno di una storia 'amore si trasforma in poesia, niente di più. Come giudicare diversamente capisaldi della cultura occidentale come il Satyricon di Petronio piuttosto che Ultimo tango a Parigi di Bertolucci?
La storia racconta 'estate del diciottenne Mathieu, al mare con una madre perennemente depressa e una zia impicciona. 'incontro con il tenebroso ed umorale Cédric sarà occasione di piacere, sofferenza, discussioni in famiglia e scelte di vita importanti. Il film infatti non descrive soltanto la spensieratezza di un amore estivo, ma attraverso un racconto svolto su tre livelli temporali diversi (la vacanza, la depressione e il ritorno finale nei luoghi estivi) ci accompagna nelle tre ideali stagioni del'anima di un adolescente. Una sorta di romanzo di formazione che nello stile, nel modo di raccontare, nella mancanza di una linearità temporale ricorda il maestro Jean Renoir, meraviglioso precursore del Neorealismo.
Sbaglieremmo e sbaglia chi giudica il film a partire dalla fisicità, che pure è presente in qualche fotogramma, ma niente a confronto del'astuto e quanto mai attuale Scandalosi vecchi tempi. Pure il tema del'omosessualità non è affrontato in modo spettacolare come molti film a tematica hanno fatto, il regista "sfiora i corpi dei protagonisti, per poi allontanarsi e mostrare il loro universo emotivo più profondo". Una pellicola quindi per chi non ha voglia di mandare in vacanza il cervello, perché anche nella canicola estiva, per fortuna, è possibile riflettere sui sentimenti che animano le nostre vite.
Da "GAY.IT" di Roberto Schinardi
Si chiama'Quasi nient'. Ma non sembra. Un piccolo, intimista, malinconico film francese sta diventando un caso nazionale. ' uscito in un momento difficile per le sale, quando alle storie 'amore al solleone rappresentate sul grande schermo vengono preferite quelle reali nelle spiagge. Eppure incassa e fa parlare. La critica che non è ancora in vacanza applaude 'Film T',''Espress'), il pubblico soprattutto gay si appassiona. Raggiungiamo il regista trentaquattrenne Sébastien Lifshitz a Parigi, dove vive. In Francia ha già fatto uscire due film e'Presque rie' è il suo esordio di tre anni fa. Da noi sono arrivati solo due mediometraggi, uno al Festival di Venezia 'Les terres froide') e 'altro al Festival Gay di Torino 'Les corps ouvert'). Sembra timido e riservato come i personaggi dei suoi film.
Signor Lifshitz, il suo film'Presque rie', che tratta con sensibilità del passaggio dal'adolescenza alla maturità e che sarebbe indicato anche per un pubblico di quel'età, ha avuto in Italia il divieto ai minori di 18 anni per due scene di sesso. Che cosa ne pensa?
Non lo sapevo. Il distributore non mi ha detto nulla. Non ho alcun controllo su queste cose. Il film è stato venduto in tutto il mondo ma non ha avuto alcun divieto da nessu'altra parte. Secondo me è il riflesso della società italiana: 'è uno scarto, uno scollamento tra chi ha il potere e il popolo. Gli omosessuali sono integrati nella società ma la censura non se 'è accorta o non vuole farlo. Non so se si può generalizzare ma la sessualità in Francia non è un problema: qui i gay sono integrati in maniera meno sovversiva, ci sono molte trasmissioni gay in tv, non è qualcosa di eccezionale, rientra ormai nel costume sistematicamente.
Ha subito critiche, condizionamenti, censure per le scene di sesso durante la produzione?
Sì, durante la ricerca dei finanziamenti. Avevo trovato dei contributi nella regione della Loira, in un dipartimento di destra. I deputati del'assemblea regionale hanno gridato allo scandalo e non mi hanno concesso il finanziamento. Addirittura il sindaco di un paesino sulla cui spiaggia dovevo girare una scena ha letto la sceneggiatura e non ci ha dato il permesso di farlo. Non posso dire il nome della persona e del posto perché ho firmato un accordo in tal senso. Ho poi girato più a Nord, verso Nantes. Quando abbiamo iniziato le riprese avevamo pochi soldi ma poi sono arrivate altre sovvenzioni. Comunque secondo me'Presque rie' è un film dolce, per nulla scandaloso o provocatorio.
Gli attori hanno avuto problemi o reticenze nel girare le scene hard, in particolare 'accenno di masturbazione in primo piano di Jérémie Elkaim e la sodomizzazione di Stéphane Rideau?
No, non hanno avuto nessun problema. Sono stati molto generosi, si sono gettati nei loro personaggi con molta libertà, hanno vissuto momenti di vera libertà, scoprendo sentimenti e sesso con molta gioia. Dopo, in realtà, hanno avuto un p' di paura.
Jérémie Elkaim e Stéphane Rideau sono gay?
No, sono entrambi eterosessuali.
Perché secondo lei 'è ancora così tanta paura nel rappresentare sul grande schermo "il grande rimosso della storia del cinema", il pene?
' difficile analizzare il sesso. ' qualcosa di essenziale. Il sesso è strettamente legato al sentimento, 'è un dialogo costante tra essi.
Il suo è un cinema intimista, introspettivo, non gridato, che difende chi è ai margini della società come nelle opere di Claire Denis con cui ha lavorato. Sembra però che il sesso, sempre vitale, energico, ribelle sia un modo per combattere la malinconia e le debolezze dei suoi personaggi, per rivendicare un diritto alla felicità, per'aprire i corp' e liberarsi. ' 'accordo?
Forse… Ma non amo analizzare i miei film.
Nel bel film'La traversé' che ho visto a Cannes 'anno scorso, lei racconta con stile semplice e documentaristico di Stéphane Bouquet, il redattore dei'Cahiers du Ciném' con cui ha scritto tutti i suoi film, che attraversa 'Atlantico per incontrare il padre, un soldato americano che non ha mai visto. Come è nato questo progetto?
Io e Stéphane ci conosciamo dai tempi della scuola, è un mio carissimo amico, come un fratello. ' gay anche lui, come dice nel film. Io arrivo dalla fiction e non volevo abbandonarmi alla forza della realtà ma ciò che vedevo era reale. Pensavo a Stéphane come a un personaggio, ques'idea del padre immaginario, che non aveva mai visto, mi appassionava. Il territorio americano era poi per me una vera scoperta, era la prima volta che ci andavo. Rifiutavo però di fare un reportage, volevo utilizzare un dispositivo più pesante di una semplice camera digitale, volevo fare un omaggio al cinema americano. Abbiamo girato in 16 millimetri'scop' gonfiati poi a 35. 'équipe era di sole cinque persone, oltre a noi due 'era un capo operatore, un tecnico del suono e un assistente.
Come è stata preparata la commovente scena del'incontro tra padre e figlio davanti al distributore di benzina?
Non volevo prenderlo in ostaggio. Gli ho chiesto se potevo filmarlo e lui ha accettato. Ho usato un teleobiettivo che è diventato il mio punto di vista. Poi li ho lasciati nella loro intimità. Non dimenticherò mai le lacrime di Stéphane. Volevo essere discreto. Ques'esperienza mi ha obbligato a riflettere sulla spettacolarizzazione e il voyeurismo.
In Francia ci sono diversi registi dichiaratamente gay che fanno cinema gay, cosa impensabile in Italia dove i registi omosessuali (tranne poche eccezione come 'italo-turco Ferzan Ozpetek de'Le fate ignorant') non si dichiarano e non portano avanti un discorso sul cinema omosessuale. Penso soprattutto a François Ozon che sta avendo un discreto successo anche da noi. Crede che abbia senso parlare di cinema gay come categoria, modo di essere, in cui il regista è coinvolto anche personalmente?
Non mi considero un regista gay. 'omosessualità è un elemento, una cosa naturale, non è un argomento in un film ma piuttosto, appunto, un elemento. Non mi interessa parlare di omosessualità, ci sono mille identità sessuali possibili.
'è un certo corporativismo tra i registi gay in Francia? Collaborate fra di voi?
Sì, ci si conosce molto bene. Ci si vede soprattutto nelle occasioni pubbliche. Gli attori che lavorano per noi sono quasi sempre gli stessi ma a livello creativo siamo assolutamente indipendenti.
Ha qualche nuovo progetto in corso? Sarà un film gay?
Sì, sto preparando il mio nuovo film che inizierò a girare nel mese di dicembre. Probabilmente sarà pronto per Venezia 2003. Però non posso e non voglio parlarne. Posso dire che il sesso sarà ancora più libero, più crudo. Sicuramente tratterò anche la tematica omosessuale.