Il corso di formazione che l’Arcigay Di Napoli sta tenendo in questi giorni presso la sede dell’ASL Napoli 3 di Frattamaggiore riveste carattere di particolare importanza. Dal 1997, infatti, risultavano fermi i fondi a suo tempo stanziati per il volontariato dalla Regione Campania nell’ambito dei progetti di prevenzione dell’AIDS. Nessuna spiegazione in proposito. Di fatto, in assenza di alternative, dall’epoca in Campania nulla si è mosso su quel fronte (nel resto dell’Italia non è andata molto meglio). Alla fine si è corso il rischio che i fondi fossero “stornati” per altra destinazione, si può immaginare con quali conseguenze considerato il velo di quasi assoluto silenzio calato sul problema AIDS negli ultimi anni nel nostro Paese. Sicché oggi questo corso ha in più il merito di essere una delle pochissime occasioni di aggiornamento e formazioni nell’ambito della prevenzione dell’ AIDS.
Sin dal titolo “Gli effetti degli affetti” abbiamo voluto mettere in chiaro un punto: se è vero che la prevenzione passa per una corretta informazione, oggi è ancor più chiaro che il problema della prevenzione (e della non prevenzione) passa anche e soprattutto attraverso le corde emozionali di ciascun individuo (quanti rischi sull’onda del desiderio!!! Però, anche quanti desideri indotti!!!). Ancora: sotto certi aspetti la proposta di sesso sicuro non è più neutrale dal punto di vista etico. “Un virus non ha morale” diceva un vecchio slogan di quando dovevamo difenderci dalle accusa di essere gli “untori”, insieme a qualche altra categoria di emarginati. E in quel senso era vero. Ma col tempo abbiamo imparato che, se è vero che un virus non ha morale, ce l’ha la prevenzione e non solo per la necessità di contrastare la valenza religiosa e integralista delle campagne del Vaticano contro il preservativo, ma perché, appunto, la prevenzione (e la non prevenzione) si iscrive all’interno di complesse dinamiche relazionali in cui l’emotività, gli affetti, ma anche il senso di responsabilità, l’educazione, il rispetto giocano un ruolo fondamentale.
Naturalmente il compito degli operatori si complica all’infinito, invitati, come sono, a confrontarsi con la complessità dell’esistenza. Per far questo il primo passo, allora, è guardarsi dentro, mettersi in discussione sforzarsi di capire (alcuni studi dimostrerebbero che chi si occupa di prevenzione spesso non fa prevenzione, sentendo di aver già dato e di aver salvato, così, insieme all’anima anche il corpo). Per oliare i complessi meccanismi del pensiero e con essi della prevenzione da tempo assopiti nell’orgia colpevole degli eccessi estremi del silenzio di informazione sull’AIDS da un lato e dell’ assordante rumore del mondo (ridotto ad un perenne sabato sera con lo scopo di distoglierci in fretta dai reali problemi della vita), il corso, strutturato in moduli, accanto ai classici incontri di aggiornamento medico-scientifico (le cure, il vaccino, gli aspetti epidemiologici), insiste sulle dinamiche di relazione e di gruppo, cogliendone gli aspetti sociali e psicologici, talora nascosti. Un piccolo viaggio dentro se stessi e attraverso gli altri (che pure sono in noi) per capire perché è così difficile a volte salvarsi la vita e quali e quante dinamiche sono in gioco.
Ai relatori (un buon corso lo fanno dei buoni relatori) abbiamo chiesto di ridurre al minimo le lezioni frontali e di darci dentro con la “sperimentazione” e con i lavori di gruppo. Hanno aderito con entusiasmo e gli operatori hanno ricambiato entusiasmandosi. Da Mario Iurlano ad Enzo Cucco ad Anna De Santis, ascoltarli, confrontarsi con loro è già di per sé un’esperienza di grande valore e di crescita. Ad Anna abbiamo chiesto ancora una volta di portare la sua grandissima esperienza nel campo della formazione e della prevenzione dell’AIDS e il grande prestigio dell’Istituto Superiore di Sanità che ella rappresenta in qualità di coordinatore del corso. Come sempre ha risposto con una competenza, una disponibilità (e una sensibilità) superiori ad ogni aspettativa. Mi si permetta poi di ringraziare Lello Grassi, Enzo Sacco e Giovanna La Mesa per la loro preziosa collaborazione, ma in particolare i ventidue corsisti per metà del servizio pubblico e per metà dei nostri (Antonio, Corrado, Stefano, Donato, Pasquale, Daniele, Salvatore, Innocenzo, Roberta, Enzo, Monica) di cui ricordo gli occhi belli e attenti, la voglia e la forza di mettersi in gioco un po’ per se stessi e un po’ per gli altri.
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