Bologna, 19 novembre 2003
Alla cortese attenzione di Stefano Folli
Direttore del Corriere della Sera
Gentile Direttore,
siamo rimasti increduli, prima che adirati, leggendo sulle pagine milanesi del Corriere di venerdì 14 novembre l’espressione “un omicidio maturato nello squallido mondo dei gay”. La frase era contenuta in un articolo dal titolo “Uccisero per una play station, presi“ a firma di Alberto Berticelli e relativo all’omicidio di un travestito brasiliano per mano di due giovani rumeni.
L’espressione “squallido mondo degli omosessuali” era, fino ad alcuni anni fa, tristemente ricorrente negli articoli di nera, una frase fatta utilizzata ogni qual volta i giornali si occupavano della realtà omosessuale, a loro pressoché ignota.
Quella frase, per fortuna o per l’impegno del movimento gay contro l’omofobia del linguaggio, sembrava essere ormai definitivamente scomparsa dalle pagine dei quotidiani italiani.
Adesso ricompare, per di più con un’aggravante: l’espressione, fortemente violenta per ogni lettore omosessuale, ogni suo parente, ogni suo amico, viene aggiornata utilizzando la parola “gay”. Quel termine non è un effimero segno di anglofilia, ma la parola che nel mondo indica la persona omosessuale che, spesso dopo un duro e faticoso lavoro di superamento del pregiudizio, recupera con fierezza la propria identità e sostituisce ad un presunto destino di vergogna la ricerca della felicità attraverso la propria realizzazione come individuo e nelle proprie relazioni d’amore.
Sembra quasi che il giornalista abbia voluto rinnovare, traducendolo in un linguaggio “al passo coi tempi”, quello stigma sociale che può portare a far coincidere un’idea di emarginazione, miseria umana e materiale, degrado dei sentimenti, con l’esperienza affettiva e umana, lo stile di vita, la ricchezza relazionale della comunità omosessuale.
Se si fosse trattato dell’assassinio di una giovane donna o di una prostituta avreste forse parlato di omicidio “maturato nello squallido mondo degli eterosessuali”? o qualcuno sarebbe stato legittimato a scrivere dello “squallido mondo dei milanesi” essendo accaduto a Milano?
Ancora più incredibile è che questo linguaggio venga utilizzato dal più grande quotidiano italiano, in genere attento – specie sotto la sua direzione – al tema dei diritti delle persone omosessuali e nelle pagine di cronaca di una delle più grandi e moderne metropoli d’Europa.
Ci piacerebbe avere presto l’occasione di incontrarla per discutere i motivi della nostra preoccupazione e, soprattutto, per ragionare insieme su come evitare che incidenti così gravi possano ripetersi.
In attesa di un cortese riscontro, Le auguro buon lavoro.
Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale di Arcigay