Per la seconda volta consecutiva Bologna conquista la palma di città più gay friendly d’Italia, cioè più amichevole e rispettosa verso gay e lesbiche.
La città è prima in Italia, oltre che nel risultato complessivo, per quattro variabili:
Socialità gay – La capacità di costruire relazioni amicali o affettive con altri gay e altre lesbiche uscendo dall’isolamento ( l’89% ritiene che a Bologna una coppia gay abbia vita più facile che altrove);
Tolleranza – Il grado di radicamento di omofobia, rifiuto delle diversità sessuali, molestie e violenze (il 39% dei gay bolognesi ha subito o è venuto a conoscenza di violenze antigay in città: una percentuale alta ma molto ridotta a confronto alla media nazionale del 42%)
Accoglienza — La percezione di quanto la città sia oggetto o desiderio di immigrazione o emigrazione da parte delle persone omosessuali ;
Associazionismo – La presenza in città di una o più associazioni, la visibilità che queste hanno, l’efficienza e l’efficacia del loro lavoro all’interno della comunità gay e lesbica locale (l’89% dà un giudizio positivo delle associazioni gay);
E’ quanto risulta da Goletta Gay 2004 l’indagine nazionale sulla “vivibilità gay” condotta ogni due anni da Gay.it, il principale portale gay d’Italia. Secondo l’indagine, condotta sulla base di un questionario on-line compilato da 9308 intervistati, (circa 1000 i boognesi), perde invece una posizione la regione Emilia Romagna, che passa dal primo al secondo posto, scalzata dal Lazio. Pur conquistando il secondo o terzo posto in tutte le altre variabili, è prima solo per accettazione sociale e, quindi, per la ridotta presenza di omofobia.
Bologna risulta seconda (dopo Pisa) in quanto ad attenzione da parte delle istituzioni; è quarta (dopo Ravenna, Novara e Pisa) fra le città in cui è facile fare coming out in famiglia e sul lavoro; sesta in merito alle opportunità di aggregazione e divertimento, classifica guidata da Milano e Roma. E’ solo nona nella variabile salute (anche in questo caso Ravenna conquista il primo posto), su una domanda relativa alle condizioni di riservatezza nel prelievo e nella consegna dei risultati del test Hiv.
Il confronto con i dati della scorsa edizione mostra un evidente aumento della visibilità sociale e una forte riduzione della percezione di atteggiamenti violenti antigay. In crescita anche il giudizio positivo sulle associazioni gay della città (dal 74,35% all’ 84,89%) mentre l’atteggiamento delle istituzioni (Comune, Provincia, Regione), viene valutato positivamente solo dal 39,56% degli intervistati.
“Bologna risente positivamente della presenza di una comunità gay e lesbica solida e articolata — commenta il presidente del Cassero Samuele Cavadini -. Il ruolo di “capitale gay”, assunto simbolicamente nel 1982 con la nascita del Cassero, oggi è determinato dalle effettive condizioni di esistenza delle persone. Questa è una delle poche città italiane a cui a un ragazzo o a una ragazza può accadere di sentire parlare di omosessualità a scuola in termini seri e da personale formato e competente”.
“La città continua a rimanere meta privilegiata di immigrazione di giovani gay e lesbiche da ogni parte del paese— aggiunge Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay e consigliere comunale a Bologna — ma tanto rimane ancora da fare. Un tappa importante dovrà essere la creazione di un ufficio specifico che, incardinato nel Comune, si occupi di coordinare iniziative ed interventi rivolti alla popolazione gay, lesbica e trans: dalla formazione al rispetto alle azioni sociali”.
"Bologna è stata storicamente il riferimento dell’associazionismo gay e lesbico italiano. Tre presidenti di Arcigay nazionale su tre sono stati bolognesi – aggiunge Franco Grillini, Presidente onorario Arcigay. Il sociologo statunitense Richard Florida, nel libro "L’ascesa della nuova classe creativa" (Mondadori, 2003) sostiene che la presenza in una città di una forte comunità gay e lesbica è indice di creatività e vivacità economica, quindi una risorsa per l’intera collettività".
Tutti i risultati dell’indagine GOLETTA GAY su www.gay.it/golettagay
Da "Il Domani di Bologna" del 27 maggio 2004 di Luca Molinari
Gay fuori dalla storia
Nessuna cenno alla loro presenza nel volume dedicato a Porta Saragozza. Il racconto delle vicende legate all¹edificio si ferma al 1956. Lo Giudice: "Un atto staliniano"
Porta Saragozza
Trentotto anni di storia completamente ignorati. Un salto temporale dal 1956 a oggi che cancella gli anni più discussi del Cassero di Porta Saragozza. In poche parole un¹omissione in piena regola. È quanto accade nel volume Il Museo della Beata Vergine di San Luca. Raccolta storico-didattica, pregiato volumetto illustrato di 80 pagine, prezzo contenuto a 5 euro, pubblicato dall¹editore Costa con tanto di logo del Comune di Bologna e in vendita in libreria. L¹omissione riguarda la storia del Cassero di Porta Saragozza: in nessuna delle dieci pagine dedicate alla ricostruzione delle vicende che hanno interessato questa "porta" di Bologna si parla del fatto che l¹edificio è stato per oltre vent¹anni sede dell¹Arcigay.
La segnalazione è arrivata ieri tramite la lettera alla cronaca locale di un quotidiano di una donna che si professa cattolica e, avendo acquistato il catalogo, ha espresso la propria indignazione. Il volume compie un vero e proprio taglio: ricostruzione storicamente ineccepibile fino al 1956, poi il silenzio. Come se nei decenni successivi non fosse successo nulla, come se fra quelle mura non avessero svolto le proprie attività la Polisportiva Saragozza, il circolo Arci "Fabris" e, successivamente, il Circolo di cultura omosessuale XXVIII giugno.
Un silenzio che si fa assordante quando si arriva ai primi anni ¹80. Nel volume, infatti, si tace che l¹amministrazione allora guidata da Renato Zangheri concesse, per la prima volta in Italia, l¹uso dei locali del Cassero all¹associazione gay. Una scelta che fece storia: simbolo di una città che sapeva aprirsi alle diversità. Una storia ricca, costellata anche da polemiche (specie da parte del mondo cattolico conservatore). Peccato che i lettori della pubblicazione sponsorizzata da Palazzo D¹Accursio non la possano leggere, perché nel volumetto di tutto questo non c¹è traccia: la storia del Cassero viene sospesa con il 1956, per poi riprendere con il recente restauro ultimato nella primavera scorsa che ha portato alla creazione del Museo della Madonna di San Luca. Una mancanza grave per una pubblicazione che si può fregiare di ben tre presentazioni: la prima a firma del sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca; la seconda del vescovo Carlo Caffarra e la terza di Stefano Aldrovandi, presidente della Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna che ha contribuito alla pubblicazione del volume.
Una mancanza che fa gridare allo scandalo chi ci ha lavorato per questi vent¹anni. «Non fa un bell¹effetto», commenta laconico Samuele Cavadini, presidente del Circolo Il Cassero. «Il fatto è che – prosegue Cavadini – subito dopo la concessione dei nuovi locali della Salara, questa amministrazione ha sempre taciuto il riferimento al circolo gay e lesbico». Un¹amministrazione che vuole creare una sorta di cortina fumogena verso i rapporti con le associazioni omosessuali? Il dubbio sembra diventare certezza soprattutto se si pensa che nell¹opuscolo elettorale de La tua Bologna, il partito del sindaco Guazzaloca, non si dice che i locali della Salara sono stati destinati all¹Arcigay.
«È assolutamente vergognoso che il Comune di Bologna compia questo atto staliniano di rimodulazione della storia a fini ideologici», attacca Sergio Lo Giudice, presidente dell¹Arcigay e consigliere comunale dei Ds. Ma la palma del più corrosivo va a Cavadini che gioca una carta cara a Guazzaloca e alla Curia. «Battono tanto sul tasto della bolognesità – ironizza il presidente del Cassero – ma sembrano non conoscere una parte importante della storia della città. Se le cose stanno così, che valore ha che ci abitino da tanto tempo se poi ignorano ciò che tutti sanno?».