Gay e lesbiche di Avellino e Benevento naufragano sulla «Goletta Gay 2004». La classifica li relega agli ultimi posti, in compagnia di Foggia, Belluno e Rovigo. Si vive male la propria omosessualità tra i contrafforti irpini e sanniti, dove predomina una famiglia ancora in senso tradizionale.
Il Pride di Napoli del 1996
L’omosessualità resta un’isola infelice in Irpinia e nel Sannio. Un atollo in un mare tempestoso di pregiudizi atavici. Pochissime le associazioni e i circoli culturali e politici, luoghi d’incontro ridotti all’osso: fattori determinanti per un flusso migratorio continuo di gay e lesbiche verso altri lidi, comunque accidentati. Bologna, la gaudente. L’Emilia Romagna è la terra promossa. Prima in classifica, dice un sondaggio 2004.
«In queste nostre zone del Sud – afferma Vincenzo Capuano, segretario del Circolo Arcigay di Napoli – purtroppo esiste ancora una mentalità chiusa. Più i centri sono piccoli, come Avellino e Benevento, più si avverte lo smarrimento di gay e lesbiche. Senza parlare dello scarso rispetto per la privacy sui test dell’hiv, per i diritti spesso negati o neppure tanto conosciuti perchè non esiste ancora un cultura vera dell’omosessualità. Per questi motivi in molti si trasferiscono in altre città, più grandi, meno selettive». Un «altrove», insomma, dove la propria sessualità trova più rispetto, dove migliori sono le forme di vivibilità e di socialità.
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