E’ morta la scorsa notte a Milano, nella sua abitazione, la cantante Giuni Russo. L’interprete palermitana il cui vero nome e’ Giusi Romeo, aveva da poco compiuto, lo scorso 10 settembre, 53 anni, ed era malata da tempo di tumore.
I funerali si terranno domani a Milano al Monastero delle Carmelitane Scalze di via Marcantonio Colonna.
Giuni Russo
La sua ultima apparizione e’ stata al Festival di Sanremo dove era stata chiamata da Pippo Baudo proprio per cercare di aiutarla a superare la durezza della terapia con cui ha cercato di opporsi alla malattia.
Il mondo della musica conosceva da tempo le condizioni di Giuni Russo e ha mostrato, come purtroppo accade spesso, una solidarieta’ tardiva nei suoi confronti dopo che la cantante palermitana era rimasta a lungo lontana da quella scena musicale della quale era diventata una assoluta protagonista nel 1982 con ‘Un’estate al mare’, il brano piu’ famoso di tutta la sua carriera e con il quale, nonostante i tentativi fatti, continua ad essere identificata.
In realta’ Giuni Russo non e’ mai andata troppo d’accordo con le regole del mercato e dell’industria: fin dai primi suoi tentativi professionali compiuti a Milano dove si era trasferita ancora giovanissima dopo aver lasciato Palermo dove era nata nel 1952.
Aveva alle spalle seri studi musicali, una passione per la lirica, per il jazz e per quell’universo sospeso tra accademia ed etnia grazie al quale e’ entrata in contatto con l’artista che piu’ di ogni altro l’ha aiutata e fatta crescere, Franco Battiato suo autentico mentore e produttore.
Il suo debutto risale al 1976 quando animava un duo insieme a Maria Antonietta Sisini: ‘Love is woman’ e’ l’album inciso da loro, un curioso esperimento con atmosfere quasi jazzistiche che non ha avuto il successo sperato. Questa distanza tra ambizione e realta’ e’ rimasta purtroppo una caratteristica dell’intera carriera di Giuni Russo, una delle interpreti piu’ tecnicamente dotate e colte della canzone italiana che e’ riuscita in fondo ad avere un solo grande successo nella carriera senza mai ottenere il pieno riconoscimento non solo del suo talento ma anche delle sue aspirazioni e ambizioni musicali che non erano certo indirizzate ai successi da classifica.
Questo percorso musicale e’ ben dimostrato dall’album piu’ apprezzato dalla critica della sua discografia, ‘A casa di Ida Rubinstein’, un disco dove rielabora in chiave moderna arie di Donizetti, Bellini e Verdi e dove la voce di Giuni Russo mostra tutte le sue potenzialita’. Potenzialita’ che certamente non sono valorizzate da quella ‘Un’estate al mare’ che le continua a garantire un posto nella storia della canzone italiana.
Da "Repubblica.it"
La cantante palermitana, malata da tempo, aveva appena compiuto 53 anni. Il successo con "Un’estate al mare"
Addio Giuni Russo e alla sua splendida voce
Una carriera divisa tra grandi successi e sperimentazione. L’ultima apparizione lo scorso anno a Sanremo
MILANO – Lutto nel mondo della musica d’autore italiana: Giuni Russo è morta la scorsa notte, nella sua abitazione a Milano. Aveva appena compiuto, lo scorso 10 settembre, 53 anni, ed era malata da tempo di tumore. Nel corso della sua carriera, aveva legato la sua fama – oltre che alla sua voce, bella e molto particolare – anche a collaborazioni prestigiose come quella con Franco Battiato, che l’aveva lanciata facendole interpretare l’hit Un estate al mare.
Una vita tutta nel segno della musica. Nata a Palermo, col nome di Giusi Romeo, cresciuta in una famiglia cultrice delle lirica, Giuni comincia prestissimo a studiare canto e composizione. Il grande successo arriva dopo l’incontro con un altro artista siciliano, Franco Battiato: autore attentissimo alle interpreti femminili (vedi Alice e Milva), il cantautore catanese scrive, per lei, nel 1982, Un estate al mare. Ed è il successo, per un’interprete che punta, più che sul fascino o sugli effetti speciali, sulla voce e e sulla presenza scenica.
Sempre nell’82, esce l’album Energie, scritto con Battiato. Le successive incisioni – da Vox dell’83 ad Album dell’87 – rivelano la sua tendenza alla sperimentazione; anche se non mancano gli hit facilmente orecchiabili, come Good good bye, Sere d’agosto, Limonata cha cha, Mediterranea, Alghero, Adrenalina.
Da allora, la sua carriera prosegue senza sosta; anche se, forse, senza i grandissimi successi, in termini di vendite, dell’exploit iniziale. Nell’album A casa di Ida Rubinstein, ad esempio, esegue arie e romanze notissime di Bellini, Donizzetti e Verdi. E mostra tutte le sue potenzialità vocali.
E arriviamo così agli anni Novanta: la Russo, mai troppo amata dai discografici delle major, si concentra soprattutto sulle collaborazioni con scrittori e poeti. Nel ’97 si esibisce nello spettacolo Verba Tango, a base di musica contemporanea e poesie di Borges; al suo fianco, un personaggio del calibro di Giorgio Albertazzi.
Poi gli ultimi anni, e la malattia. Con la scelta coraggiosa di esibirsi sul palco di Sanremo, lo scorso anno, con il brano Morirò d’amore. Una presena che oggi Pippo Baudo, dopo aver appreso della sua morte, ha ricordato così: "Le ho voluto molto bene – ha detto il conduttore – da quando partecipò a Castrocaro, e poi la portai a Sanremo quando lei era già malata. Per lei è stato molto importante esserci, e contemporaneamente si sottoponeva alla chemioterapia. Era una donna forte, una grande cantante. Con lei se ne va un pezzo di cuore".
L’ultima sua incisione, nell’ottobre scorso, è per il dvd Napoli che canta, film muto del 1926, diretto da Roberto Leone Roberti, il padre di Sergio Leone, che si era perso nel nulla da mezzo secolo: dopo averlo riscoperto, a Giuni fu affidata la colonna sonora.
I funerali della cantante si terranno domani a Milano, al Monastero delle Carmelitane Scalze.
Da "Corriere della Sera" del 15.09.04 di Mario Luzzatto Fegiz
Addio a Giuni Russo outsider della canzone
Aveva appena compiuto 51 anni ed era malata da molto tempo. Interprete raffinata, sfondò con la semplice «Un’estate al mare»
MILANO – Se n’è andata l’outsider della musica italiana, che con la sua voce potente era capace di passare dal successo di classifica alla sperimentazione più sofisticata. Giuseppa Romeo, in arte Giuni Russo, è morta ieri a Milano dopo lunga malattia, affrontata con coraggio – e lavorando fino all’ultimo – dopo una vita troppo breve sempre a cavallo fra pop, musica colta e jazz. Era una delle cantanti preferite da Franco Battiato, che l’ha sempre aiutata e sostenuta. Il suo ultimo desiderio, che sarà esaudito, è stato quello di essere sepolta tra le Carmelitane Scalze, al cimitero Maggiore di Milano; i funerali si svolgeranno oggi alle 14.45 proprio nel monastero dell’Ordine, in via Marcantonio Colonna. Giuni Russo aveva appena compiuto 51 anni: era nata a Palermo il 10 settembre 1953 da una famiglia di appassionati di musica lirica e fin da giovanissima aveva studiato canto e composizione.
Si fece conoscere nel ’67 vincendo il Festival di Castrocaro, ma i discografici diffidavano delle sue doti: brava – dicevano – ma lontana dai canoni estetici che secondo loro erano indispensabili per sfondare. Così lei si «rifugiò» nel jazz e nel 1975 pubblicò un album (oggi molto ricercato dai collezionisti) intitolato «Love Is a Woman» in cui spiccava il singolo «Milk of Paradise». La vera svolta arrivò solo cinque anni dopo, dall’incontro con Franco Battiato che l’aiutò a pubblicare (1981) un album raffinatissimo intitolato «Energie»; vi parteciparono Giusto Pio e Alberto Radius e il brano che meglio valorizzava le doti di Giuni era intitolato «Una vipera sarò». I suoi gorgheggi, i suoi virtuosismi colpirono la critica, ma non furono ancora sufficienti a farla apprezzare dal grande pubblico. Il successo popolare era però solo dietro l’angolo; l’anno successivo infatti Giuni Russo lanciò un vero tormentone da hit parade: «Un’estate al mare», brano disimpegnato il cui crescendo, in acuto («ombrelloni, oni-oni) ricordano tutti ancora oggi.
Ma Giuni Russo era sempre alla ricerca di una musica meno convenzionale e più virtuosa. Le successive incisioni, fra cui «Vox» (1983), «Mediterranea» (’84), «Giuni» (’86)e «Album» (’87) confermarono un’artista in continuo divenire, molto versatile e rigorosa, capace però di comunicare anche col grande pubblico con successi quali «Good good bye», «Sere d’agosto», «Limonata cha cha», «Mediterranea», «Alghero», senza rinunciare a uno sperimentalismo vocale e strumentale del tutto anomalo nel panorama italiano. Le chiedevano sempre canzoni «effimere», ma lei si annoiava, finendo spesso per litigare con discografici e impresari.
Nell’88 arrivò una svolta ancora più colta con l’album «A casa di Ida Rubinstein», in cui Giuni eseguiva, con piglio sperimentale, arie e romanze liriche di Bellini, Donizetti e Verdi, confermando la naturale vocazione alle contaminazioni musicali d’avanguardia. Negli anni seguenti esplorò altri territori musicali: dalla world music arabeggiante di «Amala» (’92) al cabaret petroliniano di «Se fossi più simpatica sarei meno antipatica» (’94). Intanto Giuni Russo collaborava con scrittori e poeti, studiava antichi testi sacri, componeva nuove canzoni, cantava versi di Borges (a fianco di Giorgio Albertazzi nello spettacolo di musica e poesia contemporanea «Verba Tango», nel 1997).
Nel 2003, quando i segni del male sono già evidenti, Giuni Russo partecipa al Festival di Sanremo con «Morirò d’amore», scritto con la fedele e inseparabile compagna d’arte e di vita Maria Antonietta Sisini: una sorta di commovente romanza-lied con arrangiamenti di Franco Battiato e Roberto Colombo.
Giuni Russo aveva un carattere difficile e spigoloso, spesso a disagio in uno star system che premiava più le curve e il look del talento. Ma aveva tenuto duro fino all’ultimo. Sapeva da tempo che la fine era vicina e voleva assicurare un futuro stabile alla sua amica Maria Antonietta. Così cercava di far cantare a Pavarotti una canzone ricca d’enfasi scritta per lui. Ma non ha fatto in tempo a vedere realizzato questo sogno. Il suo repertorio recente è una sorta di testamento spirituale. Come «Il Carmelo di Echt» una composizione di Juri Camisasca ispirata alla vita e alla morte di Edith Stein (ebrea tedesca, monaca carmelitana deportata e morta ad Auschwitz), pervasa da una irreale serenità ma al tempo stesso segnata da una forte drammaticità. O la sua rilettura di «Ciao amore (ciao)» di Tenco.
Uno dei suoi ultimi exploit è stato al Festival del Cinema muto di Pordenone il 18 ottobre 2003, dove creò in diretta durante la proiezione una colonna sonora per il film di Roberto Leone Roberti, padre del grande regista Sergio Leone, «Napoli che canta».