Il silenzio degli innocenti: dei tanti gay costretti al silenzio da una famiglia oppressiva e dalla diffusa incapacità sociale di accettare una condizione umana che non è né un vizio né un male, ma un naturale modo di essere. E’ questa la realtà messa in scena ieri dalla prima puntata della fiction televisiva “Mio figlio”, diretta da Luciano Odorisio e messa in onda su Rai Uno in prima serata.
Un poliziotto di un’associazione gay svedese
Emblematica la scena madre della puntata, nella quale il commissario Vivaldi, interpretato dal bravo Lando Buzzanca, affronta il figlio, anch’egli poliziotto. Vivaldi sospetta che il ragazzo sia gay, ma sa anche che potrebbe essere implicato in un omicidio: tuttavia, quando decide di affrontarlo, non una parola né un’emozione sono dedicate a questa seconda possibilità. L’uomo è ossessionato solo dall’idea che il figlio non corrisponda alle sua aspettative di virilità. Un’ossessione avvertita dal giovane in modo così opprimente da indurlo a mettere in pericolo il proprio lavoro e la propria onorabilità pur di cancellare ogni traccia che potrebbe portare il padre a scoprire la sua omosessualità.
Odorisio ha messo in scena una condizione purtroppo ancora assai diffusa fra i gay italiani. Ma ha aperto il velo anche su un’altra realtà ancora poco indagata: la presenza diffusa di persone omosessuali fra le forze dell’ordine e nell’esercito. Per i tanti poliziotti, carabinieri o soldati gay il silenzio sulla propria identità è la regola, segno di un deficit molto forte di democrazia effettiva e di un persistente machismo fra i lavoratori in divisa.
In diversi Paesi del nord Europa questo fenomeno è uscito allo scoperto da anni e le organizzazioni di poliziotti e militari gay sono uscite allo scoperto rivendicando il diritto alla propria identità in modo visibile (vedi ad esempio il sito www.gay.police.uk). All’ultimo raduno dei GayCop (poliziotti omosessuali) tenutosi lo scorso anno ad Amsterdam era presente per la prima volta, anche se in modo informale, una piccola delegazione italiana. Confidiamo che la fiction di Odorisio possa aiutare ad imprimere un’accelerazione in questo senso anche in Italia.
Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale Arcigay