Ma quando finirà il senso del pudore sui gay?

  

Caro direttore,
fa bene Piero Fassino a rivendicare a sé e all’attuale gruppo dirigente dei DS una concreta accelerazione sul tema del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto.

Tutti i passaggi che ricordava qualche giorno fa su questo giornale, (presentazione della legge sul Pacs, dispositivi congressuali, iniziative e dibattiti in tutto il paese, ecc.) sono effettivamente avvenuti e, di tutto ciò lo ringraziamo. Ma il tema posto da Claudia Mancina è un altro, e appartiene alla convinzione profonda, culturale, della sinistra riformista italiana di occuparsi delle questioni attinenti ai diritti civili e alle libertà individuali, non come facenti parte della lista della spesa, ma come temi costitutivi del suo stesso esistere.

Merita, quindi, fare un discorso di verità, che se possibile rende ancora più apprezzabile lo sforzo del gruppo dirigente dei DS. La campagna di informazione citata nell’intervento di Fassino, si è effettivamente svolta nell’autunno del 2004, ma non si può tacere che in moltissime importanti città e regioni (anche rosse) italiane i manifesti non sono stati affissi, in alcuni casi le federazioni locali hanno scelto di non mettere sui muri delle loro città i manifesti con l’immagine della coppia gay e della coppia lesbica.

Insomma persiste un diffuso “senso del pudore”, che ci deve interrogare tutte e tutti. Ciò da cosa deriva? Da una evidente, e condivisa anche da Fassino, considerazione che la sinistra italiana (in tutte le sue varie declinazioni) paga un arretratezza culturale, causata dalla sua storia. Se un dirigente regionale della Cgil subisce il ricatto e le violenze dal suo amante aguzzino, piuttosto che vivere serenamente la propria omosessualità, significa che il senso di vergogna, di paura di essere emarginato, anche dentro la propria grande organizzazione di sinistra è forte, presente, diffusa, nel dna delle consuetudini dei codici non scritti di uno stile di vita a cui bisogna attenersi. Come lui, possiamo testimoniare, ne abbiamo conosciuti tanti. Bravi dirigenti, capaci parlamentari, eccellenti esponenti locali e nazionali che praticano coscientemente il nicodemismo, sentendosi ancora appartenenti di un sistema ecclesiale a parole oggi superato dalla storia, ma nei fatti, seppur virtualmente, ancora in piedi. Infatti, chi ci crede che solo Grillini, De Simone e Vendola siano gli unici parlamentari omosessuali italiani?
D’altronde quanti conviventi, divorziati, separati, eterosessuali od omosessuali, parlamentari del centro destra (e qualcuno pure del centro sinistra) operando un’elusione della propria condizione, si accalcano sulle televisioni italiane a sostenere che i dettami della gerarchia cattolica devono valere anche nel diritto pubblico?

Nel nostro paese quel vento di liberazione che ha pervaso la sinistra europea negli ultimi quindici anni e, che ha permesso a migliaia di gay e lesbiche dirigenti politici di affermarsi, anche in quanto tali, non è ancora giunto. Ancora oggi il tema dell’identità e dell’orientamento sessuale provoca rossori improvvisi, pudicizie adolescenziali, nervosismi e tic davvero gustosi.

Perciò ci si sente inferiori, in fondo peccatori, davanti alle bacchettate di una gerarchia cattolica, eunuca per il regno dei cieli, negatrice di ogni piacere della carne, ossessionata dalla necessità di tenere in piedi un sistema di regole che in primo luogo non convincono il popolo di Dio, e raramente sono osservate dai consacrati.

Squarciare questi veli significa rendere la sinistra italiana davvero matura, solida nei propri obiettivi politici e sociali, un soggetto che si confronta alla pari con le altre idee in campo, così come scandalosamente ha fatto ieri Zapatero e, l’altro ieri tantissimi leader socialisti europei.

C’è bisogno, per essere davvero forti nell’affermare i valori della laicità, di sentirsi parte in causa e non solo proponenti di strumenti legislativi, che interpretino le aspirazioni di milioni di persone. Adesso è ora che si facciano ulteriori decisi passi in avanti, cercando di tenere ben salda la barra, perché i rischi di tornare indietro sono del tutto presenti. In questo senso, come ben viene scritto nella Carta di Nizza, sostenuto da tutti gli Istituti di Studi sociologici, dalle legislazioni nazionali degli Stati dell’Unione, le famiglie si suddividono in molte tipologie; la politica può certamente decidere di privilegiare quella fondata dal matrimonio, ma la sinistra non può negare la realtà che oltre il 50% della società italiana è organizzata in formazioni familiari differenti da quella tradizionale.

Una buona politica non si limita certo nel leggere freddamente i dati e le statistiche, si occupa di aiutare l’istituzione familiare tradizionale a superare difficoltà economiche, mettendo in campo strumenti efficaci e servizi degni di questo nome. Ma i nemici non sono i e le conviventi, gli omosessuali, le famiglie ricostituite, ecc., ma l’ipocrisia familista che urla e inveisce e poi lascia tutti soli, non scommette sulla solidarietà, sui progetti di vita, sulla costruzione dei percorsi di autonomia e, intende mantenere nella clandestinità sociale milioni di persone.

Aurelio Mancuso
Segretario nazionale Arcigay


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