Chi è contro i Pacs è contro la Costituzione

  

“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente”, si legge all’art. 18 della Costituzione italiana. Qualcuno potrebbe pensare che questo diritto attribuito ai “cittadini”, sia fonte di un divieto ad associarsi per chi non goda della cittadinanza italiana? “’arte e la scienza sono libere e libero ne è ‘insegnamento” recita l’art. 33. Significa che altre forme di sapere sono vietate nella loro libera espressione? Qualcuno negherebbe che il diritto alla privacy o quello a non essere discriminati sulla base del proprio patrimonio genetico siano incostituzionali perchè non previsti? Certamente no.

In questi giorni, invece, molti ripetono che una legge che dia riconoscimento giuridico a relazioni di coppia fuori dal matrimonio sarebbe incostituzionale. Eppure l’art. 29 della carta fondamentale riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, non nega diritti alle altre forme di relazione affettiva. Già dal 1986 la Corte Costituzionale ha ribadito che una relazione di coppia stabile, anche se fuori dal matrimonio, ha una rilevanza costituzionale in quanto formazione sociale tutelata dall’art. 2, sollecitando il Parlamento a legiferare in questo senso.

Nilde Iotti, che nella commissione dei 75 che redasse la proposta di testo costituzionale si occupò della stesura dell’articolo sulla famiglia, aveva ben presente questi temi quando, nel 1998, fu fra i primi firmatari di un progetto di legge sulle Unioni affettive che recitava: “’unione fra due persone, di maggiore età, dello stesso sesso, legate da vincoli affettivi, di solidarietà e di reciproca assistenza, morale e materiale, è riconosciuta dalla legge ai fini della costituzione e della pubblica registrazione, dello scioglimento e della disciplina dei rapporti fra le parti."

Il riconoscimento dei diritti della famiglia fondata sul matrimonio, dopo l’esperienza di uno Stato totalitario che pretendeva di togliere autonomia alla sfera sociale, non può essere intesa come negazione di nuovi diritti. Quando i costituenti vollero esprimere un divieto lo fecero espressamente, come nel caso dell’art. 33, in cui si afferma che l’istituzione di scuole private deve avvenire “ senza oneri per lo Stato”.

In verità sono ideologiche e non giuridiche le resistenze di chi si oppone al Pacs, proponendo di affrontare la questione attraverso contratti di natura esclusivamente privatistica che non risolverebbero le esigenze delle coppie che non possono sposarsi o preferiscono regolare la loro relazione fuori dall’istituto del matrimonio.

L’assenza di un riconoscimento giuridico pubblico spesso comporta la lesione della dignità sociale della coppia. Ne è testimonianza l’umiliazione denunciata da Adele Parrillo, compagna di una delle vittime di Nassiriya, esclusa da ogni programma di assistenza e dalle commemorazioni ufficiali. Senza l’iscrizione del Patto in un pubblico registro sarebbe precluso l’accesso alla pensione di reversibilità al compagno o alla compagna di una vita né sarebbe possibile prevedere un punteggio di ricongiungimento nelle graduatorie di trasferimento per i dipendenti pubblici. Le coppie di nazionalità mista sarebbero lasciate, com’è adesso, senza alcuna garanzia di poter portare avanti un progetto di vita in comune. Sarebbe ancora difficile la possibilità di esercitare alcuni diritti/doveri di base come l’astensione dall’obbligo di deporre in giudizio contro il partner, la successione nella titolarità di un contratto di locazione, la fruizione di un congedo parentale, la decisione ultima sulla salute del compagno.

L’ipotesi di un contratto di natura esclusivamente privatistica, com’è la proposta avanzata da Francesco Rutelli, non dà risposta a queste situazioni concrete che possono essere affrontate solo attraverso un contratto a rilevanza pubblica. Quasi tutti gli Stati europei sono già andati in questa direzione, invocata a più riprese dal Parlamento Europeo e segnata dalla Carta di Nizza. Il turno dell’Italia è arrivato, e toccherà all’Unione colmare questa lacuna.

Non si contrapponga il varo di una legge sul Pacs ad un rilancio del welfare per le famiglie, che è terreno su cui chi oggi propone il nuovo istituto ha saputo dare i migliori risultati sia nel governo del Paese sia nei governi locali. Né ci si trinceri dietro l’argomento che si tratta di un tema che riguarda una minoranza di italiani. Senza scomodare Tocqueville e il rischio di una “tirannide della maggioranza”, si rifletta sul fatto che i diritti fondamentali delle persone vanno tutelati al di là dei numeri. E se proprio allettano i numeri, si tenga conto anche di questi: 51,6% di italiani favorevoli al riconoscimento delle coppie gay e lesbiche nel giugno 2003 (Eurispes), 52% nel maggio 2005 (Eurisko). Quando si parla di libertà civili, come fu per il divorzio o per la legge sull’aborto, gli italiani sanno cosa rispondere.

Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale Arcigay


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