Sergio Lo Giudice è il Presidente nazionale del’Arcigay, ‘associazione che da oltre ven’anni si batte per i diritti di cittadinanza degli omosessuali, delle lesbiche, dei bisessuali e dei transessuali. Questa settimana, su invito di Nicola Zingaretti, una folta delegazione Arcigay ha partecipato ad una "due giorni" bruxellese per parlare di uguaglianza dei diritti, PACS e lotta al’omofobia con il Presidente della Delegazione Italiana nel gruppo socialista e Michael Cashman, deputato laburista britannico e Presidente del’Intergruppo gay, lesbiche e bisessuali del Parlamento europeo.
Più di 40 attivisti, capeggiati dallo stesso Sergio e dal Presidente del circolo romano Fabrizio Marrazzo, hanno incontrato i rappresentanti del’ILGA Europe (‘organizzazione ombrello che raggruppa gran parte delle associazioni gay/lesbiche ‘Europa) e visitato i luoghi simbolo del’associazionismo omossessuale belga.
Sergio Lo Giudice
Abbiamo incontrato proprio Sergio Lo Giudice, al quale rivolgiamo qualche domanda prima del suo ritorno a Bologna.
‘anno scorso, proprio in questo periodo, si concludeva la delicata vicenda della nomina di Rocco Buttiglione al ruolo di commissario europeo per la giustizia e le libertà pubbliche. Allora il Parlamento decise di condannare le sue dichiarazioni omofobe e oppose il veto.
Sul tema dei diritti, quale ruolo può ancora giocare ‘Europa per ampliare lo spettro delle opportunità e superare alcune anomalie come quella italiana, ovvero di un paese che, su questo come su altri temi, sconta pesanti ritardi?
In questi anni il ruolo del’Europa per sensibilizzare ‘opinione pubblica italiana e le nostre forze politiche sul tema dei diritti delle persone omosessuali e transessuali è stato determinante. Basti pensare al forte impatto che hanno avuto, nel nostro paese, la risoluzione del’8 febbraio del’94, ‘approvazione della carta dei diritti fondamentali del’Unione Europea o, ancora, la ferma opposizione assunta dal Parlamento europeo, per ‘appunto, nel caso Buttiglione.
Noi sentiamo molto forte ‘esigenza che ‘Europa continui ad essere molto attenta a questi temi e molto attenta a quello che accade in Italia. Alcune aspettative specifiche che noi abbiamo rispetto al’Europa è che si rafforzi ancora di più il pilastro del’Europa dei diritti, che il passaggio da una serie di risoluzioni in favore dei diritti delle persone GLBT (gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, ndr) alla era delle direttive, co’è stato il caso con la direttiva 78 del 2000, si consolidi. Che ci possa essere, quindi, una richiesta forte e non solamente simbolica da parte del Parlamento europeo. E poi che ci sia, come è stato appunto per il caso Buttiglione, una ferma attenzione al fatto che ‘Italia rispetti fino in fondo i principi della carta di Nizza e quello spirito di uguaglianza e di libertà che ‘Europa, in questi anni, ha promosso.
Oggi avete incontrato il Presidente del’intergruppo per i diritti dei gay, delle lesbiche e dei bisessuali, il laburista britannico Michael Cashman. Parlando del rapporto tra fede e libertà di orientamento sessuale, Cashman ha voluto precisare quanto la battaglia dei gay e delle lesbiche sia la stessa di tutti coloro che credono nei principi di uguaglianza, quindi anche di quei credenti che si sentono discriminati in quanto tali. Insomma, sembra che la "questione cattolica" non sia per il movimento gay un problema se posta nei termini del’esercizio privato delle profonde convinzioni etiche e spirituali dei credenti. Qual è il momento nel quale questo complesso di valori religiosi entra in collisione con i principi di libertà e cittadinanza di cui ‘Arcigay è ambasciatrice?
Noi abbiamo una forte simpatia per ‘azione positiva che tanta parte della chiesa cattolica di base fa nella società sui temi della giustizia sociale, ma anche sui temi delle libertà individuali e anche, da tante parti, sui temi del’accoglienza, del’inclusione, di una reale cura pastorale delle persone omosessuali.
Abbiamo meno simpatia per un ruolo fortemente aggressivo che le gerarchie vaticane hanno messo in campo soprattutto nel’ultimissimo periodo. Questa situazione, soprattutto in Italia ma anche a livello internazionale, sta provocando una forte stretta sul tema delle libertà sessuali e, in particolare, sul riconoscimento della dignità delle persone omosessuali e sul rispetto della loro identità. Il recente caso delle nuove norme che prevedono ‘esclusione dei gay dai seminari rappresenta un fatto molto negativo perché, così facendo, il Vaticano supera la tradizionale distinzione tra comportamenti omosessuali da condannare e identità omosessuale da rispettare, giungendo ad un anatema nei confronti di persone che sono portatrici di una identità.
Il limite, che noi vediamo costantemente valicato, è quello della forte pressione sulle forze politiche e della presenza di un partito vaticano che si muove in Italia come una forza politica. Ma anche su questo piano voglio dire che il nostro referente non è la chiesa cattolica. Quello che noi vogliamo cercare di bloccare è un processo in questo momento di sudditanza da parte di aree importanti della politica italiana, anche del Centrosinistra, rispetto ad un potere confessionale esterno. Questo scenario rischia di minare alle basi il principio fondamentale costituzionale della laicità dello Stato che è, per noi come per tutti, la garanzia del rispetto dei nostri diritti e della inclusione sociale. Quindi, bene al’espressione di qualunque concezione religiosa, politica, filosofica o culturale, ma che questo avvenga sempre nel rispetto di quella cornice fondamentale e inviolabile che è la laicità delle istituzioni.
I recenti fatti di Polonia, in cui un corteo per i diritti dei gay e delle lesbiche è stato violentemente represso dalla pubblica autorità, sono tanto più gravi perché avvenuti in uno Stato membro del’Unione Europea, e dunque in un paese vincolato dai trattati al rispetto dei diritti fondamentali.
Alcuni gruppi politici, tra i quali il gruppo socialista europeo, spingono affinché il Parlamento europeo condanni ufficialmente ‘atteggiamento del governo polacco. I popolari europei hanno già preso le distanze dal testo e sembra che il gruppo dei liberali europei voglia fare lo stesso. Ma senza il voto determinante dei liberali la risoluzione di condanna non otterrà la maggioranza parlamentare. Quale appello si sente di voler rivolgere ai rappresentanti del gruppo liberale europeo a cinque giorni dal voto?
In questi anni noi abbiamo sempre potuto fare affidamento sul voto dei liberali al Parlamento europeo sulle questioni che hanno segnato le tappe importanti del riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali da parte del’Unione Europea. Io spero fortemente, anche in questo caso, che il gruppo dei liberali europei voglia fare sentire una voce e un parere forte e determinato su un fatto che rappresenta uno scandalo per questa Europa. Da Pozdam a Varsavia a Cracovia negli ultimi mesi ‘è stata una fortissima escalation di intolleranza, di violenza nei confronti delle persone omosessuali e delle loro organizzazioni da parte di gruppi di fanatici estremisti, coperti dalle istituzioni e in particolare, oggi, dal governo. ‘ un bubbone di intolleranza che, in questa delicata fase di ampliamento del’Europa da quindici a venticinque paesi membri, ‘Unione Europea non si può permettere. Il nostro appello va soprattutto a quelle persone sulla cui amicizia e vicinanza sappiamo di poter contare senza riserve – penso a Marco Pannella, a Emma Bonino o a Giulietto Chiesa – che hanno appoggiato le nostre richieste già prima delle elezioni, affinché il Parlamento si possa esprimere con una voce forte e unitaria contro la possibilità che al’interno dei confini del’Unione Europea si faccia un così grave passo indietro sul piano del’agibilità politica e della possibilità di autorappresentazione sociale e dei diritti di cittadinanza delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.
In Italia il dibattito sui PACS fa sperare bene: Romano Prodi si è pubblicamente impegnato a considerarlo uno dei primi punti programmatici di un eventuale governo di Centrosinistra. In Europa, invece, i PACS e le unioni civili sono già da tempo istituzionalizzate. Ora, al termine di questa tre giorni di Bruxelles, non ci si sente degli alieni a battersi per un diritto già riconosciuto in tutta Europa?
‘è effettivamente un baratro dal punto di vista culturale fra ‘aria che si respira in Italia e ‘aria che si respira qui. Prova ne è il fatto che spesse volte le stesse persone, gli stessi gruppi politici, assumono a livello europeo delle posizioni che non si sognano di difendere nello stesso modo in Italia. Io spero che così come è stato annunciato da Prodi dopo il vertice di San Martino in Campo tra i leader del’Unione si arrivi, anche in Italia, ad avere al più presto una legge che dia un riconoscimento pubblico alle coppie gay e lesbiche. Naturalmente un riconoscimento pubblico, sono parole di Prodi, significa andare oltre quella proposta, che noi consideriamo assolutamente inaccettabile, avanzata dal Cardinale Ruini e fatta propria dal leader della margherita Rutelli, di contratti di natura privatistica che possano rappresentare un sostituto di quello che invece sta accadendo in tutta ‘Europa, cioè di un riconoscimento pubblico e giuridico dello status di coppia esteso anche alle relazioni omosessuali. ‘ una linea minima oltre la quale noi non saremmo disposti ad andare, ma tutto lascia pensare che quel obiettivo anche in Italia possa essere finalmente realizzato. Naturalmente, aspettiamo i fatti e ci comporteremo di conseguenza.