Un programma non degno di un centrosinistra europeo

  
Romano Prodi e Camillo Ruini

Romano Prodi e Camillo Ruini

“Non c’è riconoscimento giuridico delle Unioni civili, non ci potrà essere un appoggio di gay e lesbiche al programma dell’Unione. Gli impegni precedentemente assunti dai leader del centrosinistra e dal candidato premier sono stati stracciati. Il centrosinistra italiano ha deciso che la benevolenza elettorale delle gerarchie vaticane è un bene superiore ai diritti delle persone. Ci auguriamo che le forze politiche che sappiamo avere realmente a cuore i diritti civili si battano affinché veda la luce quel nuovo istituto giuridico, diverso e distinto dal matrimonio, che è nella legislazione di tutti i grandi Paesi europei”.

Il presidente nazionale di Arcigay Sergio Lo Giudice si fa portavoce della rabbia di gay e lesbiche di fronte al risultato dell’incontro della scorsa notte in cui i leader dell’Unione hanno licenziato l’ultima versione del programma, da cui scompare il riferimento alla realizzazione dell’istituto delle Unioni civili concordato nell’incontro di San Martino in Campo del 5 e 6 dicembre scorso, che conteneva un impegno preciso:

«Le unioni civili come riconoscimento giuridico di una forma di relazione capace di assicurare prerogative e facoltà e di garantire reciprocità nei diritti e nei doveri. Punto di riferimento è il lavoro svolto nel’ambito del’indagine conoscitiva sulle "unioni di fatto e il Patto civile di solidarietà", condotta dalla commissione Giustizia della Camera dei deputati. Al fine di definire natura e qualità di tale forma di unione, non è dirimente il genere dei contraenti e il loro orientamento sessuale; va considerato, piuttosto, il sistema di relazioni (amicali, sentimentali, assistenziali, di mutualità e di reciprocità) — la sua stabilità e la sua intenzionalità — quale criterio qualificante la scelta del’unione».

“Quella formulazione rappresentava un punto di sintesi fra le diverse culture politiche che compongono l’Unione — spiega la presidente di Arcilesbica, Francesca PoloEssa, tuttavia, riusciva a tenere conto anche della legittima ed indifferibile richiesta avanzata dall’ampio movimento che nel Paese sostiene la necessità di una legge sui Pacs: un riconoscimento giuridico pubblico delle coppie che vogliano accedere al nuovo istituto. Il testo licenziato ieri tradisce quelle istanze”.

La nuova formulazione, che ha registrato il disaccordo della Rosa nel pugno, elimina il riferimento all’istituto giuridico e parla solo di diritti delle singole persone:

"’Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi e il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto quale criterio qualificante il sistema di relazioni sentimentali, assistenziali e di solidarietà la loro stabilità e volontarietà".

"È la soluzione che era stata indicata dal cardinal Camillo Ruini, presidente dei vescovi italiani che, già nel settembre scorso, aveva suggerito di percorrere "la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni" e di procedere a promulgare "eventuali norme a loro tutela”.

“Puntare a tutelare singoli diritti al di fuori del riconoscimento giuridico pubblico della coppia unita civilmente — aggiunge Lo Giudice – significa non farsi carico della dignità sociale di milioni di coppie di fatto e ignorare le esigenze costituzionali di tutela giuridica delle formazioni sociali, come affermato dall’art. 2 della nostra Costituzione. Prodi aveva detto di non volersi ispirare a Zapatero ma ad Aznar, ma questa proposta è più arretrata di quella del Partito Popolare spagnolo. Così si disattende la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’’Unione è ancora in tempo: non tradisca le attese di milioni di italiane e di italiani”.


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