A meno di un mese dal grande raduno internazionale gay a Gerusalemme (rinviato di un anno per ragioni di sicurezza) gli ambienti religiosi stanno moltiplicando gli sforzi per impedire la’profanazione di mass’ della Citt’ Santa. Per una volta, rabbini ed imam musulmani sono sulla medesima barricata, uniti nella lotta contro quella che considerano una insopportabile’degradazione
dei costum’.
In questo clima di radicalizzazione ‘ giunta ’11 luglio la distribuzione nelle cassette postali dei rioni ortodossi ebraici di Mea Shearim e di Gheula di volantini incendiari in cui si propone addirittura una’tagli’ di 20 mila shekel (pi’ di 3.000 euro) a chi riesca a provocare la morte’di quanti vengono da Sodoma e Gomorr’, due citt’ indicate dalla Bibbia come meritevoli della distruzione divina per la terribile depravazione dei loro abitanti. Gerusalemme, avvertono rabbini oltranzisti, rischia di fare la medesima fine se la marcia gay WorldPride non sar’ fermata.
Ci’ nonostante il mondo rabbinico in tutte le sue molteplici correnti si sta mobilitando in questi giorni per impedire che la settimana di eventi omosessuali abbia luogo a Gerusalemme. Illustri rabbini, fra cui il centenario Elyashiv e il rabbino Ovadia Yossef di Shas hanno gi’ ordinato ai seguaci di scendere nelle strade per impedire con la propria presenza che la abbia luogo.
Un piccolo assaggio di quanto possa avvenire lo ha avuto un esponente del partito di sinistra Meretz, gestore di un’gay-ba’, che ieri si era recato a Mea Shearim per fotografare i poster incendiari pubblicati dai rabbini contro la manifestazione. Con sua sorpresa ‘ stato riconosciuto e in pochi minuti circondato da una folla di ortodossi in tumulto.’Ho temuto che mi volessero lapidar’, ha poi detto al
quotidiano Yediot Ahronot.
Il sindaco di Gerusalemme Uri Lupoliansky, un ebreo ortodosso, ‘ contrario alla marcia dei gay, ma lamenta di non disporre di strumenti legali per impedirla. Malgrado il clima sempre pi’ acceso, gli organizzatori della manifestazione hanno respinto proposte di compromesso, di trasferire cio’ la Parade alla pi’ laica e pi’ tollerante Tel Aviv, distante appena 60 chilometri. Anche per loro ci sono principi pi’ alti in gioco. Ne va, dicono, della libert’ di espressione in Israele.