Scritte omofobiche contro Fullin

  
Il manifesto di Alessandro Fullin

Il manifesto di Alessandro Fullin

Non è proprio un «benvenuto» quello che la città ha dato sabato 22 luglio ad Alessandro Fullin, il comico di Zelig che in serata si è esibito ai giardini dell’Arena. Proprio fuori dall’area verde qualcuno ha imbrattato il cartellone pubblicitario con la foto del comico con l’epiteto offensivo «Frocio». Una scritta che ha fatto bella vista di sé per tutta la giornata in corso Garibaldi. Quella del comico triestino è un’omosessualità mai nascosta, ed anzi frutto di una serie di divertenti battute autoironiche sui vizi e le nevrosi della comunità gay. Ma l’intenzione dei vandali in questo caso era puramente offensiva, palesemente discriminatoria e omofoba. Un segnale grave per la città, secondo il presidente di Arcigay Veneto e consigliere comunale Alessandro Zan: «E’ un gesto vile che dimostra come alcune persone preferiscono imbrattare muri, cartelloni e edifici pubblici per aizzare l’odio contro le persone, anziché discutere e mostrare la propria faccia nell’esprimere opinioni».

Appena una settimana fa la corte di Cassazione si è espressa, con una sentenza, proprio sull’epiteto «frocio», stabilendo che è reato utilizzarlo pubblicamente contro qualcuno, perché «si ravvisa un chiaro intento di derisione e di scherno».

«Credo che tutta la città possa dirsi indignata, e penso di interpretare anche il sentimento del sindaco e dell’amministrazione, nell’affermare che questi gesti di vandalismo devono essere stigmatizzati e condannati senza riserve – aggiunge Zan -. La stessa indignazione l’abbiamo espressa quando i muri del Ghetto, vicino alla sinagoga, sono stati imbrattati con svastiche e scritte antisemite».

La questione omosessuale ritorna di prepotenza nella cronaca, dopo il lungo dibattito che ha accompagnato la mozione sul registro delle coppie di fatto, presentata da Zan in consiglio comunale e non ancora discussa. «Una grave responsabilità ce l’hanno i gruppi di estrema destra, come Forza Nuova che bruciò in piazza un registro – chiarisce ancora il consigliere diessino -. Sono azioni che esprimono rancore e odio, che non sono esempio di convivenza pacifica e civile, come tutte le manifestazioni violente». In questo caso quindi vale la regola della “prevenzione”: «E’ indispensabile attivare delle campagne serie di informazione, soprattutto nelle scuole, perché è lì che si forma la coscienza civile delle nuove generazioni – conclude Alessandro Zan -. Nelle classi purtroppo sono in aumento i fenomeni di bullismo e discriminazione. Mi farò portavoce del problema presso l’amministrazione». In precedenza, solo nel 2002, in occasione del Gay Pride, erano apparse in città altre scritte violentemente offensive nei confronti di lesbiche e gay. E all’inaugurazione della festa dell’orgoglio omosessuale era presente proprio Alessandro Fullin, che si esibì in una divertente parodia delle «donne di Forza Italia».

LA REPLICA DI ALESSANDRO FULLIN

«Parola in lingua morta, da salvare Proprio come il mio bel tuscolano»

«Mi hanno chiamato frocio? Toh, è la prima volta. C’è sempre una prima volta, e mi fa piacere che questa mi sia capitata a 42 anni, un’età alla quale non è facile essere vergini da nessun punto di vista. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, anche per una preparata archeologa ricercatrice di tuscolano come me. Intendiamoci, la sostanza di quel che ha voluto dire quel tale che si è espresso con quel termine desueto (e quindi linguisticamente da tutelare, come gli animali a rischio d’estinzione) io non la contesto mica, ci mancherebbe. Certo che sono quella cosa lì che lui ha voluto dire. Delle mie inclinazioni sessuali non ho mai fatto mistero, le vivo così felicemente. A colpirmi è l’epiteto prescelto: così di retroguardia da fare tenerezza, oltre a sollecitare il mio interessa da studiosa. Coraggio, anonimo amico, fatti conoscere, mettiti in contatto con me, anch’io sono cultrice di una lingua morta. Da uno scambio vivo fra me e te, due lessicologi, possono venir fuori cose interessanti. Stai tranquillo, rilassati, da un nostro incontro non hai niente da temere, presumo anzi di poterti insegnare qualcosa».

Alessandro Fullin, triestino, ieri sera all’Arena Romana con il suo spettacolo «Gengis Khan o il problema del tartaro» (in strana coppia con la sarda Clelia Sedda) organizzato dalla Promovies di Gianni Vitale, non nasconde un po’ di turbamento per quel «frocio» scritto a mano sulle locandine al cancello d’ingresso in piazza Eremitani. «Si può nascere di sesso maschile, ma non per questo uno deve rassegnarsi» è il programma che ha sempre ispirato la comunicazione al pubblico – assieme al proprio modo di sentirsi al mondo – del comico di Zelig.

«Mi hanno raccontato», commenta, «che qui a Padova qualche sera fa Vittorio Sgarbi, parlando del 5º centenario della morte di Andrea Mantegna e delle mostre in preparazione, è lodevolmente riuscito a parlare pure di Pacs. Pare infatti che qualche storico abbia fatto insinuazioni sulla presunta complessa identità sessuale del grande pittore del Rinascimento, su una sua passione per i travestimenti assieme al cenacolo di camerati. Ebbene, risulta che Sgarbi abbia detto all’incirca: “Ma oggi ormai i Pacs li ammettono quasi tutti, penso che non li rifiuti neanche il vostro bravo monsignor Claudio Bellinati” che mi dicono essere un ecclesiastico padovano integerrimo, ferratissimo studioso d’arte. Ecco, quel “frocio” in epoca di Pacs, di sessi che da due quali si riteneva una volta sono diventati tendenzialmente infiniti, risuona inaspettatamente come l’ultimo disperato grido di certezza d’un uomo d’altri tempi. Da ascoltare, non però da invidiare».

Da "IL Mattino di Padova" del 23 luglio 2006


  •