Un mondo a parte

  

14-15 agosto 2° e 3° giorno

Ben consapevole che da questa conferenza non uscirà nessuna nuova possibilità terapeutica che potrà cambiare la vita delle persone sieropositive, decido di perdermi tra le decine di sessioni che si inoltrano nelle questioni psicosociali legate alla pandemia. Sempre di più l’evento si sta connotando come una convegno di scienze sociali dove abbondano le sessioni che si occupano di sessualità, comportamenti, gruppi vulnerabili. Nella nostra società globalizzata appare ormai chiaro che la vita, la salute e il piacere sessuale delle persone stanno diventando sempre di più una questione politica e religiosa.
Ed e forse per questo che in ogni sessione della conferenza in cui si parla di prevenzione del’HIV si tocca ormai il tema dei diritti umani, intesi anche come diritti sessuali, identitari e di cittadinanza.
Non ci si riferisce solo alla violazione dei diritti umani in quei paesi dove esistono regimi totalitaristici: infatti, se siamo d’accordo sul fatto che l’HIV sia una malattia trasmessa sessualmente che colpisce in prevalenza le persone sessualmente attive, come possiamo definire un programma di prevenzione basato sull’astinenza sessuale? Condannare 40 milioni di persone che vivono con l’HIV a rinunciare a una propria vita sessuale non è negare un diritto umano?

Dalle plenarie alle sessioni interne il leit motiv della conferenza è sempre lo stesso: in attesa di strategie preventive/terapeutiche efficaci l’unico strumento da usare sono i metodi preventivi basati sull’evidenza scientifica.

Nella plenaria di martedì Cristina Pimenta (Brasile) riprende gli ormai tristi dati UNAIDS mettendo in evidenza il mancato accesso alla prevenzione. Le statistiche globali UNAIDS dicono che il 9% di MSM (maschi che fanno sesso con altri maschi) non riceve nessun servizio di prevenzione; meno del 20% dei consumatori di sostanze per via iniettiva non riceve nessun strumento di prevenzione; solo il 9% di donne gravide è seguito da un servizio di prevenzione per evitare la trasmissione al nascituro; meno del 50% di giovani non ha informazioni e strumenti per evitare ‘infezione.
Tra le barriere al’accesso universale alla prevenzione vi sono determinanti di vulnerabilità sociali come povertà, diversità di genere, differenze culturali, stigma e discriminazione ma ciò che incide pesantemente è soprattutto il trend attuale delle politiche conservative dei governi e l’aumento della fede religiosa che interviene nelle decisioni della politica.

Nell’intervento successivo Gita Ramjee (Sudafrica) fa il punto sulle tecnologie conosciute o in corso di studio sulla riduzione del rischio di contagio:
counselling e test volontario, cura delle MTS (malattie sessualmente trasmesse), diaframma, circoncisione, profilassi pre-esposizione, profilassi post-esposizione, terapia soppressiva con aciclovir per il virus HSV 2 (Herpes genitale presente soprattutto in Africa), immunizzazione, intervento sui comportamenti, ABC (astinenza, fedeltà, condom)e, infine, gel microbicidi.

L’importanza di avere per il futuro un gel vaginale che protegge dall’HIV potrà rendere la donna autonoma rispetto alla prevenzione del virus. Uno dei motivi correlati all’aumento dell’infezione nelle donne è proprio quello di non riuscire a contrattare un rapporto sessuale protetto col proprio partner. Da non sottovalutare che in molti paesi l’essere sposata è uno dei maggiori fattori di rischio per contrarre l’HIV. Un gel microbicida efficace e non tossico permetterebbe quindi alle donne di decidere in assoluta autonomia e in maniera non visibile di praticare sesso protetto: una nuova rivoluzione, quasi come l’avvento della pillola anticoncezionale nei paesi industrializzati.

Nel campo dei microbicidi ve ne sono attualmente una quarantina in fase preclinica, 14 sono in studi di fase I sulla tossicità, 5 sono sull’efficacia (di cui vedremo i primi risultati tra il 2007 e il 2008). Il microbicida “ideale” dovrebbe avere una attività anti-HIV, non essere tossico, avere una attività protettiva verso le altre MST e dovrebbe essere prodotto in 2 formulazioni con o senza attività contraccettiva.
La questione dei contraccettivi non è solo relativa alla scelta di avere figli. Molti studi hanno ormai dimostrato che le donne che usano contraccettivi orali sono più esposte all’infezione da HIV, non perché non usano il profilattico, ma pare che siano proprio gli ormoni a facilitare la recettività della donna.

Tuttavia le sfide da affrontare per arrivare a comprovarne l’efficacia non sono poche e comprendono sia le questioni etiche, sia la mancanza di marker surrogati che possano provare l’efficacia o la non efficacia prima di arrivare alla sieroconversione, l’aderenza all’applicazione del gel difficile da misurare e che può essere solo autoriportata.
Ma, come ribadito a conclusione dell’intervento, mentre ci prepariamo ad affrontare le sfide sui nuovi metodi di prevenzione è importante mettere in chiaro fin da ora che questi non sostituiranno gli “antichi” metodi già comprovati che sono i profilattici maschili e femminili e gli interventi mirati a modificare i comportamenti. Lo scenario futuro sarà l’uso sinergico di molte di queste opzioni perché come ricorda la ricercatrice la prevenzione dell’HIV è una sfida più complessa rispetto alle 3 lettere dell’alfabeto:

A Abstainence, B Be Fhaithfull, C Condom ma è anche:

C circoincisione D diaframma E esposizione pre e post profilassi F female—controlled microbicides G Genital tract infection control H HSV-2 trattamento supressivo I immunità.

U’altra bellissima presentazione della mattinata sulla prevenzione e diritti umani è stata quella di A. Wodak che è la persona che ha istituito e coordina i programmi di riduzione del danno per i consumatori di sostanze illegali in Australia.
Wodak ci ricorda che il 30% delle infezione da HIV al di fuori dell’Africa avvengono per scambio di siringhe. La riduzione del danno (RDD) è un programma molto semplice che prevede alcuni interventi molto comuni come l’educazione dei consumatori ai comportamenti “sicuri” mettendo a loro disposizione siringhe pulite, terapie sostitutive con metadone e buprenhorfina. All’interno della popolazione tossicodipendente per cia iniettiva, nei paesi come l’Italia dove vi è stata o vi è la RDD la trasmissione dell’HIV è calata vertiginosamente. Questa strategia però non essendo una strategia punitiva verso chi consuma ma bensì riconoscendo a queste persone il diritto alla salute anche se sono consumatori di droghe illegali ha molti nemici tra cui USA e alcuni altri stati. A favore ci sono tutte le agenzie che si occupano di salute tra cui la Croce rossa, UNAIDS, OMS, UNICEF, Banca Mondiale.

Lunedì 14 agosto, una sessione pomeridiana di 2 ore è stata dedicata al profilattico femminile partendo dal principio che, mentre aspettiamo nuove tecnologie che potranno essere usate dalle donne (come i già citati microbicidi) un’azione importante potrebbe essere il dare maggiore visibilità a questo strumento.

Nella sessione si sono alternati rappresentanti di governi che hanno creato politiche ad hoc sull’utilizzo del femal condom e i punti più interessanti sono quelli che riguardano l’educazione al suo utilizzo.
Tutte le esperienze concordano che la semplice disponibilità del profilattico non è sufficiente.
I programmi che sono riusciti a incrementare questo metodo di prevenzione hanno prima di tutto dovuto stanziare investimenti economici rivolti alla formazione delle operatrici sanitarie dei consultori in modo da renderle a loro volta preparate per educare le donne al suo uso.

Inoltre, una questione non indifferente trattata nel dibattito è stato l’alto costo del preservativo femminile, pari circa a 2 euro per pezzo. Le ragioni di questo prezzo sono soprattutto il monopolio di chi lo produce e la scarsa produzione visto che la domanda è molto bassa.
Rispetto al costo di produzione un incremento dell’uso potrebbe ridurlo, mentre la situazione di monopolio dovrebbe terminare in tempi brevi in quanto altre aziende ci stanno lavorando. Inoltre una barriera non indifferente all’utilizzo del female condom è anche il marketing inteso come pacchetto e grafica che sicuramente non è dei più attraenti ed erotici

L’impressione che ho a metà del “percorso” è che questa conferenza si stia sviluppando sempre di più come un mondo a parte.

È il luogo ideale dove tutti hanno un obiettivo comune da sconfiggere l’HIV, ed è il luogo dove le diversità, le identità, gli orientamenti sessuali, i comportamenti illegali trovano cittadinanza e diritti umani.

Ma quello che trovo drammaticamente frustrante è che tutto questo sapere non trova il meritato diritto di cittadinanza al di fuori di qui.


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