“I seguaci di Billy Sive”, così vengono già chiamati. L’uscita del libro di Patricia Nell Warren (vedi recensione su Sport Week n.4) ha provocato, in un solo mese dalla sua uscita, a scoprire una grossa realtà finora nascosta e dai numeri pazzeschi: l’associazionismo sportivo gay.
In Italia i gruppi sportivi, anche se indirettamente, sono supportati da Fabrizio Marrazzo, che ha deciso di creare due anni fa, con l´adesione di tutta l’Arcigay una struttura, di cui oggi è responsabile, dedicata allo sport per dare anche all´Italia la possibilità di attuare eventi internazionali come in tutti gli altri paesi nel mondo. Un compito difficile, “perché gli altri paesi hanno piogge di finanziamenti dai governi e dagli sponsor privati, noi no”, ammette lui stesso.
Ma un passo in avanti lo si sta già compiendo da qualche tempo. Ci sono state manifestazioni in passato, ma il vero evento, quello che per la prima volta proietterà l’Italia a livello internazionale, si compirà la prossima settimana. Dal 13 al 15 aprile, infatti, nel mitico impianto del Foro Italico si terrà “Aqua Romae”, il primo torneo internazionale di nuoto.
“Per noi è un salto nel buio, ma siamo molto contenti — sostiene Paolo Sordini, presidente del “Gruppo Pesce” di Roma e del comitato organizzatore — parteciperanno e si confronteranno su otto distanze oltre 150 atleti, in arrivo da Francia, Spagna e Olanda, addirittura dall’Australia. Al termine ci sarà l’esibizione della prima squadra italiana maschile di nuoto sincronizzato: una vera chicca”.
La mancanza di finanziamenti è un danno a tutta l’organizzazione sportiva: “l’Italia, proprio per questo, non può partecipare a tutte le discipline degli Euro Games e dei Gay Games”, sottolinea Marrazzo, “mancano i mezzi, manca tutto: siamo ancora nella fase del ‘fai da te’, dove ogni atleta deve provvedere a sé stesso. Peggio di noi in Europa ci sono soltanto Grecia e Irlanda, guarda caso proprio i due paesi in cui mancano i PACS”.
“L’intento dell’Arcigay Sport è proprio quello di supportare e fare da tramite per le associazioni con gli enti locali e i privati per la ricerca di fondi e sponsorizzazioni”. Nel frattempo Roma ha ottenuto un grandissimo risultato: “il prossimo anno ospiteremo l’assemblea generale del 2008 della EGLSF (European Gay and Lesbian Sport Federation)”.
Ma Marrazzo è molto chiaro: “Il nostro intento principale non è tanto quello di sbandierare lo sport gay, ma quello di mostrare e dimostrare uno sport contro la discriminazione per motivi sessuali. Il gruppo sportivo gay non è un ghetto e nemmeno un punto di incontro, ma un modo per poter vivere liberamente la passione e l’agonismo verso la propria attività sportiva, dove non essere giudicati e non essere emarginati o isolati”.
Non per niente gli sport preferiti dagli omosessuali sono quelli individuali, come il nuoto. Meno quelli come il calcio, dove emerge l’emarginazione della squadra. E’ poi lo stesso motivo per cui sono proprio gli atleti degli sport individuali a fare “coming out”: i calciatori avrebbero più problemi, anche solo per il rapporto con i tifosi.
“Aprire quella discussione, vorrebbe dire aprire un “Vaso di Pandora”. La discriminazione è il punto caldo di tutto. “Soprattutto al sud — sottolinea Marrazzo — molte palestre si rifiutano di ospitare gruppi gay, la mentalità è molto più arretrata e chiusa”. E questo è il principale motivo per cui al sud mancano le associazioni sportive formalizzate, concentrate invece tra Milano, Torino, il Veneto, l’Emilia, Firenze e Roma.
“Proprio qualche giorno fa si sono rivolte a noi due ragazze lesbiche di 15 e 16 anni che giocano a calcio e che sono state cacciate dalla loro squadra perché avevano una relazione sentimentale”, conclude Marrazzo. Proprio per questo motivo “abbiamo istituito un numero verde gratuito già da qualche tempo, per fornire informazioni e supporto psicologico, legale e sociale, per aiutare gli atleti, gli sportivi e non a poter esercitare il proprio sport senza pregiudizi e discriminazioni: 800.713.713”.