Il Bel Paese del 16 giugno a Roma

  

Da "il manifesto" del 17 giugno 2007

LA PIAZZA RICONQUISTATA
di Gianni Rossi Barilli

Roma Pride 2007

Roma Pride 2007

Alla fine la piazza più classica degli eventi di massa è stata riempita dal popolo del pride. San Giovanni, che solo un mese fa grondava dei toni omofobici e livorosi del Family day, è stata conquistata da centinaia di migliaia di persone che hanno portato lì la loro gioia di esserci. Una gioia spontanea e irrefrenabile che non ha avuto nessun bisogno di imbeccate dal'alto, o di manuali di comportamento, semplicemente perché era vera. La manifestazione è quindi riuscita nel migliore dei modi, per quantità e qualità di partecipazione, senza i soldi del'otto per mille, la propaganda parrocchiale o lunghe settimane di battage mediatico martellante.

Il Vaticano, che sette anni fa in occasione del Worldpride aveva di fatto contribuito al successo del'esecrato evento con la richiesta di vietarlo, questa volta è stato zitto «per non creare polemiche» e (soprattutto) per evitare di fare pubblicità gratuita al nemico. Eppure è andata bene lo stesso. Niente male per una minoranza come quella glbt, che secondo i dettami del catechismo cattolico non possiede alcuna rilevanza sociale.

Certo sarebbe stato molto meglio se questo pride 2007 fosse stato una festa e basta. Magari per celebrare 'approvazione di quella legge «umana e ragionevole» che il governo Prodi aveva promesso e poi si è rimangiato, lanciando i più che modesti Dico prima e abbandonando in seguito pure quelli per evidenti ragioni di aritmetica parlamentare. Pensare che sono già passati sette anni dal Worldpride del 2000 e che nel frattempo non è cambiato niente lascia un p' 'amaro in bocca.

Ma il corteo di ieri è un motivo di allegria e di speranza, perché dimostra che le richieste di cambiamento sono sempre lì e si rafforzano con il tempo. E anche perché è servito a sancire un cambio di strategia, anziché un ridimensionamento degli obiettivi, di fronte alla mancanza di risultati politici. Non ci avete voluto dare i Pacs? Adesso vogliamo il matrimonio, ovvero la completa parità di diritti per gay, lesbiche e transessuali. Questo è stato detto ieri dal palco di San Giovanni, rompendo quel patto di moderazione «a fin di bene» stipulato con il centrosinistra. Quella moderazione, del resto, non è servita. La questione dei diritti degli omosessuali è anzi diventata il simbolo di questa deprimente stagione di riformismo senza riforme.

La comunità glbt, in compagnia dei molti eterosessuali che ne sostengono le rivendicazioni, si è ripresa quindi la propria autonomia 'azione e ha deciso di alzare la posta. Nei fini come nei mezzi, visto che si sta parlando di organizzare scioperi fiscali e restituzioni in massa delle tessere elettorali come risposta alla sordità del sistema politico. Si alza la testa e la voce, pretendendo da tutti quel rispetto che finora è stato negato da tanti e proclamato in modo solo formale da troppi. Vedremo quali saranno le risposte, ma da ieri sappiamo già un p' meglio che chi sa di aver ragione e lotta per la propria dignità non si fermerà di fronte a niente.

Il Belpaese di San Giovanni
di Stefano Milani

Il «triangolo» degli studenti universitari che condividono un appartamento, la coppia sposata con figlio e il transessuale brasiliano. Quelli che sono andati a sposarsi in Spagna e il giovane discriminato sul lavoro. Storie e volti dal corteo

Roma Pride 2007

Roma Pride 2007

Il triangolo no, non 'avevo considerato… Le note di Renato Zero, dal'altoparlante di uno dei tanti carri festanti, fanno ballare un p' tutti. Fa ballare anche Carla, Antonella e Paolo, sotto il sole cocente di Piazza San Paolo. Il loro «triangolo» è un appartamento diviso nel centro di Roma. Tre studenti universitari, una storia come tante, che per necessità si sono trovati insieme in «buco a San Lorenzo». Da questa convivenza «forzata» è nata prima u'amicizia che nel giro di pochi mesi si è trasformata in amore, «quello con la "A" maiuscola», ci tiene a precisare Carla. Ora Carla e Antonella, 25 e 26 anni della provincia di Pescara, stanno insieme, condividono studio e affetti, e «tra un paio di giorni andiamo a vedere un appartamento tutto nostro». Quattro occhi che si illuminano. «Speriamo sia la volta buona, perché per noi omosessuali in Italia è difficile perfino vedersi affittare una casa».

Altro che matrimoni gay o unioni civili, bisogna partire dalle fondamenta, o semplicemente dal buon senso. Nella zona di Piazza Bologna, abitata da molti studenti fuorisede, il proprietario di uno stabile gli ha sbattuto la porta in faccia giustificandosi di non poter affittare 'immobile a due lesbiche «perché io ho una reputazione da difendere nel quartiere».

Siamo al Circo Massimo. Una coppia e mezzo. Ragazzo, ragazza, più un passeggino. «Siamo sposati da due anni, da quando è nato nostro figlio. Abbiamo preferito venire a questo corteo e non andare al Family day perché qui ci sentiamo più a nostro agio. La gente è allegra e nessuno vuole il male di nessuno». Il bimbo ride, guarda il palloncino giallo che svolazza sopra di lui. «Siamo qui anche per lui, perché se un domani volesse convivere e non sposarsi, o si scoprisse gay, mi piacerebbe che potesse vivere in un paese più civile, in cui vengano riconosciuti anche i diritti più elementari». «Non succederà», interviene un sacerdote in borghese dopo aver ascoltato in religioso silenzio, «se crescerà con sani principi, non succederà». «I sani principi sono altri, padre», chiosa la mamma prima di riprendere il cammino.

La testa del corteo ha ormai raggiunto il Colosseo. Sulla sinistra fanno la loro comparsa due giovani sposi, freschi freschi di cerimonia nuziale, con 'anello luccicante al dito e la testa ancora piena di chicchi di riso. Il sole continua a picchiare e loro sono lì, costretti ad assumere posizioni plastiche sotto 'occhio vigile ed iracondo del fotografo, mentre la manifestazione passa a un metro dal lungo strascico della sposa. Poi 'idea: lui, lei, una coppia lesbo, un trans, una drag queen, un bimbo acciuffato al volo e due omaccioni di colore in abiti succinti. Tutti insieme, uno accanto al'altro, immortalati nel più tradizionale dei flash. «La Sagrada Familia!» grida la folla. E giù applausi, risate e auguri. Lei lancia perfino il bouquet che va, dritto dritto, a colpire due ragazzi. «Hai visto? ' proprio destino» dice uno dei due emozionato.

In mezzo al «colore», tante storie. «Sarebbe bello se ci fosse la possibilità di scegliersi la famiglia che ognuno desidera». ' il sogno di Laiza, trans, 36 anni da San Paolo, Brasile. ' in Italia da cinque anni come badante e da quel giorno vive continuamente con la paura addosso, a causa di una violenza di gruppo subita appena tre giorni dopo aver toccato il suolo del Belpaese. «Brutto animale», gli gridavano i balordi mentre abusavano di lei.

'è anche gente come Alessandro e Marco, arrivati da Napoli. Barbetta incolta, t-shirt e jeans il primo. Più «preciso» 'altro, che di mestiere fa 'avvocato. Insieme da sei anni, «regolare matrimonio spagnolo» un paio di anni fa a Barcellona, e ora qui a sperare che la loro unione sia riconosciuta anche in Italia. «Sembra strano, ma anche noi siamo omosessuali. Non indossiamo piume, non esibiamo perizoma, siamo meno visibili, ma ci siamo. Ci dispiace che quando si parla di gay la stragrande maggioranza delle persone 'immagina un manipolo di checche isteriche ancheggianti. E con questo alibi ridono in faccia ai nostri diritti e tutto finisce in barzelletta».

Diritti. Sembra la parola magica. «Diritto a vivere come tutti gli altri», dicono Sara e Federica due sorelle lesbiche costrette a fuggire dalla «bigotta» provincia campana e da un padre che appena saputo il loro orientamento sessuale gli ha detto: «Questa è la porta, non fatevi più vedere».

Diritto al lavoro. Quello ripetutamente negato a Nicola, ragazzo omosessuale di Bari, una volta che il datore di lavoro di turno veniva a conoscenza della sua «diversità». «Sì diversità, perché essere diversi è bello. Tempo fa ho avuto anche la fortuna di ottenere un contratto a tempo determinato. Poi quando il capo ha scoperto il "fattaccio" mi ha dato il benservito in due minuti e il bello è che ancora sto girando per trovare un sindacato disposto ad aiutarmi».

Nessuno è qui a chiedere il diritto alla luna. «E allora, 'adozione dei bambini?» domanda minacciosa u'anziana signora imbufalita perché non riesce a raggiungere la fermata della metropolitana di Piramide per salire su un treno e raggiungere sua figlia al mare. «Ci risiamo», controbatte righe un ragazzo dai capelli verdi che prima 'aiuta ad arrivare alla macchinetta obliteratrice e poi affonda: «Ma chi li vuole i figli, ogni volta sempre la stessa storia. Quello che vogliamo è ben altro, non si faccia imbambolare da certi politici. Si svegli signora, si svegli!».

Ormai sono le 19 e piazza San Giovanni è colma di gente. 'ultima immagine della giornata è quella di una madre e una figlia, sedute sopra il marciapiede. La piccola è accaldata, ma anche divertita, incuriosita. Poi alla vista di un bacio omosessuale tra due ragazzi ha un attimo di esitazione. «Ma cosa fanno?» rivolgendosi alla madre. «Fanno quello che fanno tutti gli innamorati». Ad avercene di mamme così.


da Repubblica.it

A ROMA 'ARCOBALENO GAY PRIDE. SIAMO UN MILIONE
di ALESSANDRA VITALI

Tantissime le associazioni, pochi i politici, slogan pro-Dico e anti-Vaticano

Roma Pride 2007

Roma Pride 2007

ROMA – Sono signore eleganti e uomini un p' in età i più applauditi, accolti con u'ovazione, sfilano quasi alla fine: sono i rappresentanti delle associazioni dei genitori di omosessuali, "orgogliosamente felici" perché, 'è scritto sulle loro magliette, "Etero o gay, sono sempre figli miei". La musica, i colori, i corpi del Gay Pride 2007 invadono il centro di Roma, gli striscioni chiedono diritti per single e coppie di fatto, dicono basta al'omofobia e alle interferenze porporate, sono in centinaia di migliaia, "un milione" sostengono gli organizzatori, se non è proprio così sono comunque tantissimi.

La festa comincia alle tre e mezza, piazzale Ostiense è invaso, i sound system sparano dance e rith''blues, caldo soffocante eppur si balla. Ad accerchiare i pochissimi politici (che salutano ma non sfilano) sono solo i giornalisti, ecco Luigi Manconi, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Ferrero, un manifestante vede Barbara Pollastrini e dice "guarda che zigomi, è la nuova Simona Ventura…", Giovanni Russo Spena fende la folla su una miniauto elettrica, Enrico Boselli osserva che "non è un corteo contro il governo, non è una piazza ostile", un ragazzo lo sente e commenta con 'amico: "Berlusconi non ha fatto niente, ma questo governo fa poco, e quel che fa, non lo sa pubblicizzare, gli italiani non sanno nemmeno se stiamo ancora in Iraq".

Il colpo 'occhio è per le righe arcobaleno declinate in ogni forma, bandiere e cravatte, bandana e pareo, canotta e mantellina per un cane. Il sole picchia, un vigile urbano con i baffi sbuffa, si toglie il cappello, si asciuga la fronte con un fazzoletto, una madre ha portato il figlio ragazzino a guardare lo spettacolo, "mettiti qui di lato, così quando passano li vedi bene", in giro carrellini col ghiaccio e le birre, alle quattro e mezza si parte.

La musica è a mille, in testa al corteo Vladimir Luxuria assalita dai fotografi, il pullman azzurro con scritto "Roma Pride 2007 – Parità Dignità Laicità", davanti cammina Alessandro Cecchi Paone, "vergognoso 'abbandono dei Ds", dice. Ecco 'Alfetta con Daniele Silvestri, è sua Gino e 'Alfetta, inno di questa edizione. Dal camion di Muccassassina le ragazze pon-pon lanciano coriandoli che si appiccicano sui corpi oliati dei brasiliani, piume e paillettes e zeppe da capogiro. Sul camion Arcigay, un enorme telefono verde che promuove la Gayhelpline, piovono bustine di profilattici, scadenza luglio 2011, una voce dal'accento toscano esclama "stasera si tromba!".

Trilli di fischietti, applausi per una delle associazioni di transessuali, "Dateci un lavoro per una vita dignitosa", "Voglio fare la shampista in Vaticano", "Voglio fare la commessa alla Coop" 'è scritto sui cartelli di quelli che ci sono riusciti, corpi bellissimi e volti radiosi, e di quelli che non ce 'hanno fatta, pancetta e peli della barba incarniti.

Le sigle non si contano, Fuori e Rete Evangelica Omosessualità, Arcitrans e Arcilesbica, le famiglie omosessuali su un trenino con locomotiva fischiante e i "No Vat", che non sono quelli della Val Susa che hanno sbagliato a scrivere, questi hanno le bandiere con la cupola di San Pietro con una X rossa sopra, dicono "Più autodeterminazione, meno Vaticano". Mamme bambini e passeggini, cani stremati con la lingua di fuori, i Giovani Socialisti, i Giovani Comunisti, il Partito comunista dei lavoratori, i Verdi, il Gruppo buddista Arcobaleno, 'Unione atei e agnostici razionalisti.

A fare da contraltare al tripudio di carni abbronzate e depilate e bicipiti ipetrofici arriva il camion del BearPride, gli "orsi", gli omosessuali che si piacciono ciccioni e pelosi, uno con le mani si batte il ritmo sul pancione nudo, un altro sembra Hemingway però vestito da hawaiana. Sul camion del Torino Pride una finta coppia di sposi (lui e lei) saluta la folla, la "Sinistra critica anticapitalista femminista ecologista" 'avanza con un cartello con una foto di Prodi, Bush e Ratzinger e la scritta "Il triangolo no, non 'avevo considerato".

Il corteo sfila per circa tre ore, si ferma spesso, la strada verso piazza San Giovanni è stracolma, la signora che ha portato suo figlio a guardare ha fatto amicizia con u'altra curiosa, le racconta che il primo gay che ha conosciuto è stato il suo dentista, "avevo dodici, tredici anni, dovevo fare un intervento doloroso e lui fu tanto sensibile, delicato, rese tutto più semplice, per questo capii che era diverso…".


Da "La Repubblica"

IL GAY PRIDE INVADE ROMA "UN MILIONE PER AVERE I DIRITTI"
di GIOVANNA CASADIO

Attacchi al Vaticano e a Prodi. Il saluto di tre ministri. Il corteo chiede il matrimonio per gli omosessuali. La sfida al Family Day a San Giovanni. Pollastrini, Pecoraro e Ferrero per poco in piazza. 'Arcigay: disobbedienza civile

Roma Pride 2007

Roma Pride 2007

ROMA – «Grazie Barbara per averci ripensato». «Io non ci ho ripensato, ho sempre voluto essere qui». Barbara Pollastrini si mette in posa con Monica Guerritore, la madrina del Gay Pride 2007, con gli organizzatori di Arcigay, del circolo "Mario Mieli" e con alcuni manifestanti. Comincia con le "photo-opportunity" in Piazzale Ostiense a cui i tre ministri – Pollastrini, Paolo Ferrero e Alfonso Pecoraro Scanio – affacciatisi nella piazza dell´orgoglio gay, volentieri si prestano. Salutano e vanno via. E si conclude in Piazza San Giovanni al grido «il vero Family day è oggi», il corteo colorato che chiede "Parità, laicità, diritti". Misurato come non fu neppure nel Duemila, l´anno del Giubileo. In testa Vladimir Luxuria che sette anni fa era la star del carro di Muccassassina, ora è deputato di Rifondazione comunista, ha raccomandato alle amiche transgender di evitare il topless e rivolge un pensiero alla destra, a chi non vuole neppure i Dico per le coppie gay, agli omofobi tutti: «Ora si dirà che è stata una carnevalata, ma meglio un carnevale gay che la marcia funebre della laicità. Chi vorrei che fosse qui e non c´è? Manuela, una trans uccisa a Pescara e sfigurata».

Dal palco a San Giovanni, la Guerritore annuncia: «Siamo un milione». Un milione ripetono – festosamente esagerando – sui carri, nella piazza tra balli, palloncini, fischetti, boa di piume e paillettes. Parte l´attacco al governo, a Prodi, all´Unione che non riconosce diritti uguali anche agli omosessuali e al Vaticano: il corteo chiede matrimoni per gay, adozioni, o che almeno si riparli dei Dico, la legge del governo sui diritti dei conviventi. Aurelio Mancuso il presidente di Arcigay dà voce all´esasperazione: «Siamo pronti alla disobbedienza civile se il governo non darà risposta», a strappare la carta d´identità, a non pagare alcune tasse («Stiamo studiando quali») per costituire un fondo per la comunità gay. «La sinistra è avvertita, non sosterremo più una classe politica che non ci ascolta». Rincara Imma Battaglia: «Questa sinistra non è degna dei nostri voti».

Pollastrini ha assicurato: «C´è una politica che vuole ascoltare», e invitato il centrosinistra a uscire da «visioni miopi» e il governo ad avere «uno scatto sui diritti»: avanti sui Dico. Pecoraro parla di un´Italia che bisogna rendere civile: «Sono un ministro europeo, per questo sono qui come ho detto anche a Prodi». Si avvicina al leader dello Sdi, Enrico Boselli e si mettono in posa per una foto:«Tu Enrico sei un panda, chi è laico in questo paese ormai lo è». Sfilano il vice presidente del Senato Gavino Angius («Ora il Parlamento deve approvare i Dico») e Cesare Salvi (nelle cui mani di presidente della commissione Giustizia del Senato è l´iter dei ddl sulle unioni civili) e che scherza: «Io e Gavino siamo una coppia di fatto». Arriva Nichi Vendola, accolto da applausi, e in prima fila c´è tutto lo stato maggiore del Prc con il segretario Franco Giordano («Sono stufo di polemiche sui diritti») Nel centrosinistra, l´Udeur e Idv contestano i ministri in piazza. Il Polo attacca. Per il leader della Lega, Bossi «Il Gay Pride a chi ha figli dà fastidio e crea imbarazzo». Franco Grillini, ex ds ora di Sd, presidente onorario di Arcigay chiede al centrosinistra di riflettere: «Ha vinto l´Italia laica e non rappresentata, è la rivincita sul Family day». Sportivamente commenta Savino Pezzotta, il portavoce della piazza cattolica del 12 maggio: «Le manifestazioni sono il sale della democrazia».


Da "La Stampa"

NON BASTANO I MINISTRI A PLACARE L’IRA DEI GAY
di GIANLUCA NICOLETTI

In serata toccherà a Rosy Bindi rompere il silenzio di Ds e Margherita con un laconico: «C’è libertà di manifestazione»

Roma Pride 2007

Roma Pride 2007

Avevano detto che sarebbe stata un’invasione, e l’invasione c’è stata. Poi sono particolari di poco conto se erano un milione, come sostengono gli organizzatori, o trecento mila come altri dicono, quelli che ieri a Roma hanno manifestato dalla Piramide a San Giovanni, già piazza consacrata dal family day. Importante è il segnale che il variopinto «family gay» lancia al governo e alla sinistra: «Se voi continuate così perderete i nostri voti».

A piazza San Paolo, ieri verso le 15 era palpabile questa limacciosa presa di distanza degli uomini di governo che non hanno potuto marciare fianco a fianco ai trans come i più liberi parlamentari Giordano, Boselli, Manconi, Grillini, Angius, Salvi, Zingaretti. Mentre dal carro impazzava il solito carnevale brasiliano con musica a palla, corpi lucidi e ben lubrificati, la passerella frettolosa dei ministri quasi-disubbidienti al «consiglio» d’astenersi di Prodi, arrivava alla spicciolata dandosi in pasto alle telecamere, ma solamente in un pudico angolino che aveva come sfondo la casta austerità delle antiche mura aureliane.

Un salutino senza partecipare al corteo per Paolo Ferrero: «La legge dei Dico va approvata!». Due parole di circostanza anche per Barbara Pollastrini: «Serve uno scatto per tutto il mondo politico, di destra di centro di sinistra…» Lo scatto però lo ha fatto lei quando cominciavano a vedersi tette al vento e lap dance contro i lampioni. Pecoraro Scanio ancor più volatile: «Facciamo che anche l’Italia abbia una sua legge sulle coppie di fatto». Qualcuno commenta quanto sia difficile credergli dopo averlo visto due giorni fa recitar poesie alla festa per Padre Pio in diretta tv con Giletti. È innegabile che la vera novità della parata arrivata alle 19 a Piazza San Giovanni sia stata lo sberleffo al governo. I cartelli «Fassino servo della Cei» e gli slogan «Prodi babbeo becchete sto corteo» non davano margine di dubbio. «Le piazze italiane erano il punto di forza della sinistra…» ha detto in serata Renato Schifani, di Forza Italia, gettando l’ultima manciata di sale sulla piaga.

Alessandro Cecchi Paone era in testa al corteo: «La frammentazione tra noi va superata come faccio io, ma poi la grande novità è che il movimento è stato abbandonato dai Ds; in nome della svolta democristiana del Partito democratico ci hanno mollato, non c’era un dirigente nazionale. I miei amici cha fanno indagini di mercato dicono che un milione i voti gay andavano a sinistra, in gran parte ai Ds. E adesso? La caccia è aperta».

Quando arriva Vladimir Luxuria e dice «la voce di questa piazza non può restare inascoltata», iniziano i festeggiamenti. Lei oramai veste da signora, senza più i fronzoli di circostanza e ribadisce un’altra novità di questo Pride pieno di persone senza «divise» particolari. Si sono ridotte le frotte di trans d’archivio, quelli dalle gambe chilometriche e le tette a palloncino bene in mostra: sono puro folclore, oramai non smuoverebbero turbini ormonali più di quanto potrebbe farlo la Mucca Carolina e non fanno indignare più nessuno.

Sempre meno centrale ogni iconografia passata, tutti fotografano quelli che ammiccano pose che dovrebbero trasudare trasgressione, ma anche le vecchiette curiose non ci fanno più caso. Daniele Silvestri ha un cordone di fans che lo tengono al riparo dalla folla, anche lui ha partecipato, ma per fare il videoclip del suo pezzo «Gino e l’Alfetta» infatti è alla guida di una vecchia Alfetta color senape: «Non mi sento di aver strumentalizzato nessuno, l’ho chiesto agli organizzatori e loro sono stati contenti, io avrei aderito lo stesso».

Sul carro del Mucca Assassina siede un’eterea Monica Guerritore in camicetta bianca e gonna blu, quasi virginea tra le drag che la circondano. Saluta la folla come una presidentessa, lei non si ritiene un’icona gay: «Sono qui per una battaglia di civiltà, in fondo ho sempre rappresentato la super femmina e mi piace il contrasto. Penso che mi abbiano voluto anche perché ho fatto Giovanna d’Arco, tra le sue accuse c’era proprio quella di essersi vestita da uomo».

Paradosso che la madrina della manifestazione citi la pulzella d’Orleans mentre in serata toccherà a Rosy Bindi rompere il silenzio di Ds e Margherita con un laconico: «C’è libertà di manifestazione». Specificando che comunque alcune scelte del governo vanno in senso opposto a quello che chiedeva quella folla, ma oramai quel senso i gay d’Italia lo hanno capito anche troppo bene.


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