Pasquale Quaranta
Internet mi ha salvato. Emil, Erik ed io ci saremmo separati presto. Quello che non seppi dirgli dal vivo, lo scrissi solo via chat, grazie a uno schermo che fa da schermo. Il gemellaggio della mia scuola (cattolica) con un liceo svedese (affatto cattolico) stava per terminare. Questi due bei ragazzi biondi, alti, glabri e dagli occhi chiari, istallarono sul mio pc — regalo di mia madre per il mio diciottesimo compleanno — mIRC http://www.mirc.com e ICQ http://www.icq.com, due semplici programmi di messaggistica istantanea per restare in contatto. Senza l´impatto fisico, l´imbarazzo dei gesti e dei movimenti, vinsi la mia timidezza. Vuotai il sacco.
Scoprii "piazze virtuali" (ma sarebbe meglio chiamarle "stanze") in cui ragazzi gay da tutt´Italia si scambiavano opinioni su questo mondo sbagliato, "perché non c´è una canzone, non c´è film in tv che non ti faccia sentire sbagliato" si diceva online. Alcuni di loro, però, si davano appuntamento "lì fuori". Si incontravano con grande imbarazzo. Io preferivo restare in Rete dove ci si affascinava con le parole. Chiudevo velocemente le finestre della chat quando i miei genitori si avvicinavano al computer. Dovevo fare di nascosto ciò che non ha alcun senso nascondere: comunicare me stesso.
Un ragazzo di Avellino, "Br3ndon", mi inoltrò via e-mail una lettera scritta da un ragazzo a un tale don Franco. La risposta di quest´amabile eretico mi devastò. Sentii scivolare dentro – e poi fuori di me – il bisogno di approvazione dei miei sentimenti da parte della chiesa cattolica. Ero uno di loro, un papa boy nell´anno del Giubileo. Applaudivo, come ad un concerto, il cantante di Dio. Fin quando decisi di essere mio.
Il 25 dicembre del 2001, scrissi a don Franco Barbero – http://www.viottoli.it. Buttai giù le mie insicurezze e le mie domande. "Per risponderti, caro Pasquale, dovrei scrivere almeno una trilogia". Don Franco mi rispose nel giorno del mio compleanno, il 4 gennaio 2002. Il Natale e il compleanno segnano le mie — personali – liberazioni.
Feci leggere la lettera di don Franco a mia sorella, eravamo entusiasti. Condivisi la lettera con "Jakon", un ragazzo di Napoli. Con lui pubblicai la prima bozza del mio sito personale su un server libero e gratuito (ora www.p40.it).
Senza Internet non avrei incontrato il mio migliore amico, Frantz, che mi scrisse dal sito pur palesando la diffocoltà di comunicare attraverso il "freddo ticchettio della tastiera".
Internet mi ha permesso di comunicare alla comunità gay la gioia dell´appartenenza, la curiosità — e insieme il bisogno – della scoperta dei miei padri e delle mie madri in spirito. Grazie alla Rete ho contattato e scritto agli autori dei libri che avevo letto sul movimento gay esprimendo loro la mia gratitudine per una militanza che rende il nostro Paese migliore.
Poi ho scoperto online una cultura generata da questo movimento, ho fatto mio un punto di vista privilegiato alla vita, che è quello degli esclusi. Ho voluto scrivere della mia comunità e portare alla luce i percorsi e le iniziative personali che valorizzano la produzione del sapere in modo cooperativo e contribuiscono all´evoluzione culturale che permetterà il riconoscimento dei nostri diritti.
Ho intitolato la mia tesi di laurea "La cultura gay online: il caso italiano" http://www.p40.it/dossier/La-cultura-gay-online tra l´incredulità dei vecchi amici nascosti ancora dietro uno schermo. L´ho discussa il 19 dicembre nell´Università di Salerno, con il supporto di un relatore, Teresa Numerico, docente di Teoria e Tecniche dei Nuovi Media, che mi ha aiutato a fotografare questa realtà di intelligenze collettive work in progress, come si dice in gergo.
Ho festeggiato col mio amore. Grazie a Internet l´ho incontrato: noi due, così diversi per lingua, religione, distanti migliaia di kilometri… È come se due pezzi di calamita avessero vagato in giro per il pianeta terra e, finalmente, si fossero incontrati. In Internet abbraccio tutto un mondo con me. La comunicazione si amplia e mi getta nella vita. La vita che io voglio.