"E' assolutamente non vero che non ci siamo occupati della vicenda", dice il presidente regionale di Arcigay, Paolo Patanè.
"La sua – spiega – era una situazione difficile: si era scontrata col padre che aveva aggredito, tanto da provocare l'emissione di un provvedimento di allontanamento, il fratello non l'accettava e non frequentava più la scuola a causa del comportamento tenuto dai compagni".
Cosi', Patanè tiene a sottolineare alcune cose: "Primo, ci siamo occupati di Loredana. Secondo, bisogna ricordare che il caso non era affidato all'Arcigay, ma ai servizi sociali che, poi, si sono rivolti a noi allo scopo di trovare una struttura idonea. E abbiamo lavorato molto per questo obiettivo".
Il problema vero, spiega, "è che non esistono in tutto il territorio nazionale delle comunità specifiche, percorsi di inserimento e finanziamenti messi in campo dalle istituzioni a favore di soggetti con diverse identità di genere, per giunta minori e con situazioni complicate alle spalle".
Un Paese impreparato dunque, ma non solo: "Questo caso è un duro atto d'accusa verso la colpevole indifferenza sociale, della politica innanzitutto, riguardo questo tema, come dimostra anche il dibattito di questi giorni".
Aggiunge Patanè che molte comunita' "non si sono sentite di accogliere una situazione cosi' complessa, non so se per inadeguatezza o anche per pregiudizio. Resta il fatto che l'unica soluzione soddisfacente e' stata quella di Palma di Montechiaro, presso la Comunità per minori Alice, che presentava un contesto accogliente, con un personale particolarmente sensibile e dove tutti chiamavano il ragazzo Loredana, dando un segnale positivo di accettazione".