Da buona padrona di casa sono chiamato a fare gli onori e darvi il mio più caloroso benvenuto a Bologna, anche a nome dell’associazione che rappresento: il Cassero.
Le tensioni mediatiche di questi ultimi giorni fanno sì che chiunque di noi investa questo incontro di grandi aspettative. Questa chiamata alle urne, precipitosa e governata da regole che non ci piacciono, ci coglie spaesati davanti al prospettarsi di candidature e percorsi disorganici, spesso frettolosi, certo non soddisfacenti. Le piattaforme programmatiche escludono esplicitamente le nostre aspettative dalla grande corsa. Qualcuno ha tentato di giustificare questa "assenza" con la scelta consapevole di un testa a testa politico che si "astiene " dai temi etici. Lasciandoci intendere uno strano paradigma in cui i gay e le lesbiche sono etici, le famiglie che non arrivano a fine mese, i giovani senza futuro, i parlamentari inquisiti invece no.
Anche la laicità, sancita dalla nostra Carta Costituzionale, sembra essere diventata una merce elettorale, un bene da mercanteggiare nel chiuso di un’urna, anziché il solco tracciato 60 anni fa da una nazione che progettava la propria democrazia.
Ma mentre le nostre aspettative sono state stracciate dal livello alto della politica, il livello locale viene utilizzato quale piano di scambio con l’elettorato gay, piatto sul quale offrire singoli provvedimenti, così che isolati, hanno più il sapore amaro dei soliti contentini.
Le nostre città stanno cambiando, è un dato strutturale: e questa consapevolezza dev’essere una spia costantemente accesa nei nostri ragionamenti. E’ il fronte locale, quello da cui, inevitabilmente, dobbiamo ri-cominciare, quello su cui un’assocoazione come la nostra, radicata sul territorio, è in realtà più forte. Ragionamo su uno spettro ampio, confrontiamo le dinamiche nazionali con quelle delle nostre città. E su entrambi i piani, per ogni proposta, formuliamo una controproposta, un piccolo sabotaggio a quella mediazione che finora ha prodotto poco e niente, e nel contempo la garanzia della possibilità di un percorso di crescita, di rilancio.
Una riflessione di questo tipo non può che giungere da Bologna, la città dove in nome della governabilità, del ritorno della sinistra al potere, scegliemmo di chiedere poco. Per ottenere poi molto meno. Certo alcuni traguardi sono stati tagliati. Ma, qui come altrove, quelle conquiste oggi non appaiono più come le tappe di un ragionamento nuovo che scardina la politica dei compromessi. Hanno più l’aspetto, senza nulla togliere all’impegno degli amici che hanno portato avanti quelle lotte, di concessioni fatte mentre altrove e più in alto, qualcosa
veniva tolto.
Questa è la storia dei programmi elettorali che stiamo andando a discutere. Questo è il ragionamento che vediamo dietro il centro di cultura omosessuale promesso da Rutelli come dietro l’ufficio discriminazioni creato da Cofferati. Iniziative lodevoli che però non devono in alcun modo frenare la nostra corsa ai diritti. Nulla, per noi, è merce di scambio.
Bologna, considerata la roccaforte della comunità LGBT italiana e più in generale dei movimenti di critica e riformismo sociale; da sempre riconosciuta come avamposto di "tolleranza" per migliaia di lesbiche gay e transessuali, si trova attualmente a fare i conti con una realtà che si presenta agli occhi di tutti meno dorata del previsto. Da questa città hanno preso il via le prime comunità, i primi gruppi riconosciuti. Oggi questa città ha perso il suo primato. I muri ideologici in cui Bologna si è barricata sono l’espressione di un male diffuso, che in Italia non esclude nessuno. Le sue piazze non sono più la culla del pensiero progressista, i suoi palazzi si sono elevati, divenendo distanti e distratti.
Coloro che considerano Bologna ancora come il modello-laboratorio farebbero bene ad analizzarlo a dovere prima di pensare ad esportarlo. Solo tra il 2006 e il 2008 abbiamo assistito ad alcuni avvenimenti che non aiutano a pensare a questa città come ad una area emancipata: in un’ottica di restyling cittadino, uno dopo l’altro sono stati chiusi i centri di produzione culturale underground che rappresentavano luoghi di socialità e di scambio per i giovanissimi anche nell’ambito delle tematiche di genere; c’è stata una crescita esponenziale dei casi di maltrattamenti e violenza che ha visto protagoniste non solo le donne ma anche gli omosessuali, le lesbiche e i transessuali; eventi d’arte, festival e mostre che altrove ricevono riconoscimenti e qui sono oggetto di polemiche sterili e censura d’altri tempi.
Io temo che questi esempi possano essere considerati molto più che dei sintomi. Apparentemente emancipato rispetto ad altri capoluoghi d’Italia, quello emiliano è in verità entrato a pieno titolo fra le città che meritano un urgente reset.
Bologna è la città in cui un’amministrazione pubblica di sinistra, un tempo fortemente laica, è oggi portatrice di una vacillante identità politica: in equilibrio precario tra una vera laicità e l’opportunità di concedere il primato culturale (e quindi politico) al pensiero cattolico e vaticano.
Bologna è la città in cui vive una delle più forti comunità omosessuali e transessuali italiane. Sede di numerosi gruppi e associazioni che sul territorio e non solo, organizzate in molteplici e diverse Reti nazionali, costruiscono e lavorano al cambiamento di questo paese. I gruppi e le associazioni lesbiche gay trans di questo territorio agiscono all’interno del più grande soggetto che è il movimento LGBT italiano.
In questa Bologna vogliamo fermare una tappa della riflessione e dell’azione di libertà di tutto il movimento LGBT italiano. E i destinatari del nostro agire, non dovranno essere più principalmente i governi, le istituzioni e in essi i partiti, dovranno essere soprattutto le donne e gli uomini che camminano per strada , quelli con cui condividiamo spazi e tempi e coi quali possiamo veramente percorrere le vie dello scambio, dell’interazione della convivenza, del cambiamento.
Il Bologna Pride è già iniziato, con il lavoro del Comitato e dei volontari che si stanno già adoperando nella sua realizzazione, una rete di soggetti che rappresentano la varietà delle associazioni e delle realtà LGBT presenti sul territorio.
Colgo l’occasione per darvi alcune anticipazioni sul Bologna Pride, in anteprima assoluta. All’interno del sito (che è ancora in costruzione ma è già visitabile): www.bolognapride.it troverete il Logo scelto per la Campagna di Comunicazione del Bologna Pride 2008. Come risulta evidente fin dal primo sguardo, si tratta di una campagna che prende a piene mani dalla cultura del fumetto, in particolare da quello nipponico per il quale rotondità e colori vivaci sono tratti distintivi. Ma la forza di questa campagna, assolutamente innovativa e senza precedenti, è quella di essere interattiva e di non limitarsi ad interagire con il target consolidato del Pride ma di aprirsi e coinvolgere in prima persona, chiunque si senta soggetto pensante e desiderante. Si rivolge in maniera trasversale a tutta quella parte di popolazione che si considera pienamente dotato di sensibilità laica e civile.
Il sito è il primo importante strumento della campagna di comunicazione al quale seguiranno altri e più articolati mezzi di divulgazione. Tutte le città sono invitate ad utilizzare tali strumenti, appropriarsene, personalizzarli – e questo è uno degli aspetti più interessanti della campagna – e ovviamente distribuirli.
L’appuntamento è quindi a Bologna, sabato 28 giugno, dove a distanza di 13 anni, ospiteremo per la seconda volta il Pride Nazionale.
Approfitto per ricordarvi che la conferenza stampa di presentazione del Pride è fissata per mercoledì 26 marzo.
Certo del vostro significativo e sentito contributo per il grande appuntamento che ci aspetta in giugno, faccio a tutti e a tutte gli auguri per un proficuo confronto in questa due giorni bolognese.