Perché lo facciamo
Dai fatti di Stonewall del 29 giugno 1969 molte cose sono cambiate nel mondo. Quello fu il giorno in cui a New York le persone transessuali e omosessuali si ribellarono alle vessazioni e ai soprusi della polizia locale. Quel momento segnò lo spartiacque tra discriminazione e lotta per l’emancipazione e il diritto di (r)esistenza di ciò che sarebbe stato il movimento GLBT in tutto il mondo.
Dai fatti di Stonewall molte cose sono cambiate: dalla questione dei diritti civili, alla lotta all’omofobia e transfobia; e non solo nella società occidentale, ma anche in paesi in cui l’accettazione delle nostre rivendicazioni non era così automatica. Si pensi alle legislazioni di alcuni paesi dell’ex blocco sovietico, della Repubblica Sudafricana, di molti paesi dell’America Latina.
L’Italia, pur essendo un paese che si vanta di una lunga tradizione democratica, si trova in una situazione di grave ritardo culturale e legislativo non solo nei confronti dei partner europei, ma anche nei confronti dei paesi del “cosiddetto” Terzo Mondo.
La disattenzione del precedente governo, la sua ignavia riguardo alla questione dei PaCS e dei DiCo (già di per sé riduttivi ed offensivi), il sostanziale nulla di fatto per una legislazione anti-omofobica/transfobica da una parte; le recenti vicende politiche e il successo delle destre omofobiche, transfobiche e xenofobe ci proiettano in una situazione preoccupante e grave per il nostro destino e il nostro diritto all’autodeterminazione da cui discende la nostra felicità. Le aggressioni transomofobiche sono considerevolmente aumentate negli ultimi tempi, certi partiti si sentono autorizzati ad offenderci ed attaccarci richiamandosi a questioni di opportunità politica, ideologica e religiosa.
In più, forti di questo retroterra culturale che contribuiscono a produrre, le gerarchie vaticane alimentano il pregiudizio e avversano qualsiasi tentativo di superamento delle disparità tutt’oggi esistenti tra cittadin* eterosessuali e cittadin* gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e transgender, mistificando un falso concetto di amore discriminante e discriminatorio.
Per tutte queste ragioni il nostro Pride non solo è necessario, ma pure doveroso, in quanto elemento di crescita civile per la nostra città e per la società tutta e portatore di libertà e conoscenza.
***
Cos’è il Catania Pride
Nato nel 2000, sull’onda del World Pride di Roma, il nostro Pride è una delle poche manifestazioni di rivendicazione ed orgoglio presenti nel sud d’Italia. Ricordiamo che Catania è teatro di una situazione sociale, civile e politica assai complessa e difficile. Le cause stanno nel predominio delle destre al potere, nella mancata iniziativa delle sinistre in favore delle minoranze e nell’azione aggressiva dei gruppi neofascisti, nella presenza imperante di una cultura mafiosa e clericofascista e nelle condizioni di povertà culturale ed economica di larghe fette della società.
Contro tali aspetti deteriori, il nostro Pride ha il duplice scopo di lottare per l’equiparazione giuridica e civile e, al tempo stesso, proporre la componente GLBT di Catania come una delle parti più sane e costruttive della città.
***
Le nostre rivendicazioni
Se fossimo in uno Stato civile e i nostri interlocutori istituzionali fossero seri e sensibili alle questioni sociali da noi sollevate e non subissero il “fascino” dei giardini vaticani, avremmo avanzato loro specifiche richieste:
· un percorso culturale di contrasto all’omofobia, transfobia e a qualunque forma di discriminazione, come richiesto dalla Risoluzione del Parlamento europeo del gennaio del 2006;
· una legge contro le discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, che rimuova gli ostacoli di natura sociale e normativa che limitano l’effettiva uguaglianza delle persone omosessuali e transgender e recepisce in modo pieno e sostanziale le direttive europee 207 del 1976 e 78 del 2000.
In modo più articolato:
1. l’estensione della legge Mancino all’orientamento sessuale e all’identità di genere;
2. l’applicazione della direttiva europea 207 del 1976 sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne e anche alle persone che transizionano da un genere all’altro, secondo la sentenza della Suprema Corte Europea del 30 aprile 1996;
3. la modifica del Decreto legislativo 216 del 2003 “Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
4. il recepimento della direttiva europea 38 del 2000 sulla libertà di movimento de* cittadin* europe* in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche;
5. l’applicazione della direttiva europea 85 del 2005 sullo status di rifugiato anche a gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitat* nei loro paesi;
6. l’abolizione della legge 40;
7. la revisione della legge 164 del 1982 sul cambiamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l’obbligo di interventi chirurgici;
8. la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere e che si affronti il tema dell’intersessualismo;
9. la fine degli interventi coatti su bambini/e intersessuali;
10. politiche serie in favore di soggetti HIV+
· l’approvazione di una legislazione per la tutela e il riconoscimento dei diritti civili;
· l’estensione del matrimonio civile o istituto equivalente anche per gay e lesbiche, compreso il diritto d’adozione e alla genitorialità;
· la creazione di istituti differenti e distinti dal matrimonio che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili;
· la salvaguardia della Laicità dello Stato;
· la difesa del principio di Autodeterminazione;
· la pianificazione di azioni positive contro il pregiudizio omofobico e transfobico e le discriminazioni: interventi nelle scuole, campagne di sensibilizzazione, buone pratiche;
· l’assunzione dell’Italia di un ruolo propositivo per il rispetto dei diritti umani nel mondo, per la pace, per l’abolizione della pena di morte, per la dignità di tutti i popoli, per la tutela di tutte le diversità, per la depenalizzazione del reato di omosessualità e transessualità presente nella legislazione di decine di Paesi.
Ma dato che non viviamo in una situazione che ce lo consente e preso atto della assoluta indisponibilità delle locali istituzioni, riteniamo opportuno “NON DISTURBARE IL CONDUCENTE”!!!
***
Il diritto alla felicità
Siamo portatori e portatrici di un pensiero nuovo che rivendica ed esalta la diversità, ma combatte la disparità. Per questo vogliamo superare la contrapposizione tra “moralità dello spirito” e “immoralità della sessualità”, propria del pensiero normalizzante, sessuofobico e mortificatorio delle gerarchie ecclesiastiche e dei modelli culturali dominanti.
Noi siamo il corpo che viviamo e rivendichiamo, con l’autodeterminazione, il diritto a vivere un corpo felice, che è tale solo quando può viversi nella sua pienezza senza che ciò comporti la paura della discriminazione o della repressione.
Il concetto di una norma “secondo natura” è una produzione culturale, per cui dobbiamo ammettere che non esiste nulla che sia “contro natura”, ma solo “contro cultura”. La natura porta la diversità e la diversità è perciò naturale. La cultura, inoltre, può e deve essere modificata nel momento in cui non risponde più alle esigenze attuali e va contro la felicità degli individui.
Inoltre noi stess* produciamo cultura e la nostra si presenta come una vera possibilità di cambiamento, grazie al superamento del vecchio, anacronistico, inefficace binomio maschile/femminile prodotto dal pensiero e dal sistema patriarcale che origina le disparità che intendiamo abbattere.
“Pride” vuol dire “orgoglio”. Essere orgoglios*, fier*, significa prima di tutto appartenere ad una comunità di individui capaci di valori. Essere orgoglios* vuol dire affermare la nostra visibilità, mai come adesso necessaria, vuol dire vivere la nostra umanità come soggetti GLBT, vuol dire, quindi, vivere con una propria storia di appartenenza che spesso molti disconoscono. Forti di tutto questo noi affermiamo a chiara voce la nostra presenza anche a coloro i quali voltano lo sguardo nel vano tentativo di negare il fatto che noi ci siamo, che ci siamo sempre stat*, che sempre ci saremo.
Siamo ben consapevoli che le nostre rivendicazioni sono strettamente collegate alle battaglie intraprese soprattutto dal movimento delle donne contro la violenza di un machismo criminale che troppo spesso agisce in ambito familiare e più in generale contro la cultura patriarcale dominante e violenta della nostra società. Il riconoscimento pieno della nostra dignità cammina nella stessa direzione, per una società in cui nessuna e nessuno debba più sentirsi in pericolo o discriminat* a causa del genere e dell’orientamento sessuale, una società in cui il machismo sia riconosciuto come causa delle violenze contro gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e donne e proprio per questo sia sanzionato.
Le nostre rivendicazioni sono gli strumenti affinché questi cambiamenti positivi possano verificarsi a beneficio di tutta la società.
Appartenenza
Autodeterminazione
Laicità
NOI SIAMO LA CITTÀ!
Comitato Catania Pride
Arcigay Catania, Open Mind GLBT, Pegasos Club